L’immagine del vischio ricorrente in questo tempo natalizio, evoca in molti di noi ricordi, profumi ed emozioni. Non tutti, però, conoscono la sua natura astuta, tenace e vitale.
“Albero ignoto! (io dissi: non ricordi?)
albero strano, che nel tuo fogliame
mostri due verdi e un gialleggiar discordi;
[…]
ah! sono in te le radiche del vischio!”
G. Pascoli – “Il vischio”
Tradizione
Il vischio è stato considerato fin dall’antichità una pianta sacra e rimane tutt’oggi legato ad immagini positive ed in particolare alla beneaugurante usanza di baciarsi sotto un suo ramo per salutare l’anno nuovo. Questa credenza deriva dal fatto che esso sia la pianta sacra alla dea anglosassone Friggia, protettrice degli innamorati. Ma esso è altresì simbolo d’inganno o d’attrazione fatale, per cui si dice di rimanere “invischiati” in qualche situazione, o nell’amore per un uomo o per una donna.
Nella cultura celtica il vischio è descritto come una pianta donata degli dei ed utilizzata dai Druidi per tenere lontano disgrazie e malanni. Effettivamente la scienza moderna conferma l’attribuzione di proprietà fitoterapiche al vischio, suggerendone l’impiego come rimedio naturale a problemi cardiocircolatori e gastrointestinali. Recenti ricerche gli attribuiscono anche proprietà immunostimolanti ed antitumorali.
Biologia
Dal punto di vista biologico il vischio (Viscum album) è un arbusto aereo sempreverde comune nelle zone boscose di America ed Europa. Esso porta foglie coriacee, carnose, oblungo-lanceolate, attraversate da tre a sei nervature. I suoi fiori sono gialli e compaiono intorno a marzo-aprile e fruttifica nei primi mesi invernali producendo piccole bacche di colore biancastro contenenti un liquido lattiginoso potenzialmente tossico, che conserva al suo interno un singolo seme dal guscio verde per ogni bacca. Il suo fusto corto molto ramificato di colore verde intenso dà corpo ad una forma tondeggiante di dimensioni variabili da 20 a 50 cm che si può apprezzare soprattutto in inverno, quando gli alberi su cui il vischio cresce sono spogli.
E’ definito emiparassita
Questo perché mantiene la capacità di produrre zuccheri attraverso la fotosintesi clorofilliana ma adotta il parassitismo nei confronti di numerose specie di alberi tra cui quercia, pioppo, melo, betulla, biancospino, abete e pino. Per fare provvigione di acqua e sali minerali, infatti, il vischio si serve di grosse propaggini che si insinuano nella corteccia degli alberi ospiti fino ad arrivare alla loro linfa. Vivere aggrappato ai rami degli alberi è un sistema ingegnoso per assicurarsi l’esposizione alla luce solare, elemento essenziale per la sua sopravvivenza specialmente dei primi anni di vita.
La strategia riproduttiva del vischio è sorprendente
Le perlacee bacche che maturano nel periodo invernale quando i frutti nei boschi scarseggiano, attirano uccelli come passeri, capinera e tordela che si cibano di esse e, stimolati da sostanze lassative contenute al loro interno, defecano nei rami vicini diffondendo così i semi del vischio. Anche dopo la loro digestione, i semi mantengono un rivestimento “vischioso”, appunto, che gli consente di aggrapparsi alla corteccia dei rami dove sono stati depositati. Qui i semi germogliano e ricomincia un nuovo ciclo vitale.
Curiosità
Il vischio rappresenta un importante elemento negli ecosistemi, costituendo luogo ideale per la nidificazione, fonte di cibo per uccelli grazie ai suoi frutti e per insetti e funghi grazie alle sue foglie. Inoltre restituisce parte dei nutrienti sottratti all’albero ospite facendo cadere ai suoi piedi le foglie che perde. Insomma, tra benevole usanze, proprietà curative e intrinseca natura parassitica, l’immagine del vischio rimane controversa nei nostri cuori, ma è certamente prodigiosa la sua audace, tenace e scaltra strategia di sopravvivenza.