Un ponte di carbonio per le connessioni nervose
Può sembrare visivamente solo un groviglio di filamenti colorati, una sorta di strana impalcatura visivamente interessante, ma priva di funzionalità. O è forse un’immagine costruita artificialmente senza un preciso scopo, se non quello grafico? Mai ipotesi sarebbe più errata all’osservazione di certe immagini; esse sono il frutto di una ricerca lunga e complicata, animata da più parti e da più gruppi di studio. Tale reticolo è infatti il prodotto della coordinazione tra la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, l’Università di Roma Tor Vergata e l’Università di Trieste, confluita in uno studio che ha avuto l’onore di comparire nella prestigiosa rivista Science Advances.
La sinergia creata tra tutti questi nuclei di studio ha permesso di scoprire che un particolare materiale (la costruzione tridimensionale costituita dai nanotubi di carbonio) può essere un utile sostegno per lo sviluppo di fibre nervose. Tale connessione, che permette quindi di riallacciare anche sezioni tissutali separatesi, non funge solo da elemento collante, ma ha persino la capacità di far mantenere la natura funzionale delle aree stesse.
Secondo quanto emerge dallo studio, tale materiale potrebbe essere una valida soluzione da sfruttare negli interventi biomedici relativi alla costruzione di impianti cerebrali vista la sua enorme biocompatibilità.
Un ponte di carbonio per le connessioni nervose – Il percorso dello studio
Inizialmente valutato come strumento con la funzione di eliminazione marina degli idrocarburi, come sottolineato da Laura Ballerini, coordinatrice dell’intera ricerca, solo successivamente ne è stato ipotizzato un uso correlato ai tessuti cerebrali, partendo dall’analisi del materiale con tessuti nervosi in vitro.
In particolare i test sono stati effettuati su due sezioni in coltura di midollo spinale.
In condizioni normali le fibre nervose, se separate, crescono in linea retta, non congiungendosi necessariamente con i tessuti circostanti; la presenza di questo materiale tubolare, invece, spinge a una crescita spontanea, facilitata dalla spugna carboniosa, verso l’altra sezione.
Oltre alla connessione fisica è stata dimostrato anche un legame funzionale, studiato dal professor Davide Zoccolan. Grazie a tecniche inerenti l’elaborazione dei segnali nervosi, è emerso che in presenza dei microtubuli si ha correlazione di attività nervosa tra le due sezioni e che, stimolando elettricamente una delle due, anche l’altra porzione registra un segnale di natura elettrica.
Per poter sfruttare tale risorsa in modo applicativo si è reso però necessario un passaggio ulteriore e successivo alla sperimentazione in vitro: bisognava infatti dimostrare che il materiale potesse essere assunto da un umano senza effetti patogeni. Impiantando perciò porzioni microtubulari nel cervello di ratti sani, dopo quattro settimane non sono stati riscontrati effetti teratogeni: non ci sono state cicatrici significative, né risposte immunitarie eccessive.
Le prove d’efficacia della nuova tecnologia di origine carbonica sono solo il primo baluardo a cadere negli studi relativi all’azione umana su tessuti tanto delicati come quelli del sistema nervoso. Forte comunque della sua longeva origine collaborativa, tale ricerca può sicuramente aprire la strada a numerosi gruppi di studio che possano nel tempo ampliare le tecniche di miglioramento degli impianti neurali.
Bibliografia e immagini: Comunicato stampa SISSA