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Tecnico di Controllo Qualità Chimica: un lavoro da Biologo

Benvenuti alla terza puntata della rubrica “Un lavoro da Biologo“, nella quale facciamo un po’ di luce sulle molteplici carriere disponibili per i laureati in discipline scientifiche afferenti alle Scienze della Vita (Biologi, Naturalisti, Scienziati Ambientali, Biotecnologi) ma delle quali magari non si era mai sentito parlare.
Perché oltre alla ricerca scientifica c’è un mondo! Oggi torniamo a parlare di una professione legata all’industria farmaceutica, il Tecnico di Controllo Qualità Chimica (ci eravamo occupati della sua controparte microbiologica in questo articolo).

Ci racconta della sua esperienza Damiano Giove, laureato in Biotecnologie che ha lavorato per una piccola/media impresa, cioè con meno di 50 dipendenti.

In che ambito opera il Tecnico di Controllo Qualità Chimica

La produzione farmaceutica è un’attività che può generare grandi rischi.

I farmaci hanno il compito di migliorare lo stato di salute di persone malate. Se hanno dei difetti, delle impurità o delle contaminazioni rischiano però di peggiorarlo ancora di più.

Per evitarlo esistono dei massicci corpi normativi noti come Farmacopee, ovvero raccolte di procedure internazionalmente riconosciute come le migliori disponibili per gestire tutte le fasi di produzione, controllo qualità e analisi di un farmaco e delle materie prime utilizzate.

Il Tecnico di Controllo Qualità Chimica è la figura responsabile di eseguire routinarimente le procedure di analisi chimica. Si occupa del prodotto finito, delle materie prime, dei semilavorati e dell’acqua di produzione, come anche della qualità fisico/chimica degli ambienti di produzione.

Per poterci addentrare nello specifico di queste varie mansioni ho chiesto a Damiano di tratteggiarmi una sua giornata tipo.

Il Tecnico di Controllo Qualità Chimica

Per produrre un farmaco serve acqua e se la sua qualità non è conforme ai parametri la produzione non può avvenire. Il tecnico si occupa per prima cosa di campionare le acque di produzione da degli appositi punti-prelievo. Con poche eccezioni sono gli stessi utilizzati dai suoi colleghi del CQ Microbiologico.

In seguito controlla lo stato visivo e le scadenze di tutti i reagenti presenti nelle scorte, anche di quelli autoprodotti dal laboratorio.

In seguito può passare alle analisi del prodotto finito, dei semilavorati e delle materie prime. Il loro campionamento non può essere assolutamente svolto dal medesimo personale che svolgerà le analisi chimiche. Questo per evitare di falsare le analisi portando eventuali contaminazioni ambientali dal laboratorio alla zona di campionamento.

Del prodotto finito deve controllare i parametri fisici, come la durezza e il tempo di dissoluzione di una compressa. Per quest’ultima analisi utilizza il Dissolution Test, che simula le condizioni di acidità presenti nello stomaco umano.

Poi passa a ricercare eventuali contaminazioni da metalli pesanti, uno su tutti il piombo, tramite saggi colorimetrici.

Altre analisi sono mirate a identificare le specie chimiche presenti nel prodotto, tra cui ovviamente il principio attivo, e stabilire che le loro concentrazioni rientrino nei limiti stabiliti.
Questo viene reso possibile da una serie di tecniche differenti come l’HPLC, la Spettrofotometria InfraRossa , la misurazione dell’Assorbanza agli UltraVioletti e la GasCromatografia.

HPLC

In ogni caso il tecnico dovrà comparare gli spettri che costituiscono l’output di queste analisi con quelli dei campioni di sostanza garantita esente da impurità, dati dal fornitore.

Queste analisi, così come quelle microbiologiche, vengono effettuate anche più volte nel corso dello stoccaggio di una materia prima per verificarne la tendenza a deperire in determinate condizioni di immagazzinamento.

Con i cosiddetti Test di Stabilità invece queste analisi permettono di monitorare il prodotto finito a determinate scadenze dopo la produzione (test utili, appunto, a determinare la data di scadenza).

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In ultimo dal laboratorio il tecnico può passare, soprattutto in realtà di piccola/media impresa, all’ufficio, occupandosi di stilare i certificati di analisi.

Questi sono i documenti ufficiali che attestano le avvenute analisi sul lotto di prodotto per permetterne il rilascio. Contengono ogni genere di informazione su tutto ciò che è coinvolto nella produzione e nell’analisi, a partire ovviamente dai risultati ma anche ogni reagente utilizzato e la sua data di scadenza.

Questa attenzione può sembrare maniacale ma ha lo scopo di evidenziare senza possibilità di equivoci quale sia la causa di una eventuale non conformità che causi il divieto di rilascio di un lotto.

Un altro compito di ufficio del Tecnico di CQ Chimico è quello di monitorare la qualità ambientale scaricando una volta al mese i dati di umidità e temperatura degli ambienti di produzione registrati da degli apparecchi chiamati EcoLog.

Chi può fare il Tecnico di Controllo Qualità Chimica?

Per divenire Tecnico di Controllo Qualità Chimico serve una preparazione di base sulla chimica inorganica. Questo livello di formazione viene fornita da numerosi corsi di laurea scientifici e anche dall’istruzione tecnica superiore.

Cosa aspettarsi?

Come si può intuire il Controllo Qualità è un lavoro strettamente esecutivo, regolato da procedure (SOP) estremamente dettagliate. Proprio per via dei continui cambiamenti tecnologici e di normativa vigente la professione del CQ richiede dei continui aggiornamenti.

Damiano racconta inoltre che nella sua esperienza vi sono stati margini di libertà operativa, per esempio gestendo in autonomia l’ordine delle analisi da effettuare.

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