Immaginate di essere degli astronauti e di dover vivere per 6 mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale: c’è cibo liofilizzato, acqua, e aria che potete respirare. Ma cosa accadrebbe se una o più di queste risorse si esaurisse prima del prossimo carico di rifornimento in arrivo dalla Terra? La sopravvivenza degli astronauti durante i viaggi nello spazio è in buona parte legata alla presenza dei sistemi di supporto vitale.
Questi sono in grado di riciclare, a partire da materiali di scarto, componenti essenziali per la vita: idrogeno, ossigeno e azoto. Quelli attualmente in uso svolgono già alcune di queste funzioni, ma non sono in grado di sostenere viaggi nello spazio che richiedono periodi di tempo più lunghi. Negli ultimi anni sono nati progetti con lo scopo di sviluppare sistemi di supporto vitale, che vedono come protagonisti alcuni organismi biologici, al fine di raggiungere una resa maggiore. Quali sono e come funzionano i sistemi attuali?
L’ECLSS e la reazione di Sabatier
L’ECLSS è il sistema di supporto vitale e di controllo basato su processi chimico- fisici, utilizzato a partire dal 2007 fino a oggi sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). I due compartimenti che lo compongono sono:
- Il Sistema di Generazione di Ossigeno (OGS);
- Il Sistema per il riciclo dell’acqua (WRS)[1].
Nell’OGS grazie a un processo detto di elettrolisi, si producono O2 e H2. L’idrogeno si usa nella reazione di Sabatier, che utilizza l’anidride carbonica (CO2) generata dall’equipaggio per produrre acqua (H2O) e metano (CH4). Il metano si avvia poi all’espulsione perché volatile e facilmente infiammabile, quindi pericoloso all’interno dell’ISS. L’acqua invece, viene convogliata insieme alle urine nel WRS, dove viene purificata per essere riutilizzata sia come risorsa primaria che nell’OGS[2].
CO2 + 4H2 -> CH4 + 2H2O
Il problema dell’efficienza nei viaggi di lunga durata
L’ELCSS, ha un’efficienza dell’85% nel riciclare gli elementi essenziali. Questo perché, complessivamente, l’idrogeno esce dal sistema assieme al metano e non tutta l’acqua viene condensata durante la reazione di Sabatier. Il risultato è che dalla CO2 prodotta dall’equipaggio si ottiene solo il 50% di ossigeno. Molti altri prodotti di scarto, invece, vengono conservati fino al loro rientro sulla Terra, rappresentando una fonte di risorse inutilizzate.
Al momento, per evitare che sulla Stazione Spaziale Internazionale si esauriscano risorse vitali, si effettuano rifornimenti periodici che sono permessi dalla distanza rispetto cui orbita dalla Terra: 400km. Questi problemi rendono la performance dell’ELCSS insufficienti e inadatti a sostenere viaggi di lunga durata, per i quali è richiesta un’efficienza minima del 98%[3]. Come si può raggiungere una resa di questo tipo?
BLSS e MELiSSA, il futuro dei viaggi spaziali
Alla fine degli anni ’80, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ha dato inizio a uno dei progetti considerato tra i più ambiziosi nel settore. Il progetto, ancora in via di sviluppo, rientra nella categoria chiamata Sistemi di Supporto Vitale Biorigenerativi (BLSS). Si tratta di processi chimico-fisici mediati da componenti biologiche per ottenere cibo, acqua e ossigeno, da materiale di scarto organico e inorganico. Il suo nome è MELiSSA (Micro-Ecological Life Support System Alternative) e il suo ciclo di recupero è diviso in 5 compartimenti:
- I rifiuti che vengono prodotti dall’equipaggio subiscono un processo di fermentazione a condizioni controllate. Lo svolgono alcune comunità microbiche (consorzi), che producono principalmente CO2, acidi grassi volatili e minerali, incluso NH4+;
- A questo punto, il batterio fotoeterotrofo Rhodospirillum rubrum, sfrutta gli acidi grassi per ottenere biomassa, che può servire come ulteriore fonte di nutrimento, e allo stesso tempo rimuove gli acidi grassi dal ciclo, isolando NH4+ e assicurando un corretto funzionamento della fase successiva;
- Qui l’NH4+ viene metabolizzato da un consorzio batterico composto da Nitrosomonas europaea e Nitrobacter winogradskyi che producono lo ione nitrato NO3–, ;
- In questo compartimento, le piante e quelli che vengono chiamati cianobatteri, sfruttano questa molecola come fertilizzante. I processi che si susseguono in questa fase portano cibo, acqua e ossigeno all’equipaggio, attraverso il quale il ciclo ricomincerà[4];
- L’equipaggio consuma le risorse e produce scarti che rientrano nel ciclo.
Questo processo quindi sarebbe in grado di fornire un’efficienza sufficiente ad affrontare viaggi di lunga durata nello spazio. Tuttavia sono presenti alcune criticità legate alla sopravvivenza e alla resa dei microorganismi dovute alle condizioni fisiche cui essi sono sottoposti.
Microgravità, radiazioni e condizioni di crescita nello spazio
Le due grandi differenze che i microorganismi devono affrontare nello spazio rispetto alla Terra sono:
- l’assenza di gravità
- radiazioni più intense.
Questi due fattori sono molto importanti nei viaggi nello spazio, infatti, sono da considerare elementi fondamentali tra le condizioni di crescita di organismi e microorganismi. Tutti gli organismi sulla Terra sono adattati a una gravità e a una certa intensità di radiazioni, fatta eccezione per alcuni, come ad esempio i funghi radiotrofici che vivono e crescono in prossimità di radiazioni a concentrazioni elevate.
Durante i viaggi nello spazio invece, le radiazioni ionizzanti sono più intense. Queste possono causare danni diretti e indiretti alle molecole biologiche, soprattutto se si considera un’esposizione prolungata. Grazie a meccanismi di riparazione del DNA e complesse risposte fisiologiche ancora non ben definite, determinati microorganismi riescono a sopravvivere e a svolgere le loro funzioni principali[5]. Tra quelli citati, R.rubrum è stato selezionato per la capacità di svolgere il suo metabolismo nonostante queste condizioni.
Inoltre, per stabilire come l’assenza di gravità influisca sui microorganismi, sono state effettuate delle prove sull’ISS e a gravità simulata sulla Terra. A quanto pare l’assenza di gravità influisce su tutti gli aspetti biologici della cellula batterica. Nonostante si sappia ancora poco sulle risposte molecolari delle cellule batteriche gli studi sui consorzi di MELiSSA sono promettenti. Dopo 7 giorni, i consorzi batterici sull’ISS subiscono una riduzione generale della biomassa, ma svolgono con successo i loro processi di nitrificazione[5]. Quindi dove possiamo arrivare oggi e dove potremmo arrivare domani?
Conclusioni
I sistemi di supporto vitale biorigenerativi giocheranno ruoli applicativi chiave in futuro, sia sulla Terra che nello spazio, rivoluzionando le tecnologie di oggi. Attualmente sono in corso i preparativi del programma ARTEMIS che riporterà l’uomo sulla Luna nel 2025 e porrà le basi per viaggi spaziali a più lunghe distanze, come ad esempio verso Marte. Sistemi BLSS come MELiSSA, oggi sono in sviluppo per supportare la vita umana sulle basi lunari. Dalla Luna, infatti, si potrà raggiungere il pianeta rosso con facilità, e forse anche pianeti più distanti del nostro sistema solare. Sulla Terra, invece, i BLSS potrebbero trovare potenziale applicativo nell’industria per il recupero e il riciclo di materie prime, con lo scopo quindi di aiutare a risolvere problemi ambientali[5]. Per minimizzare i costi e massimizzare l’efficienza e la stabilità di questi sistemi sono necessarie ulteriori ricerche e la riuscita nella realizzazione di questi progetti sarà possibile solamente integrando aspetti ingegneristici con quelli biotecnologici.
Referenze
- Bagdigian et Al. 2015. “International Space Station Environmental Control and Life Support System Mass and Crewtime Utilization in Comparison to a Long Duration Human Space Exploration Mission”, in 45th International Conference on Environmental Systems;
- Greenwood et Al. 2018. “State of NASA Oxygen Recovery”, in 48th International Conference on Environmental Systems;
- Pickett, M.T. et Al. 2020. “Regenerative water purification for space applications: needs, challenges, and technologies towards closing the loop”. Life Sci Space Res 24, 64-82;
- Ilgrande, C. et Al 2019b. “Reactivation of microbial strains and synthetic communities after a spaceflight to the international space station: corroborating the feasibility of essential conversions in the MELiSSA loop”. Astrobiology 19, 1167-1176;
- Verbeleen, T. et Al 2021. “Development of nitrogen recycling strategies for bioregenerative life support system in space”. Frontiers in microbiology 12, 1-17.