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Ctenofori

Gli Ctenofori (dal greco ktenos pettine e phoros che porta) sono organismi marini cosmopoliti. La loro caratteristica, è quella di essere costituiti da due strati di cellule separati nel mezzo da una sostanza gelatinosa chiamata mesoglea. La struttura corporea così simile a quella dei Cnidari secondo la tassonomia meno recente li vedeva compresi entrambi nel gruppo dei Celenterati, ma recenti indagini li collocano separatamente, ipotizzando una filogenesi indipendente.

  • Classificazione 
  • Dominio: Eukaryota
  • Regno: Animalia
  • Sottoregno: Eumetazoa
  • Ramo: Radiata
  • Phylum: Ctenophora
  • Classi: Nuda

La Struttura degli Ctenofori

Gli Ctenofori sono organismi appartenenti al ramo Radiata: il piano costruttivo secondo cui sono organizzati anatomicamente non è a simmetria bilaterale, come negli organismi più evoluti, ma a simmetria radiale. Si tratta di organismi di forma sferica, con un polo apicale ed uno ventrale.

Dal polo apicale a quello ventrale si dipartono otto file di ctenidi , palette munite di ciglia, come i meridiani lungo l’asse terrestre. Il movimento delle ciglia lento e coordinato, permette la locomozione. Le dimensioni variano molto, da pochi millimetri fino al metro e mezzo circa del Cinto di Venere (Cestus veneris)

Sono dotati di un sistema nervoso non centralizzato, ma costituito da una rete nervosa diffusa. Possiedono due lunghi tentacoli muniti cellule adesive chiamate colloblasti.

Alimentazione

Tutti gli ctenofori sono predatori attivi di zooplancton e per le specie più grandi, anche di piccoli crostacei. Le prede vengono catturate con i due tentacoli e la presa viene mantenuta ben stretta grazie ai colloblasti, cellule che come dice il nome producono una sostanza appiccicosa.

Una volta catturata, la preda viene ingerita tramite il polo apicale, posto alla sommità dell’animale, dove si apre una bocca, collegata ad un faringe, rudimento di stomaco dove la preda viene digerita. Poco si sa di come i prodotti di scarto della digestione vengano espulsi, essendo gli ctenofori aprocti.

Riproduzione

Gli ctenofori sono ermafroditi autofecondi, ma spesso la maturazione dei gameti dei due sessi non è simultanea. La fecondazione è esterna, e lo zigote formatosi direttamente in ambiente marino ha uno sviluppo molto rapido fino allo stadio adulto.

Habitat ed ecologia

Gli ctenofori sono praticamente ubiquitari, sebbene in alcune zone possano essere abbastanza difficili da individuare in quanto abitano l’ambiente pelagico. Tuttavia in alcune zone costiere, nei mesi caldi si può assistere a vere e proprie esplosioni di abbondanza. Infatti, nel caso di autofecondità simultanea e di rapido sviluppo individuale, le popolazioni di ctenofori possono accrescersi ad un tasso molto rapido.

Notevole è in questi casi il loro ruolo nella catena alimentare in quanto predando lo zooplancton, in particolare i crostacei copepodi, evitano che questi, a loro volta, depauperino le popolazioni di fitoplacton, che costituisce una frazione fondamentale della base della catena alimentare per i restanti organismi marini.

Classi: Nuda e Tentaculata

Alla classe Nuda appartiene un solo Ordine, i Beroida, che a sua volta contiene una sola Famiglia, quella dei Beroidae, rappresentata da due generi: Neis e Beroe. Si distinguono dagli altri ctenofori per l’assenza dei due tentacoli e per la forma oblunga

Ai Tentaculata appartiene invece la maggior parte degli ctenofori conosciuti, tutti di forma sferoidale e muniti di due tentacoli. Gli Ordini appartenenti ai Tentaculata sono: Cestida, Cydippida, Lobata, Platyctenida, Thalassocalycida e Tjalfellida.

Il fenomeno della Bioluminescenza

Gli ctenofori che vivono vicino alla superficie del mare sono generalmente trasparenti, mentre quelli che abitano più in profondità sono solitamente pigmentati. La bioluminescenza non è una proprietà diffusa tra gli ctenofori, solo alcuni sono capaci di produrla in appositi fotociti, all’interno dei quali viene prodotta una fotoproteina.

Le lunghezze d’onda prodotte dagli ctenofori vanno dal blu al verde. A volte alcuni ctenofori trasparenti possono emettere bioluminescenza attraverso i copepodi bioluminescenti ingeriti.

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