Se state seguendo un percorso di studi in Scienze della Vita (Biologia, Biotecnologie, Scienze Naturali) oppure avete appena conseguito una laurea in una di queste discipline, forse vi starete chiedendo quali sono le vostre opzioni di carriera. Non è sempre chiaro che lavoro faccia esattamente un biologo, come guadagnarsi il pane se hai studiato Scienze Naturali, cosa aspetta un biotecnologo che non voglia fare ricerca. Se avete di queste domande, siete nel posto giusto. Questa rubrica, infatti, si prefigge proprio di essere una fotografia di quali sono i lavori che richiedono professionalità “Bio”. Scoprirete che sono davvero tanti!
Oggi esploriamo il lato naturalistico della biologia parlando di colui che valuta lo stato di salute degli ambienti di acqua salata, l’ecologo marino. Ci racconta la sua esperienza Paolo Balistreri.
In che ambito è inserita questa figura
Gli esseri umani, con la loro attività, hanno un impatto negativo sull’ambiente marino. Vi sono quelle di portata più vasta come l’attuale Crisi Climatica, l’avanzata globale delle specie aliene oppure l’accumulo delle microplastiche e vi sono quelle che hanno un impatto più locale.
Per fare qualche esempio: la costruzione di un porto o di una semplice banchina, l’immissione di reflui industriali o domestici, il traffico navale, la costruzione di piattaforme estrattive sopra a giacimenti di idrocarburi posti al largo della costa come anche le attività di prospezione che la precedono. Anche la pesca e l’allevamento ittico, detto acquacoltura, hanno un impatto sull’ecosistema marino.
Le istituzioni europee, e di conseguenza quelle degli Stati Membri, prevedono degli strumenti noti come Valutazione di Impatto Ambientale (VIA, Direttiva 85/337/CEE) e Valutazione Ambientale Strategica (VAS, Direttiva 2001/42/CE). Questi strumenti legali impongono studi ad hoc per ogni intervento umano potenzialmente impattante su fauna e flora.
Il mare, ovviamente, non fa eccezione.Quindi le aziende, i consorzi di pesca o anche i privati cittadini che devono costruire qualcosa che abbia potenzialmente effetto sull’integrità degli ecosistemi marini si affidano a professionisti in grado di valutare lo stato di salute iniziale delle comunità biologiche marine stimando quale sarà l’impatto su di esse, di ideare e proporre accorgimenti per ridurlo in fase di progettazione e ripetere poi queste valutazioni durante la vita dell’opera per monitorare la correttezza delle previsioni. Questi professionisti, ovviamente, sono gli ecologi marini.
L’Ecologo Marino
Tra i suoi ruoli vi è quello di interpretare gli ecosistemi marini anche attraverso gli organismi detti indicatori, solitamente i più sensibili alle variazioni delle condizioni ambientali e, quindi, i primi a risentire dei disturbi dovuti all’attività umana facendo da “campanello di allarme” per gli effetti negativi sull’intero ecosistema locale.
Il monitoraggio degli indicatori di buona salute ambientale inizia con un’attenta pianificazione. In base al progetto di cui deve valutare l’impatto, il professionista esamina la bibliografia per capire quale indicatore esaminare e con che tipo di campionamento. Poi stende delle relazioni scientifiche preliminari per illustrare ai committenti il lavoro che svolgerà, le sue basi scientifiche e i suoi metodi.
Un progetto parte effettivamente con la pianificazione dei campionamenti e delle osservazioni, con la loro esecuzione e la successiva fase di analisi statistica. Per le opere realizzate vicino alla costa, sono adatti organismi indicatori che vivono a profondità molto basse, raggiungibili in snorkelling. Un’altra caratteristica che li rende ottimi indicatori è che siano sessili. Questo significa che si ancorano al fondale, agli scogli e alle altre strutture solide senza mai spostarsi, come molte alghe.
L’ecologo marino utilizza strumenti molto semplici, come degli appositi quadrati, per delimitare delle superfici di area nota e stimare, ad esempio, la loro copertura percentuale.
Un esempio in particolare narratoci da Paolo riguarda i campionamenti di Caulerpa cylindracea, un’alga verde aliena nel Mediterraneo che gli è capitato di dover monitorare per capire il suo impatto sui Marciapiedi a vermeti. Questi habitat rappresentano la “versione mediterranea” delle barriere coralline e sono quindi tutelati per via di questa specificità.
Campionamenti a profondità maggiori possono richiedere invece immersioni vere e proprie in tenuta subacquea e interessare organismi come coralli, gorgonie o molluschi. Per esempio una specie indicatore tra i molluschi è la famosa Pinna nobilis, bivalve capace di raggiungere dimensioni considerevoli.
A profondità molto elevate si può inoltre ricorrere a “transetti” effettuati da robot subacquei come il ROV. Questo strumento acquisisce tutte le informazioni video, da cui poi vengono estrapolati frammenti per effettuare una conta degli organismi sessili e verificarne lo stato di salute.
I campionamenti di pesci di alto mare sono solitamente effettuati col supporto di pescatori di professione. Quelli di loro che collaborano con i biologi, gli riportando esemplari delle specie indicate che siano incappati nelle loro reti.
Chi lo può fare
L’ecologo marino è solitamente un laureato in Ecologia Marina, Biologia se improntata a curricula bio-ecologici o Scienze Naturali, ma soprattutto è un esperto del suo settore. Può cominciare effettivamente a essere tale, e quindi a lavorare, quando può dimostrare sia una forte preparazione teorica, sia una comprovata esperienza pratica. Sostanzialmente deve già essere un professionista e quindi la laurea è solo un punto di partenza. Occorre specializzarsi in ogni occasione possibile: con tesi, collaborazioni e tirocini. Se possibile, è meglio cominciare il prima possibile a produrre pubblicazioni scientifiche. Attestano la propria expertise e aiutano molto, per esempio, in caso di concorsi pubblici. È importante anche farsi molti contatti e referenze, che torneranno utili nel corso della propria carriera.
L’autopromozione è molto importante per aumentare la sensibilità della popolazione sui temi ambientali e anche per procacciarsi nuovi committenti. Un buon professionista è, quindi, sicuramente dotato di buone capacità divulgative e dell’intelligenza sociale utile a mantenere rapporti duraturi con molti soggetti diversi.
Cosa aspettarsi
Gli ecologi marini solitamente sono liberi professionisti chiamato da differenti clienti privati ed istituzionali. Non mancano anche gli ecologi inquadrati in enti pubblici di tutela ambientale. Altri operano all’interno di associazioni ambientaliste, mentre sono poche in Italia le società private che si occupano di monitoraggi ambientali.
Uno degli ostacoli maggiori per la professione è che l’interesse verso l’ambiente è cronicamente basso in Italia. Soprattutto in situazioni in cui può andare in conflitto con interessi economici. Per far fronte a questa e ad altre sfide, come l’aggiornamento delle normative di riferimento, occorre essere perseveranti, curiosi e dedicarsi a studio e approfondimento costanti.