La memoria nell’uomo è provato sia situata nella zona cerebrale dell’ippocampo, appartenente al sistema limbico, deputato soprattutto alla memoria a lungo termine e alla navigazione spaziale. E’ di due tipi, ma ciò che è più importante è che ha, nel cervello umano, una forma di cavalluccio marino (dal greco: Hyppos=cavallo). Originariamente si pensava che questi fosse coinvolto nell’olfatto, supposizione presto smentita anche da esperimenti in tal senso, effettuati persino sugli stati d’ansia, per i quali ne scoprì una relazione lo studioso: Jeffrey Gray.
Soprattutto le sue scoperte portarono ad individuare questa parte del cervello come comprovata ubicazione della memoria.
Ma il ruolo che questa parte del nostro sistema nervoso centrale occupa nel ricordare, le sue funzioni sono pressocchè ancora fonte di dibattito. Intanto si effettuano ogni giorno studi su varie funzioni del cervello, sia nelle relazioni mnemoniche con gli altri sensi che in altri settori del comportamento umano neuronale e cerebrale. E questi studi, (soprattutto cognitivi), in particolare effettuati proprio sulla memoria, si usano spesso attraverso esperimenti di registrazione e stimolazione con microelettrodi.
La scienziata Susann Courtney e suoi collaboratori, ad esempio, usano la RM (Risonanza Magnetica) Funzionale per investigare sull’ubicazione dell’area della memoria spaziale nell’uomo, appunto. Questo tipo di studi possono essere rimpiazzati dalla TMS (stimolazione magnetica transcraniale) ed è un metodo comprovato ad oggi. In sostanza: si provocano “lesioni” reversibili nel cervello su volontari umani.
Nonostante questo esperimento scientifico non penetri le strutture più profonde (e non sia ad alta risoluzione spaziale), è una tecnica che risulta efficace se associata ad altre di IMAGING.
Ciò ha dimostrato, negli esseri umani, condizioni di comportamento che avvengono sotto rilascio di dopamina e illustra l’abilità della PET nel rilevare i flussi dei neurotrasmettitori nel nostro cervello. Altro metodo usato da scienziati statunitensi, consiste nel rivelare con metodo di RM la traccia della direzione della più veloce propagazione dell’acqua, riportando così le traiettorie delle fibre.
Come in una figura, nello studio di elaborazione di imaging, ad esempio, e di scansioni prodotte da RM Funzionale si localizzano aree non visive con tecniche diagnostiche come la MEG e l’EEG. Con la TMS e la PET soprattutto, si possono rilevare le connessioni di aree del cervello a loro volta attraverso incrementi nel flusso sanguigno cerebrale. Inoltre la PET e altre tecniche di IMAGING hanno portato ad identificare aree umane chiave coinvolte nel dolore e le loro interazioni con esso.
Redatto Michela Gabrielli.