Il T. rex, nome con cui viene comunemente chiamato il Tyrannosaurus rex, è probabilmente il dinosauro più iconico e conosciuto. Molti di voi lo ricorderanno per il ruolo centrale avuto nella saga di Jurassic Park. Con i suoi 12-14 m di lunghezza e 4,5 m circa di altezza, però, ha catturato l’attenzione anche di molti ricercatori. Era uno dei carnivori più grandi che abbiano mai abitato la terra, dopotutto! Fino ad ora, pensavamo che questa fosse l’unica specie del genere Tyrannosaurus, o quantomeno era l’unica a noi nota.
Tuttavia, sembra difficile immaginare che un genere sia composto da un’unica specie. D’altronde, anche se noi sapiens siamo l’unica specie esistente del genere Homo, abbiamo convissuto in passato con altre specie umane, oggi estinte. Sulla base di ciò, alcuni ricercatori si sono interrogati circa il numero di specie esistite del genere Tyrannosaurus[1], ma i loro risultati sono presto stati smentiti da uno studio più recente[2].
Lo studio
Ricerche precedenti, condotte su diversi scheletri di Tyrannosaurus, avevano mostrato come sia presente una certa variazione tra i campioni nella robustezza del femore e nella dentatura, in riferimento al numero di incisivi. A partire da questi risultati, Gregory S. Paul e collaboratori hanno deciso di osservare tali differenze in 37 scheletri di T. rex per valutare se queste possano essere significative per una distinzione a livello di specie.
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Gli autori hanno comparato i femori a livello della loro robustezza e le mandibole superiori nel numero di coppie di incisivi. Successivamente, hanno rapportato le differenze anatomiche dei diversi campioni alla loro distribuzione stratigrafica, cioè allo strato di suolo da cui provenivano. I dati prodotti dalle analisi hanno portato gli autori a riconoscere tre specie diverse del genere Tyrannosaurus. Queste sembrano aver preso origine per divergenza evolutiva da un antenato comune dotato di femori robusti e di una doppia coppia di incisivi.
Due nuove specie di Tyrannosaurus?
La prima specie, nominata Tyrannosaurus imperator dagli autori, ha mantenuto in gran parte le caratteristiche dell’antenato da cui si è sviluppata (femori robusti e due coppie di incisivi) ed è rappresentata dagli scheletri dello strato inferiore e in parte di quelli dello strato intermedio.
La seconda, Tyrannosaurus regina, è rappresentata dagli scheletri situati nello strato superiore e intermedio che presentano femori fragili e due coppie di incisivi.
Infine, la terza specie è l’unica riconosciuta fino a questo momento, cioè Tyrannosaurus rex, ed è caratterizzata da femori robusti e dalla presenza di una sola coppia di incisivi. A questa appartengono quegli individui i cui scheletri sono collocati nello strato superiore e intermedio.
Ma è davvero così?
Uno studio ancora più recente sembra però confutare quanto appena esposto[2], andando ad alimentare i dubbi rimarcati dagli stessi fautori dell’ipotesi multispecie. In particolare, la critica è stata mossa nei confronti della metodologia utilizzata che è stata attaccata sotto diversi punti. Ad esempio, il numero di scheletri analizzati era piuttosto basso (37) per studi paleontologici volti ad assegnare lo stato di nuova specie tramite indagini comparative. Inoltre, 16 dei 37 reperti analizzati provengono da privati. Ottenere dati da campioni non in possesso di enti pubblici porta all’insorgenza di problematiche nell’attendibilità del risultato e nella possibilità di replicarlo.
Questo nuovo studio porta evidenze che sembrerebbero attribuire la variazione osservata ad un’incredibile variabilità individuale intraspecifica (all’interno della stessa specie), piuttosto che interspecifica (tra specie diverse).
Conclusioni
L’attribuzione di organismi a specie diverse è una sfida comune nella branca delle scienze naturali, che spesso porta all’insorgenza di dibattiti. Decidere che un organismo appartiene a una nuova specie è complesso anche nel caso di quelli attualmente in circolazione, che possiamo quindi sia osservare, sia analizzare con metodologie molecolari all’avanguardia. Figuriamoci per organismi estinti il cui DNA, a causa della frammentazione, non può essere analizzato. In quest’ultimo caso, i paleontologi possono avvalersi solo di analisi dei reperti a livello morfologico per cercare tratti comuni e distinti tra i campioni. Per questo motivo, nell’ambito della paleontologia, per poter parlare di nuove specie è condizione necessaria che gli studi vengano supportati da ogni evidenza replicabile possibile, cosa che gli autori dello studio originale[1] non hanno considerato.
Sebbene sia lecito pensare che il famoso Tyrannosaurus rex avesse condiviso il ruolo di predatore alfa con specie gemelle o molto affini, la strada intrapresa per verificarlo non sembra quella corretta.
In molti casi, dal confronto tra diversi gruppi e linee di ricerca emerge la consapevolezza che qualcuno di loro ha commesso degli errori. Anche l’errore ha un enorme valore, nella scienza, perché se non ci mostra la strada da percorrere, ci fornisce sicuramente una chiara indicazione su quella da evitare, giocando un ruolo essenziale nell’avanzamento delle conoscenze. Come è solito dirsi, la scienza è fatta di prove ed errori e i secondi sono importanti tanto quanto le prime.
Referenze
- Paul, G. S., Persons, W. S., & Van Raalte, J. (2022). The Tyrant Lizard King, Queen and Emperor: Multiple Lines of Morphological and Stratigraphic Evidence Support Subtle Evolution and Probable Speciation Within the North American Genus Tyrannosaurus. Evolutionary Biology, 49(2), 156-179;
- Carr, T. D., et al. (2022). Insufficient Evidence for Multiple Species of Tyrannosaurus in the Latest Cretaceous of North America: A Comment on “The Tyrant Lizard King, Queen and Emperor: Multiple Lines of Morphological and Stratigraphic Evidence Support Subtle Evolution and Probable Speciation Within the North American Genus Tyrannosaurus”. Evolutionary Biology, 1-15.