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Castoro europeo (Castor fiber)

Caratteristiche generali e storia demografica

Il castoro europeo (o eurasiatico, Castor fiber) è un grosso roditore semiacquatico famoso per la sua capacità di costruire dighe, le quali bloccano il normale scorrimento dei fiumi. Un tempo diffuso in buona parte dell’Eurasia, questo animale venne portato all’estinzione quasi ovunque (compresa l’Italia), con soli 1200 esemplari rimasti all’inizio del XX secolo. Grazie alla protezione internazionale, però, questa specie sta finalmente facendo il suo ritorno nel suo vecchio areale, contribuendo ad aumentare la biodiversità locale. Negli ultimi anni, il castoro ha cominciato a mostrare sporadicamente la sua presenza addirittura in Italia, dopo quasi 5 secoli di assenza.

Caratteristiche generali del castoro europeo

Il castoro europeo è il più grande roditore presente in Eurasia. Gli adulti infatti superano tranquillamente i 20 kg di peso, per un massimo di 35 kg. È una specie adattata alla vita acquatica, con zampe posteriori palmate atte al nuoto e una folta pelliccia impermeabile.

Nonostante sia opinione comune, la coda del castoro (che è molto allungata e appiattita dorso-ventralmente) non viene utilizzata come mezzo di propulsione, ma piuttosto come timone per direzionare i movimenti durante il nuoto. Il mezzo di propulsione vero e proprio del corpo sono infatti le zampe dell’animale[1].

La sua alimentazione è completamente erbivora e si compone di germogli di alberi ripariali (ossia alberi che crescono lungo i fiumi, come pioppi e salici) ma anche di altre piante erbacee (acquatiche o non). I grandi incisivi del castoro aiutano molto nell’alimentazione, in quanto sono usati per rosicchiare e abbattere gli alberi di cui si nutrono.

Habitat e distribuzione

Il castoro europeo colonizza esclusivamente habitat d’acqua dolce come fiumi, laghi, stagni e paludi. In alcune aree, però, sono stati osservati dei castori anche in acque salmastre (ad esempio in zone di estuario), il che testimonierebbe una discreta adattabilità della specie[2].

Il castoro eurasiatico era un tempo presente in buona parte delle regioni temperate-boreali dell’Eurasia: l’areale formava una fascia continua che partiva dalla Spagna fino alle coste pacifiche della Russia; alcune popolazioni avevano colonizzato addirittura anche regioni relativamente aride, come il bacino del Tigri e dell’Eufrate[3]. Ad oggi, l’areale della specie è invece estremamente ridotto e frammentato, a causa della caccia massiva degli individui e della perdita di habitat.

La diga del castoro europeo

Il castoro, come l’uomo, è una delle specie animali capaci di plasmare l’ambiente a proprio favore, attraverso la creazione di sbarramenti fluviali denominati dighe. Le dighe del castoro sono composte in buona parte da alberi abbattuti, rocce, fango, erba e altri materiali reperibili nei pressi del corso d’acqua. Queste grandi strutture possono essere lunghe da pochi metri fino ad oltre 100 metri in casi eccezionali[1].

Bloccando parzialmente il naturale scorrimento del fiume, le dighe dei castori causano la formazione di stagni nelle immediate vicinanze. Questo ambiente modificato crea indirettamente un habitat ideale per il castoro, in cui abbondando le piante acquatiche, il principale nutrimento della specie[1].

Il castoro non utilizza le dighe come dimora, ma crea tane separate poste solitamente al centro dello stagno. Queste tane possiedono una cavità interna, collegata all’esterno grazie a dei tunnel sommersi. Se minacciati, i castori attraverseranno i tunnel raggiungendo l’interno della tana, al riparo da potenziali predatori.

castoro europeo tana
Un esempio di stagno creato da una diga di castori; si noti la tana (in primo piano a sinistra), separata dal resto della diga (sullo sfondo). (di Kevin Casper, publicdomainpictures.net, CC0)

Vantaggi e svantaggi ecologici

L’attività di sbarramento dei fiumi da parte del castoro offre molti vantaggi sul territorio e può contribuire al risanamento di zone umide degradate dall’attività umana. Le dighe, infatti, provocano la formazione di stagni con significative dimensioni; questi, a loro volta, offrono un habitat favorevole a moltissime specie animali e vegetali.

Non a caso, molti insetti acquatici, pesci e anfibi, ma anche mammiferi e uccelli, risultano molto più abbondanti nei pressi di stagni creati dai castori. Le acque calme di questi stagni diventano un terreno perfetto per la riproduzione e la deposizione di uova di pesci e anfibi, cosa che risulterebbe meno fattibile in acque costantemente in moto.

Gli stagni del castoro aiutano inoltre a mantenere la portata minima del fiume nei periodi di secca, oltre che a ridurre l’intensità delle inondazioni[1, 4].

Le dighe fungono anche da filtro per certe sostanze inquinanti (come azoto e fosforo), ma favoriscono anche la sedimentazione fluviale e il sequestro di carbonio tramite lo stoccaggio di sostanza organica[5, 6].

La maggior presenza di terreni umidi, inoltre, rende le dighe dei castori un ottimo agente di contrasto degli incendi boschivi, riducendone i danni e la propagazione.

Le dighe possono essere anche usate dai piccoli mammiferi come corridoi ecologici per superare fiumi altrimenti difficilmente attraversabili.

Le attività del castoro possono avere ovviamente anche degli svantaggi, spesso però irrisori comparati ai vantaggi. I castori possono potenzialmente danneggiare il raccolto o inondare campi nei pressi dei fiumi, anche se tale danno rimane molto contenuto rispetto a quello causato dai ben più abbondanti ungulati. Ad esempio, i danni da castoro in Austria ammontano solo a 700 mila euro all’anno, mentre quelli da ungulati sono pari a 218 milioni euro l’anno[8]! Infine, le dighe possono risultare in certi casi una barriera per i pesci migratori che risalgono i fiumi; va detto, però, che le dighe sono sistemi molto dinamici che possono essere periodicamente abbandonate o distrutte e mantenere così una buona continuità del fiume[1].

Conservazione: dalla quasi estinzione alla reintroduzione

Il castoro eurasiatico, in passato, ha rischiato l’estinzione in tutto il suo areale, a causa della caccia incontrollata dell’uomo per il mercato delle pellicce, della carne e del castoreo, una sostanza prodotta dall’animale che veniva usata come profumo. Nei primi anni del XX secolo, la popolazione globale di castori eurasiatici era stimata sui 1200 individui, frammentati in 8 popolazioni isolate. Di queste 8 sottopopolazioni, almeno 3 non superavano i 100 individui totali.

Il trend di questa specie cambiò bruscamente dopo gli anni Venti del Novecento, quando la specie divenne protetta in tutta l’Eurasia. Tra gli anni Venti e Cinquanta sono segnalati i primi tentativi di reintroduzione del castoro nel suo vecchio areale. Bisognerà aspettare però gli anni tra i Cinquanta e i Novanta per vedere una vera reintroduzione della specie su vasta scala, sia in buona parte d’Europa che nella Russia asiatica[4].

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Anche in tempi moderni, il castoro europeo è stato reintrodotto in varie località grazie ad esempio a progetti LIFE, ma anche attraverso rilasci illegali. I castori che ad esempio si trovano nel fiume Ebro in Spagna o nel fiume Otter in Inghilterra sono tutti frutto di rilasci non controllati; i due governi, inizialmente propensi all’eradicazione di queste popolazioni illegittime, cambiarono idea quando videro l’effettiva utilità del castoro nei confronti dell’ecosistema fluviale, ma anche sulla sicurezza e salute umana.

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Attualmente, si stima che la popolazione globale di castoro europeo si aggiri al di sopra agli 1,3 milioni di individui[4].

Il castoro in Italia

Molti fossili, testi e raffigurazioni storiche provano la presenza passata del castoro europeo in quasi tutta Italia. Il suo areale comprendeva infatti tutto il territorio alpino, la Padania e buona parte della fascia appenninica, con i resti più a Sud rintracciabili in Molise e Campania.
La specie venne purtroppo eradicata dalla penisola in maniera rapidissima già tra il XVI e XVII secolo, a causa della caccia incontrollata dell’uomo[7].

Bisognerà aspettare il novembre 2018 per avere di nuovo notizie del castoro in Italia, quando un individuo del fiume Slizza varcò il confine austriaco e raggiunse il comune di Tarvisio. La scoperta di questo individuo, denominato Ponta (in onore del suo scopritore Renato Pontarini) ha suscitato molto scalpore mediatico e un’accoglienza molto positiva dalla popolazione. Ad oggi, Ponta resta ancora l’unico castoro presente in territorio friulano.

Nel novembre del 2020, la presenza del castoro in Italia è stata confermata anche nella parte altoatesina della Val Pusteria. Anche in questo caso, non si conoscono altri castori in Alto Adige[9].

Sono stati effettuati degli studi di fattibilità ambientale per una teorica reintroduzione del castoro persino in Piemonte[7]: essi hanno dimostrato che i fiumi piemontesi, nonostante siano cambiati nel corso degli ultimi cinque secoli, risultano ancora molto idonei per la presenza di questo grosso roditore. Ovviamente, il consenso popolare sarà fondamentale in un progetto di reintroduzione.

castoro europeo ponta
Una foto del castoro Ponta di questo inverno (dalla pagina Facebook di “Progetto Lince Italia”, post del 15/03/2021)

Conclusioni

Nonostante queste buone notizie, la strada per la ricolonizzazione dell’Italia da parte del castoro europeo sembra ancora lunga. I due individui presenti sul territorio si trovano ancora nello spartiacque austriaco ed è assai improbabile che riusciranno a superarlo in tempi brevi assieme ad altri esemplari; i castori adulti, infatti, raramente si allontanano dal corso di un fiume, mentre i giovani in dispersione trovano nello catena alpina una grande barriera geografica. Una soluzione per ovviare a questa lenta e difficoltosa espansione sarebbe sicuramente la reintroduzione di piccole popolazioni di castoro in bacini idrografici italiani di grande dimensione, come il Po o i suoi affluenti. Si spera dunque che il castoro possa compiere un gran ritorno nella penisola italiana, arricchendo così la biodiversità locale e proteggendo le comunità umane dalle inondazioni.

Referenze

  1. Campbell-Palmer, R., et al. (2015). The Eurasian Beaver. Pelagic Publishing, UK;
  2. Living on Earth – Saltwater Beavers Bring Life Back to Estuaries;
  3. Legge, A. J., and P. A. Rowley-Conwy. “The beaver (Castor fiber L.) in the Tigris-Euphrates basin.” Journal of archaeological science 13.5 (1986): 469-476.
    APA
  4. Halley, D. & Schwab, G. 2020. Eurasian beaver population and distribution: the past,
    present and future. BeaverCON 2020, Baltimore, March 3-5 2020
  5. Treves, A., et al. (2020). The reintroduction of Castor fiber in Piedmont (Italy): An integrated SWOT-spatial multicriteria based approach for the analysis of suitability scenarios. Ecological Indicators118, 106748;
  6. Wohl, E. (2013). Landscape‐scale carbon storage associated with beaver dams. Geophysical research letters40(14), 3631-3636;
  7. Salari, L., Masseti, M., & Silvestri, L. (2020). Late Pleistocene and Holocene distribution history of the Eurasian beaver in ItalyMammalia84(3), 259-277.
  8. Putman, Rory, Marco Apollonio, and Reidar Andersen, eds. Ungulate management in Europe: problems and practices. Cambridge University Press, 2011.
  9. Avvistato in Val Pusteria un esemplare di castoro. Mancava in Alto Adige da oltre 400 anni; Il Dolomiti, Davide Leveghi, 10 novembre 2020.

Immagine di copertina di Per Harald Olsen/NTNU, Flickr (CC By 2.0).

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