Chi si approccia allo studio delle Scienze della Vita, che siano Biologia, Biotecnologie o Scienze Naturali, lo fa per i motivi più disparati.
Qualcuno ci si avvicina per vivo interesse per la materia di studio. Altri le usano come ripiego per non aver passato i test di ammissione di Medicina o Veterinaria.
Raramente, però, le ragioni di questa scelta dipendono dal progetto di svolgere un determinato lavoro.
Pensateci bene: chi studia Odontoiatria sa che farà il dentista, una professione ben consolidata; anche chi studia Architettura sa da prima cosa è e cosa fa un Architetto.
Ma cosa fa un Biologo? Cosa fa un biotecnologo? Cosa fa uno Scienziato Naturalista?
Prima di approcciarci a questo mondo, ci possiamo immaginare qualcuno che sta tra gli animali: una sorta di inviato di Super Quark.
Oppure, grazie ai telegiornali abbiamo l’immagine del Ricercatore in camice bianco che scopre cose interessanti. Quasi mai chi viene presentato come ricercatore in TV lo è veramente, poi. I più sono Dottorandi o Assegnisti, cioè precari della ricerca.
Quello che non possiamo immaginare è che questo è solo un infinitesimo della realtà, solo pochi fortunati faranno il Biologo Marino, il Divulgatore o il Ricercatore.
La stragrande maggioranza è avviata a fare lavori di cui nessuno mai aveva sentito parlare prima di essere alle prese con la ricerca di lavoro.
Questo sempre che riesca a mettere a frutto la laurea e non vada a fare tutt’altro.
Per questo motivo, per permettere di fare una scelta consapevole, è utile che chi si trova a dover scegliere se iscriversi a Biologia o Scienze Naturali sappia cosa lo aspetta dopo, quale sarà il suo futuro.
Per rispondere a questi bisogni c’è da oggi la rubrica “Un lavoro da Biologo”, nella quale tenterò di passare in rassegna tramite racconti di esperienza personale oppure riportata da colleghi che hanno affrontato percorsi differenti dal mio la pletora di occupazioni per le quali è necessaria oppure anche solo gradita la laurea in Biologia o Scienze Naturali.
Il tecnico di controllo qualità microbiologica
Cosa fa un tecnico di controllo qualità microbiologica?
È stato il mio primo lavoro da Biologo: lo ho svolto per una azienda farmaceutica internazionale contoterzista, cioè che produceva i farmaci per conto di altre aziende. Quindi niente Ricerca e Sviluppo, solo produzione.
Per la natura dei farmaci, sono le persone che non stanno bene, in qualche grado immunodepresse, ad assumerli. È quindi essenziale che contengano il minor numero possibile di batteri in grado di divenire magari patogeni opportunisti.
Nel caso dei farmaci somministrati per via endovenosa questo numero deve essere tassativamente zero. Per assicurare la loro sterilità, le aziente di producono in Aree Sterili dove gli operatori devono vestirsi e comportarsi secondo rigide regole. Anche l’acqua utilizzata ovviamente deve essere sterile, e così i macchinari.
Chi controlla che i comportamenti degli addetti alla produzione e l’architettura stessa delle operazioni abbiano portato al risultato voluto, cioè la sterilità, è il tecnico di controllo qualità microbiologica.
Le acque di produzione
Tra le sue mansioni vi sono entrare quotidianamente nelle zone di produzione vestito allo stesso modo degli operatori di produzione, cioè con delle tute integrali antitraspiranti in Tyvek, le stesse che indossano gli operatori di Polizia Scientifica per non contaminare la scena di un crimine per intenderci, mascherina chirurgica, due paia di guanti chirurgici, sovrascarpe ed effettuare il campionamento dell’Acqua per Farmaci Iniettabili (l’acronimo più utilizzato viene dall’inglese ed è WFI) da appositi punti di prelievo posti in snodi strategici dell’impianto idraulico.
Quest’acqua deve essere analizzata alla ricerca di batteri vivi e muffe tramite filtrazione e piastramento dei filtri su appositi terreni di coltura per farli crescere in colonie e contarli.
La ricerca dei batteri morti, ugualmente pericolosi per la risposta infiammatoria che potrebbero indurre nel paziente, viene invece effettuata mediante saggi immunoenzimatici, per esempio il saggio del Lisato di Amebociti di Limulo (LAL Test).
I prodotti semilavorati
Gli operatori di Controllo Qualità ricercano batteri e muffe anche nei prodotti semilavorati, cioè miscele di eccipienti e principio attivo. Gli operai di produzione campionano infatti il famaco nei vari passaggi della lavorazione per mandare quei campioni, chiamati Bioburden, in laboratorio analisi.
I Bioburden non vengono filtrati direttamente. I rigidi protocolli stilati per ogni singolo tipo di Bioburden prevedono, infatti, una serie di diluizioni della soluzione madre. Sarà ognuna di queste diluizioni a essere filtrata con un medesimo filtro, lavato con una soluzione appropriata tra ogni passaggio e il successivo.
Controllare la sterilità del prodotto finito è invece compito molto più delicato, tanto che si effettua all’interno di un Isolatore. Lo possiamo immaginare come una grande bolla di plastica, internamente sterile, dentro la quale il tecnico opera pur rimanendo all’esterno, tramite dei guantoni che fanno parte della parete.
I monitoraggi ambientali
Per monitorare la sicurezza microbiologica degli operatori e delle superfici di lavoro nei locali di produzione si utilizzano direttamente delle piastre di Petri modificate di modo che il terreno di coltura possa appoggiarsi direttamente per terra, o sulla parete da campionare, oppure ancora in specifiche parti della tuta dell’operatore di produzione di cui si vuole valutare la capacità di rimanere sterile durante le operazioni.
I tecnici di Controllo Qualità monitorano dal punto di vista microbiologico anchel’aria. Questo grazie ad appositi campionatori a volume fisso che la insufflano su un terreno di coltura solido in una piastra di Petri.
Le piastre provenienti dal controllo delle superfici, dell’aria, dei Bioburdens o dell’acqua vengono incubate per permettere alle colonie batteriche di crescere e di essere contate e poi alcune di esse dovranno essere identificate, che è l’ultimo importantissimo compito del laboratorio di controllo qualità microbiologica. Questo può avvenire tramite kit di saggio per singole tipologie batteriche, tramite tecniche cromatografiche per distinguere il profilo dei fosfolipidi di membrana tipico per ogni genere oppure negli ultimi anni anche grazie a tecniche di biologia molecolare.
Chi può fare il Tecnico di Controllo Qualità Microbiologica?
Negli anni passati le figure più richieste per effettuare il Controllo Qualità Microbiologico erano diplomati agli istituti Tecnico/Biologici. Il trend attuale è però a favore di laureati in Biologia, Biotecnologie e CTF (Chimica e Tecniche Farmaceutiche).
Cosa aspettarsi?
Nonostante si tratti di un lavoro di laboratorio, l’approccio alle analisi è molto diverso da quello che si può trovare in laboratori di ricerca.
In un laboratorio di ricerca, giocoforza, si sperimenta. Ogni protocollo sperimentale, anche quando coinvolge delle tecniche assodate, deve essere calibratro con la cognizione delle particolarità della particolare domanda cui si deve dare risposta. Nella ricerca serve quindi padroneggiare la teoria, sia delle tecniche utilizzate per variarle e innovarle, sia dell’ambito nel quale le si applica.
In un laboratorio di controllo qualità l’approccio è totalmente differente. Nel ruolo di operatore non si è chiamati ad avere alcuna conoscenza teorica che non sia quella di rigidi protocolli chiamati SOP (Standard Operative Procedures), da avere necessariamente a fianco durante ogni analisi.
Le SOP descrivono i passaggi da svolgere in ogni procedura a un grado di dettaglio che rasenta la pedanteria e che non consente interpretazione, di modo da non permettere il minimo errore nell’esecuzione.