L’ordine dei tisanotteri comprende circa 2500 specie di piccoli insetti (0,5-3 mm di lunghezza), a cui appartiene la famiglia dei tripidi, noti in campo agro-alimentare per i danni che provocano alle colture agrarie (dalle semplici aberrazioni estetiche a gravi virosi).
Caratteristiche generali dei tisanotteri
Morfologia e anatomia
I tisanotteri hanno un corpo molto sottile ed affusolato, l’apparato boccale è di tipo pungente-succhiante ed è asimmetrico, ossia formato da due mascelle e una sola mandibola modificata in stiletto. Le antenne sono brevi. Sono presenti gli occhi composti ed eventualmente tre ocelli.
Le ali sono strette, prive di nervature e dotate di tipiche frange di setole (in greco thýsanos, da cui il nome dell’ordine). Le ali possono essere ridotte o mancare completamente in alcune specie. L’addome è composto da 10-11 uriti e in alcune specie porta un ovopositore, necessario a deporre le uova nei tessuti vegetali. Alcune specie sono partenogenetiche, mentre altre presentano un’alternanza di generazioni partenogenetiche e bisessuate.
Ciclo vitale e comportamento
I tisanotteri sono eterometaboli (gli stadi giovanili non differiscono radicalmente dall’adulto) e neometaboli (oltre agli stadi di uovo, neanide, ninfa e adulto, se ne aggiunge un quarto a cavallo tra il secondo e il terzo, chiamato preninfa). Durante la fase di preninfa, l’insetto non si nutre e rimane immobile. I tisanotteri sono insetti prevalentemente fitofagi, nutrendosi principalmente di fluidi vegetali ricavati dalla lisi delle cellule vegetali, ma anche di polline ed ife fungine Alcune specie sono invece predatrici di piccoli artropodi.
Per nutrirsi pungono con lo stiletto fiori, foglie, germogli e frutti provocando nella pianta alterazioni sia nella forma (ad esempio deformazioni e aborto fiorale) che nel colore (ad esempio argentatura delle foglie e ruginosità dei frutti fino alla caduta dell’intero apparato fogliare).
Le punture trofiche sono inoltre altamente dannose perché rappresentano una vita di trasmissione dall’insetto fitofago alla pianta ospite di virus e batteri che possono essere causa di ulteriori danni e malattie. Alcune pratiche colturali che vanno ad influenzare il vigore della pianta, come ad esempio le concimazioni a base di azoto e l’abbondante irrigazione, possono favorire l’attacco dei tisanotteri.
Classificazione
I tisanotteri si dividono in due sottordini: Tenebrantia e Tubulifera. Al primo sottordine appartiene la famiglia dei tripidi. Questi insetti sono provvisti di un vero ovopositore costituito da due paia di valve, con le quali la femmina può deporre le uova direttamente nei tessuti vegetali.
Al sottordine dei tubuliferi, invece, appartengono i tisanotteri che non possiedono un vero organo ovopositore. Essi sono dotati di un organo sostitutivo formatosi dal prolungamento del decimo urite.
Specie d’interesse di tripidi
Frankliniella occidentalis
Questo famosissimo tripide è di origine americana ed è stato ritrovato in Europa solo recentemente (1986-1987). È un insetto polifago che attacca più di 500 piante ospiti. È caratterizzato da un elevato potenziale biotico, possedendo un’elevata capacità riproduttiva (fino a 60 uova per femmina) e un suo ciclo vitale che può concludersi in soli 13-14 giorni (anche meno se si nutre di piante coltivate in serra).
La Frankliniella occidentalis sverna allo stadio adulto in vari anfratti, quando le temperature cominciano ad aumentare (fine inverno – inizio primavera); da questo momento in poi, si susseguiranno dalle 6 alle 7 generazioni all’anno.
I tripidi adulti di questa specie hanno colorazione variabile a seconda dello stadio di sviluppo: gli adulti nel pieno della loro attività (primavera-estate) sono di colore ocra, al contrario le forme svernanti sono brunastre.
La F. occidentalis attacca piante ortive coltivate in serra e in pieno campo appartenenti alle famiglie solanacee, liliacee, fabacee, cucurbitacee e asteracee e piante arboree da frutto come pomacee e drupacee. Inoltre, possono attaccare anche piante ornamentali come la Poinsettia (stella di Natale), il garofano, la rosa, il ciclamino, il crisantemo e tante altre.
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I danni più evidenti sono causati dalle punture trofiche di neanidi, ninfe e adulti, ma anche dalle ovideposizioni degli adulti. Uno dei primi sintomi osservabili riguarda la depigmentazione dell’apparato fogliare, che assume una colorazione argentata finché le foglie non disseccano arrotolandosi su sé stesse. L’ovideposizione, invece, causa la deformazione dei tessuti vegetali attaccati. Si possono osservare danni ai fiori, di particolare importanza economica nel caso delle piante ornamentali: i fiori si decolorano a chiazze sparse e gli organi produttivi vengono lesionati. Infine, le punture trofiche possono anche danneggiare i frutti, causando la suberificazione dell’epicarpo.
Ma non è finita qui. Come già accennato molti tripidi sono vettori di importanti virosi in campo agrario. In questo caso, la Frankliniella occidentalis è capace di trasmettere il TSWV (tomato spotted wild virus, il virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro) su solanacee. Il virus causa l’avvizzimento della pianta fino a portarla alla morte, soprattutto se attaccata quando è ancora molto giovane; se al contrario la pianta viene attaccata in uno stadio di crescita più avanzato si potranno osservare macchie anulari e necrosi sui frutti.
Tripide della vite
Il tripide della vite (Drepanothrips reuteri) è un insetto di dimensioni inferiori al millimetro, di colore giallastro o giallo verdastro a seconda dello stadio di sviluppo. L’insetto sverna allo stadio adulto nella corteccia della pianta ospite. Al germogliamento, le giovani neanidi si nutriranno della nuova vegetazione ancora poco resistente alla penetrazione finché gli adulti non deporranno le uova nei tessuti vegetali. Il numero di generazioni all’anno varia a seconda delle condizioni ambientali.
La pianta ospite più importante è la vite, ma D. reuteri può nutrirsi anche di altre piante arbore, come nocciolo, quercia e acero. Anche in questo caso le punture trofiche e l’ovideposizione comportano danni ai germogli (deformazioni) e in generale a tutto l’apparato fogliare; sulla pagina inferiore delle foglie, in particolare, sarà possibile osservare la presenza di tacche necrotiche circondate da alano clorotico che corrispondono alle punture effettuate sulla pagina superiore.
Tripide dell’olivo
Questo insetto non è un tripide propriamente detto, in quanto appartiene al sottordine dei tubuliferi, ma è comunemente conosciuto come tripide dell’olivo (Liothrips oleae) ed è anch’esso particolarmente importante per i danni che causa alle colture di interesse agrario.
Sverna come adulto nella corteccia degli alberi, dove le stesse femmine in primavera deporranno le uova (circa 200 uova per femmina). Dopo due settimane schiudono le neanidi. Succedono altre due generazioni e gli adulti dell’ultima saranno quelli che sverneranno e riprenderanno l’attività la primavera successiva.
La pianta ospite è l’olivo che, a causa delle punture trofiche di neanidi, ninfe e adulti, verrà danneggiata, soprattutto a livello di germogli, foglie, fiori e frutti. Oltre ai classici sintomi già descritti per gli altri tripidi, L. oleae può portare alla cascola (caduta) precoce del frutto.
Lotta biologica contro i tripidi
In agricoltura, è importante che le pratiche di controllo di un fitofago dannoso prevedano una fase di monitoraggio, fondamentale per stabilire la presenza di una malattia in campo e il suo grado di intensità, al fine di salvaguardare la salute delle piante nel modo più efficace e sostenibile possibile.
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La maggior parte dei tripidi è infatti particolarmente resistente agli insetticidi di sintesi, poiché dotata di un sistema biochimico di detossificazione molto efficace. La lotta deve perciò essere di tipo biologico, prevedendo lo sfruttamento di predatori e parassitoidi naturali.
Il monitoraggio nel caso dei tripidi avviene utilizzando trappole cromotropiche che attraggono l’insetto mediante il colore bianco. La lotta biologica, invece, prevede l’utilizzo di due importanti predatori appartenenti alla famiglia Anthocoridae (ordine Rhynchota, come Orius levigatus e Anthocoris nemoralis), ma anche altri tisanotteri e alcuni acari fitoseidi generalisti. È importante perciò evitare di alterare gli equilibri biologici esistenti tra predatori e fitofagi attraverso i trattamenti insetticidi affinché il controllo avvenga naturalmente.
Referenze
- Bellman, Heiko. Guida agli insetti d’Europa, 2019, Ricca Editore, Roma.
- Brusca, Richard C., et al. Invertebrates – Third edition, 2016, Sinauer Associates, Inc., Sunderland, Massachussetts.
- Ferrari M., Marcon E., Menta A. Fitopatologia, entomologia agraria e biologia applicata, 2006, Edagricole Scolastico.
Immagine di copertina di Guido Bohne.