Le prime testimonianze sull’uso della pianta di Theobroma cacao per la preparazione di piatti e bevande risalgono almeno al 460 a.c. Già in questo periodo alcune popolazioni del mesoamerica ne consumavano i frutti, che chiamavano “kakaw uhanal” (cibo degli Dei), anche per scopi terapeutici. Solo dalla metà del 1500, però, il cacao poté diffondersi in Europa, prima come base di una bevanda poi sotto forma di cioccolato.
Dal cacao al cioccolato
Questa preparazione, in uso tutt’oggi, prevede un primo trattamento delle fave (i frutti), che vengono fermentate, sgranate, essiccate e macinate. Si ottiene così la pasta di cacao, da cui si possono ulteriormente ricavare il burro e la polvere di cacao, separando quasi completamente la parte grassa da quella magra. Il cioccolato fondente è composto da pasta di cacao (quella che in etichetta viene indicata come percentuale di cacao), burro di cacao e zucchero, in porzioni variabili. Aggiungendo latte, condensato o in polvere, si ottiene il cioccolato al latte mentre il cioccolato bianco contiene solo burro di cacao, latte e zucchero.
Proprietà cardioprotettive
Un primo suggerimento sui possibili benefici del cacao arriva da uno studio epidemiologico sui Cuna che abitano le Isole di San Blas, nell’arcipelago di Panama. In questa popolazione, che consuma mediamente tre tazze al giorno di una bevanda a base di cacao, solo il 2,2% delle persone soffre di ipertensione. Tra i Cuna che si sono spostati in aree urbane, cambiando regime alimentare, la percentuale è del 10,7 e sale drasticamente con l’età.
Sebbene possano essere diversi i fattori ambientali a giustificare questi dati, si è ipotizzato che l’elevato tenore di flavonoidi del cacao (fino a 50 mg/g) possa avere un ruolo rilavante. Questi composti polifenolici, formati da due anelli aromatici, si suddividono in 13 classi, a seconda del loro grado di idrossilazione e ossidazione. La classe più rappresentata nel cacao è quella dei flavonoli (principalmente procianidine, catechine ed epicatechine), responsabili del gusto amaro quando si combinano con le proteine della saliva.
Diversi studi affermano che queste molecole antiossidanti, stimolando la produzione di ossido nitrico, favoriscano l’elasticità dell’endotelio vascolare (il tessuto che riveste la parte interna di ogni vaso sanguigno). Con l’invecchiamento esso tende ad irrigidirsi favorendo l’insorgere di ipertensione e malattie cardiovascolari. Inoltre, l’assunzione di flavonoli, in soggetti a rischio e non di malattie cardiovascolari, è associata all’abbassamento del colesterolo, totale e LDL, e dell’attività delle piastrine.
Proprietà psicoattive
Altri studi si sono invece focalizzati sugli effetti del cacao sul sistema nervoso evidenziando diverse proprietà. Ad esempio, l’assunzione di una bevanda a base di cacao ad alto contenuto di flavonoidi migliora la sensazione di stanchezza sia in soggetti affetti da fatica cronica che da sclerosi multipla. Sebbene siano necessari ulteriori studi, questo fa aprire uno spiraglio di speranza nel trattamento di un sintomo, di origine multifattoriale, che rappresenta ancora una sfida.
I flavonoidi del cacao sembrano anche avere un effetto protettivo contro danni neuronali e stati neuroinfiammatori, alla base di molte patologie neurologiche. Alcuni dei meccanismi d’azione ipotizzati sono l’aumento della perfusione sanguigna, l’attivazione di geni coinvolti nella memoria a lungo a termine e nella plasticità neuronale, la riduzione della formazione di molecole neurotossiche causata dallo stress ossidativo.
Ma anche in condizioni fisiologiche, mangiare cioccolato regolarmente migliora le performance cognitive in termini di attenzione, memoria di lavoro, rapidità di risposta e fluidità verbale.
Quanto alla capacità del cioccolato di migliorare l’umore, i tempi brevi in cui questo si realizza rispetto all’assunzione fanno escludere che sia attribuibile a componenti psicoattive. Molto più probabilmente la sensazione di benessere deriva unicamente dall’esperienza sensoriale, gustativa e olfattiva.
C’è cioccolato e cioccolato
La quantità di flavonoidi nel cioccolato è direttamente proporzionale alla percentuale di pasta di cacao che lo compone. Quello fondente, quindi, ne contiene quantità maggiori rispetto a quello al latte, mentre nel cioccolato bianco sono praticamente assenti. Ma anche a parità di percentuale di cacao possono esserci differenze rilevanti dovute alla varietà di pianta utilizzata e ai trattamenti subiti. Fermentazione più breve e tostatura più prolungata tendono a ridurre il contenuto di flavonoidi. Stesso effetto lo produce un trattamento alcalino, chiamato “dutching”, a cui può essere sottoposto il cacao in polvere per neutralizzarne il contenuto di acido acetico.
Si è, inoltre, constatato che l’aggiunta di zucchero o latte attenua la capacità antiossidante del cacao rispetto a quando è assunto da solo, probabilmente per una questione di biodisponibilità. Ultimo, ma non trascurabile, aspetto da soppesare è l’elevato contenuto calorico del cioccolato. Si passa dalle circa 550 Kcal/100 g di quello fondente al 60% alle circa 530 Kcal/100 g di quello al latte, che perdipiù contiene una maggiore quantità di zucchero. Perché i benefici non siano vanificati dall’aumento ponderale è preferibile, quindi, il consumo di cacao in polvere o di ridotte porzioni di cioccolato fondente.
Referenze
- Katz DL, Doughty K, Ali A. Cocoa and chocolate in human health and disease. Antioxid Redox Signal (2011)
- Frontiers. “Cocoa and chocolate are not just treats – they are good for your cognition: Cocoa can be seen as a dietary supplement to protect human cognition and can counteract different types of cognitive decline.” ScienceDaily. ScienceDaily, 29 June 2017.