Il sapone funziona grazie alla sua chimica in presenza di acqua. Le “noci lavatutto” sono davvero un sapone ecocompatibile?
Acqua e sapone: una chimica che funziona
Il sapone è un composto chimico realizzato a partire da un particolare tipo di grasso, un trigliceride. Le sue molecole ricordano sgabelli a tre gambe: la seduta è fatta da glicerolo, su cui si innestano le tre gambette costituite da acidi grassi. Per ottenerlo si fa avvenire una reazione detta saponificazione. Una sostanza grassa ricca in trigliceridi, che può essere olio o grasso vegetale oppure animale, viene messa a contatto con una sostanza alcalina (anche detta basica, cioè con pH maggiore di 7), solitamente la soda caustica (NaOH, idrossido di sodio).
Data la forte alcalinità della soluzione, il trigliceride si dissocia in ioni negativi di acidi grassi e glicerolo. Anche la base utilizzata (ad es. NaOH) si dissocia in due specie ioniche, una a carica positiva (Na+) e una a carica negativa (OH-). Ognuno degli acidi grassi liberati, avendo una carica negativa, viene attratto da un atomo della specie ionica positiva (in questo caso, il sodio, Na+) formando un sale.
Proprio come accade con il sale da cucina (NaCl o cloruro di sodio, un sale inorganico) anche in questo caso i due ioni che costituiscono il sapone (un sale organico poiché una delle due specie ioniche, l’acido grasso, è organica) sono in grado di dissociarsi tra loro in acqua.
Quindi, il sapone non è altro che un sale di sodio o potassio (metalli alcalini) di acidi grassi. La sua capacità di detergere emerge in presenza di acqua. In soluzione acquosa, il sapone si dissocia nuovamente in uno ione positivo (sodio, Na+, o potassio, K+) e in uno ione organico negativo che è l’acido grasso.
L’acido grasso ha caratteristiche anfipatiche (vedi figura): si tratta infatti di una molecola con un’estremità affine all’acqua, o idrofilica, e un’estremità che respinge l’acqua, o idrofobica. L’estremità idrofobica è però affine al grasso e all’unto.
Le molecole di acidi grassi si aggregano fra loro a formare micelle (vedi figura), delle sferette con la superficie esterna idrofilica che sono però idrofobiche al loro interno, capaci quindi di legare l’unto e la sporcizia sulla nostra pelle o sui nostri indumenti, normalmente insolubili in acqua, staccandoli e rendendoli solubili nell’acqua.
Il sapone ha anche una azione detta tensioattiva. Le molecole d’acqua abitualmente interagiscono l’una con l’altra formando dei legami temporanei che, guardando quantità enormi di molecole assieme come per esempio una goccia d’acqua, conferiscono una proprietà detta tensione superficiale. Questa tensione è ciò che dà e mantiene la forma delle gocce e che permette agli insetti pattinatori di camminare sul pelo dell’acqua senza romperlo. Ecco, l’azione tensioattiva del sapone riduce la tensione superficiale modificando questi comportamenti dell’acqua.
I tensioattivi sono una classe di molecole con una testa idrofila e una coda idrofoba, e possono essere di quattro tipi: non ionici (non possiedono carica, ma gruppi idrofili), anionici (con testa a carica negativa), cationici (con testa a carica positiva), anfoteri (si comportano come cationi in ambiente acido, come anioni in ambiente basico).
Il sapone è un tensioattivo anionico.
Affinché il sapone abbia un potere lavante è quindi indispensabile la presenza di acqua. Difatti, per ottenere la formazione di micelle è necessario non superare la concentrazione micellare critica, cioè la massima concentrazione a cui può arrivare un sapone in soluzione acquosa. Una volta superata questa, il sapone diviene troppo concentrato, non è più capace di dissociarsi in due specie ioniche e la sua funzione lavante viene meno.
Tipi di sapone
Come si può dedurre dal fatto che venga realizzato con l’uso di sostanze alcaline, il sapone ha solitamente un pH elevato, cioè basico. I saponi contenenti carbonato di sodio possono perfino arrivare a un pH di 11. Lavarsi eccessivamente può essere controproducente: il pH cutaneo oscilla tra 5,4 e 6,5 e usare con troppa frequenza il sapone può portare a rimuovere, via via, lo strato di grassi che proteggono la pelle, prodotto da delle ghiandole poste alla base dei peli. Di conseguenza, anche il pH fisiologico sarebbe alterato, esponendoci ad infezioni batteriche e altre sgradevoli affezioni cutanee.
Per andare incontro alle pelli più sensibili, alcuni produttori abbassano il pH del sapone in seguito alla sua produzione; in altri casi, si opta direttamente per un sapone acido, che non è sapone propriamente detto, bensì un detergente sintetico, ed ha un pH di 5,5 – molto simile a quello cutaneo.
I detergenti sintetici sono infatti miscele di tensioattivi (miscele di due o più dei quattro tipi sopra elencati, mentre il sapone è esclusivamente di tipo anionico). A seconda dello scopo per cui è destinato, igiene personale o pulizia delle superfici domestiche, presenta l’aggiunta di sostanze di sintesi come enzimi, schiumogeni, candeggianti, solventi, profumi e coloranti.
A seconda della sostanza alcalina utilizzata per la sua produzione, il sapone può essere solido o liquido. Il sapone solido, o saponetta, è il più antico e si realizza con idrossido di sodio, mentre il sapone liquido realizzato con idrossido di potassio si è diffuso nel dopoguerra a seguito dell’utilizzo della plastica per la sua praticità come dispenser. Più spesso, però, quello che chiamiamo sapone liquido è invece un detergente sintetico, di cui sopra, realizzato diversamente dal sapone.
Com’é nato il sapone?
Le origini del sapone sono incerte, ma molto antiche. La sua scoperta è attribuita ai babilonesi e lo si fa risalire al 2800 avanti Cristo. Si nomina il sapone perfino nella Bibbia e nei papiri egizi. Questi ultimi lo usavano per l’igiene personale, ma anche per lavare la lana. Plinio il Vecchio nella Naturalis historia (23-79 dopo Cristo) nomina il sapone, intendendo una sostanza per tingere i capelli di rosso, e suggerisce che si tratti di un’invenzione dei Galli.
Anche gli Arabi hanno cominciato a utilizzare molto presto il sapone ed esistono manoscritti che ne contengono persino delle ricette per la preparazione. Essi utilizzavano anche essenze aromatiche, che ancora oggi costituiscono la peculiarità del sapone di Aleppo. Nel Medioevo europeo, il sapone ha avuto la sua culla a Marsiglia, dove come sostanza grassa veniva usato l’olio d’oliva: il sapone di Marsiglia è famoso tutt’oggi. A esso fecero concorrenza le produzioni italiane di Genova, Savona e Venezia.
Il sapone liquido o “falso sapone”, o detergente sintetico, è invece stato realizzato per la prima volta nel 1865 dallo statunitense William Sheppard. Da questo periodo in poi, il sapone è stato commercializzato in ogni forma – comprese quelle di produzione industriale derivate dal petrolio – in tutto il mondo Occidentale.
È curioso notare come le prime testimonianze riguardanti il sapone facessero riferimento in realtà all’uso di cenere vegetale derivante dal legno, la quale contiene grandi quantità di idrossido di sodio e potassio. Con essa si produceva la liscivia, un termine comune che indica l’utilizzo della cenere unitamente ad acqua bollente per lavare i panni, molto utilizzato fino a poco prima che si diffondessero le lavatrici (chiedete alle nonne!).
Sapone “naturale”: le noci “lavatutto”
Visitando l’Orto Botanico dell’Università di Palermo è possibile osservare un esemplare di Sapindus mukorossi Gaertn o albero del sapone. Si tratta di una specie arborea tipica di Nepal e India le cui drupe (cioè frutti tondeggianti), marroncine e leggermente lucide, sono costituite da un mesocarpo polposo ricchissimo di saponine al cui interno è serrato un seme nero, tondo e lucido come una perla.
Il cartello apposto sotto l’esemplare presente nell’orto botanico recita che, strofinando la polpa fra le mani bagnate, è possibile usare i frutti per lavarsi, alla stregua del sapone. Provandoci si ottiene la produzione di schiuma, ma è davvero lavante?
Ebbene, esiste un commercio di questi frutti come detersivi, comunemente chiamati “noci lavatutto”, di cui si reclama l’efficacia e quanto siano ecosostenibili, poiché “naturali”.
Ma “naturale” vuol dire ecosostenibile? I frutti del S. mukorossi sono ricchi di saponine, sostanze che troviamo abbondantemente nel mondo vegetale poiché usate come armi di difesa dall’erbivoria. Ciò è vero ad esempio per i legumi, i quali necessitano ammollo e cottura prolungata affinché queste ed altre sostanze anti-nutrizionali (sostanze che riducono la digeribilità e l’assorbimento dei nutrienti) siano neutralizzate.
Naturale quindi non significa necessariamente innocuo per l’ecosistema. Le saponine del S. mukorossi sono molto studiate per i più disparati utilizzi. È stato evidenziato come abbiano caratteristiche spermicide, contraccettive, epatoprotettive, emetiche, anti-infiammatorie, anti-protozoarie (1) ed anti-fungine (2). Si sta studiando un loro potenziale effetto su cellule tumorali (3, 4).
Pur essendo le saponine delle sostanze anti-nutrizionali, questa loro capacità può essere sfruttata in maniera strategica. Nell’allevamento industriale, si valuta l’utilizzo di polvere derivata dalla drupa di S. mukorossi come fonte di saponine da aggiungere alla dieta del pollame per migliorare la qualità delle carni, riducendone il contenuto di colesterolo e grassi e migliorandone la conservabilità (5). Sembra che le saponine estratte da S. mukorossi abbiano una certa efficacia nella bonifica di suoli contaminati da arsenico (6).
Tutti questi effetti, i cui studi esplorano diverse finalità di utilizzo, ci fanno porre una domanda: una volta immesso negli ecosistemi acquatici, che impatto avrà? Sarà davvero un sapone ecologico?
Rimedi inefficaci
All’Università di Bonn, in Germania, è stato condotto uno studio (7) con prove empiriche per testare l’efficacia lavante delle “noci lavatutto” e di altre soluzioni ecologiche per il lavaggio. Il risultato ha dimostrato che questi metodi alternativi hanno efficacia paragonabile al lavaggio con semplice acqua.
Dopotutto, questo metodo di lavaggio viene commercialmente proposto come efficace a temperature di almeno 40°. La vera ecosostenibilità, invece, sta nel risparmio energetico consentito dall’uso di detergenti a freddo, come stabilito dal LCA (Life Cycle Analysis). Esso è un metodo standardizzato a livello internazionale (norma ISO 14040:2006) che permette di quantificare i potenziali impatti sull’ambiente e sulla salute umana associati a un bene o servizio, a partire dal consumo di risorse e dalle emissioni (8).
Per quanto possa sembrare banale, può essere più rispettoso per l’ambiente ridurre la dose di detergente “tradizionale”, piuttosto che optare per le “noci lavatutto”.
Collegamenti esterni
- Pharmacological effects of Sapindus mukorossi. Upadhyay A., Singh D.K. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22983291
- Triterpenoid saponins from the pulp of Sapindus mukorossi and their antifungal activities. Hu Q., Chen Y.Y., Jiao Q.Y., Khan A., Li F., Han D.F., Cao G.D., Lou H.X. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29257999
- Two new glycosides isolated from Sapindus mukorossi fruits: effects on cell apoptosis and caspase-3 activation in human lung carcinoma cells. Zhang X.M., Yang D.P., Xie Z.Y., Li Q., Zhu L.P., Zhao Z.M. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26158392
- Aqueous extract of Sapindus mukorossi induced cell death of A549 cells and exhibited antitumor property in vivo. Liu M., Chen Y.L., Kuo Y.H., Lu M.K., Liao C.C. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29555954
- Dietary supplementation of saponins to improve the quality and oxidative stability of broiler chicken meat. Bera I., Tyagi P.K., Mir N.A., Tyagi P.K., Dev K., Sharma D., Mandal A.B. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30996440
- Remediation of Arsenic Contaminated Soil Using Phosphate and Colloidal Gas Aphron Suspensions Produced from Sapindus mukorossi. Mukhopadhyay S., Mukherjee S., Hashim M.A., Sen Gupta B. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27412340
- How Effective are Alternative Ways of Laundry Washing? Kruschwitz A., Augsburg A., Stamminger R. http://www.landtechnik.uni-bonn.de/forschung/haushaltstechnik/publikationen/Tenside-S-Detergents-Journal-ht43
- General guide for LCA – DETAILED GUIDANCE, 2010 https://eplca.jrc.ec.europa.eu/uploads/ILCD-Handbook-General-guide-for-LCA-DETAILED-GUIDANCE-12March2010-ISBN-fin-v1.0-EN.pdf