Il tetano è una patologia infettiva acuta in grado di indurre disturbi neurologici rilevanti, caratterizzati da spasmi muscolari incontrollabili e dolorosi. Se non opportunamente trattate, le contrazioni muscolari involontarie possono diffondersi e compromettere anche la funzionalità del sistema respiratorio causando, infine, il decesso dell’individuo[1].
L’agente infettivo
Il microrganismo responsabile è il Clostridium tetani, un bacillo anaerobio (che vive cioè in assenza di ossigeno), Gram-positivo e sporigeno. La sua diffusione è globale, ma è maggiormente presente nelle regioni con un clima caldo e umido, dove il terreno è ricco di materia organica. Vive nell’intestino degli animali (uomo compreso), anche in condizioni normali. Viene poi eliminato con le feci, colonizzando così l’ambiente. Ecco perché il batterio può penetrare l’organismo attraverso le ferite contaminate da terra, polvere o utensili venuti a contatto con feci[1].
Essendo un batterio in grado di crescere e sopravvivere solo in assenza di ossigeno, è consigliabile di tamponare sempre le ferite sanguinanti con del cotone imbevuto di perossido di idrogeno (acqua ossigenata), proprio al fine di eliminare eventuali batteri anaerobi che potrebbero contaminare la ferita.
Tuttavia, le ferite cutanee non sono l’unica porta di ingresso del batterio, il quale può penetrare nel corpo umano anche attraverso le punture di insetto, le siringhe infette, piercing o tatuaggi effettuati con aghi non accuratamente sterilizzati e bruciature non adeguatamente trattate. Sebbene queste siano le vie di penetrazione più comuni, diversi casi riportano contagi avvenuti tramite fratture composte, infezioni dentali, morsi di cane e interventi chirurgici eseguiti in condizioni non sterili[1, 2].
Si tratta di un’infezione batterica non trasmissibile. Infatti, dal momento che il patogeno responsabile non può essere trasferito da un individuo a un altro, non è considerata una malattia contagiosa[1, 2].
Dominio | Prokaryota |
Regno | Bacteria |
Phylum | Firmicutes |
Classe | Clostridia |
Ordine | Clostridiales |
Famiglia | Clostridiaceae |
Genere | Clostridium |
Specie | Clostridium tetani |
Forma | Bacillo |
Dimensioni | ̴ 0,5 x 2,5 μm |
Membrana | Gram + |
Capsula | No |
Mobilità | Flagelli |
Respirazione | Anaerobica |
Sporigeno | Si |
Tossine | Esotossine: tetanospasmina e tetanolisina |
Disponibilità di un vaccino | Sì |
Classificazione
Il Clostridium tetani si inserisce nella famiglia delle Clostridiaceae. Si tratta di un bacillo dalla morfologia banstoncellare, largo circa 0,5 μm e lungo approssimativamente 2,5 μm[3].
È un batterio Gram-positivo (per informazioni sulla colorazione di Gram leggi: Colorazione di Gram: identificare batteri Gram positivi e negativi), ma non è dotato di capsula. Il C. tetani possiede alcuni flagelli superficiali con funzione motile. Pertanto, è in grado di diffondersi attivamente all’interno dell’ospite[3].
Strategie di sopravvivenza

Il C. tetani adotta una strategia che gli permette di sopravvivere e affrontare condizioni ambientali avverse. Tale meccanismo è la sporulazione: quando si trova in ambienti poco ospitali per la sua proliferazione o che ne mettono a rischio la sopravvivenza, il batterio, nella sua forma vegetativa, genera una spora, resistente alle situazioni ambientali più ostili: essiccamento, ebollizione e persino alcuni disinfettanti (es. etanolo, fenolo). Le spore possono perdurare per anni nell’ambiente, in attesa di attivarsi una volta penetrate all’interno dell’ospite[1, 2].
Durante il processo di sporulazione (Fig.1), il C. tetani perde i suoi flagelli e assume la caratteristica forma a “bacchetta di tamburo”, in seguito alla formazione dell’endospora a una delle sue estremità[1, 3].
Patogenesi
Sintomo iniziale del tetano è la paralisi flaccida (che può interessare i singoli muscoli), cioè la perdita della mobilità volontaria, che si accompagna alla riduzione del tono muscolare. Per questo motivo, il tetano, soprattutto nelle prime fasi e nella forma cefalica (vedi paragrafo 6.3), può essere facilmente scambiato per un’infezione da Clostridium botulinum. Tuttavia, la paralisi caratteristica del tetano è quella spastica, la quale può essere concomitante a quella flaccida. Questa è caratterizzata dalla perdita del controllo muscolare volontario e da ipertonicità, determinando nel muscolo, un perenne stato di contrazione[1, 3].
Tossine
In seguito alla penetrazione all’interno dell’ospite, la forma vegetativa di C. tetani inizia a rilasciare 2 tipologie di tossine: la tetanospasmina e la tetanolisina.
La prima causa rigidità muscolare e spasmi mentre la seconda danneggia i tessuti. Infatti, quest’ultima è un’emolisina, cioè una tipologia di enzima in grado di distruggere, tramite lisi, i globuli rossi del sangue. Tuttavia, a essa non è imputabile in alcun modo lo sviluppo della patologia in questione. La tetanospasmina, invece, è una tossina neurotropa e, a differenza del batterio in sé, può migrare attraverso il circolo sanguigno e il sistema linfatico.
Essa è estremamente tossica per il sistema nervoso. Infatti, sono necessari appena 7 milionesimi di milligrammo per risultare letale per l’uomo[1, 2].
Modalità d’azione della neurotossina
A livello delle terminazioni periferiche delle cellule nervose, la tossina tetanica mostra una notevole affinità per alcuni recettori di membrana. Tale attrazione ne consente il passaggio all’interno dei nervi, per poi raggiungere il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale). Qui, la neurotossina interferisce con i neurotrasmettitori che regolano i motoneuroni, compromettendo, così, la contrazione muscolare. Infatti, viene bloccato il rilascio dei neurotrasmettitori inibitori GABA (acido gamma-ammino-butirrico) e glicina. Ciò significa che, a livello delle giunzioni neuromuscolari, vi sarà un continuo rilascio dei neurotrasmettitori eccitatori, senza possibilità di inibizione, che consentirebbe il termine dello sforzo muscolare. È in questo modo che viene impedito il controllo della muscolatura da parte del sistema nervoso, che risulta in una serie di contrazioni involontarie diffuse, tipiche della paralisi spastica[2, 4].
Meccanismo biochimico della tetanospasmina
Una volta rilasciata la tetanospasmina, una proteasi ne causa la scissione in 2 subunità: una costituisce la catena leggera e l’altra genera catena pesante (Fig. 3).

Le due porzioni esercitano la loro funzione a livello dei motoneuroni alfa, inficiando il rilascio dei neurotrasmettitori inibitori, che consentirebbero il rilassamento delle fibre muscolari in seguito alla contrazione. Questo perché il substrato della subunità maggiore è la sinaptobrevina II, una proteina SNARE, coinvolta proprio nel rilascio dei neurotrasmettitori inibitori (glicina e GABA).
Pertanto, le fibre muscolari si trovano in un perenne stato di eccitazione (ipertonicità). Ciò comporta la contrazione simultanea dei muscoli estensori e flessori[3].
Incubazione e sintomi
Il periodo di incubazione, in media, è di 10 giorni e nella maggior parte dei casi è compreso tra i 3 e i 21 giorni.
Nella forma più comune di tetano, il primo sintomo riconoscibile è la contrazione spastica del massetere della mandibola, che induce una condizione nota come trisma mandibolare, la cui comparsa può avvenire a partire dal quarto giorno dal momento dell’infezione, fino al cinquantesimo giorno. Tale contrattura rende problematico, se non impossibile, il semplice atto di aprire la bocca. Questo stato genera negli individui affetti un aspetto tipico, definito riso sardonico, simile a un sorriso forzato e del tutto involontario[3].
Successivamente, compaiono difficoltà nella deglutizione (disfagia), accompagnate da rigidità del collo[2].
Poco dopo la compromissione della porzione superiore del corpo, si manifestano i primi movimenti spastici nella zona del tronco, a partire dai muscoli addominali, per poi diffondersi in tutta la rete muscolare (arti compresi).
Tipico dell’infezione tetanica è anche l’opistotono: un inarcamento anomalo della colonna vertebrale che porta il capo a pendere all’indietro[4].
Ogni spasmo può durare alcuni minuti e viene scatenato anche da stimoli sensoriali (seppur minimi) come spostamenti d’aria, lievi pressioni e persino suoni e sorgenti luminose, causando dolore intenso per l’individuo che ne è afflitto, il quale rimane cosciente durante tutta la manifestazione della patologia[2, 3].
Alla perdita delle funzioni motorie si associano:
- problemi cardiaci (tachicardia, bradiaritmie e infarto);
- irritabilità;
- sudorazione;
- alterazione dell’espressione facciale (risus sardonicus);
- incontrollabilità della defecazione e della minzione;
- difficoltà respiratorie.
E non mancano le possibili complicazioni quali:
- ostruzione delle vie aeree;
- fratture ossee;
- danni al sistema nervoso;
- ulcere;
- coma.
In alcuni casi, si sono registrate complicanze neuropsichiatriche a lungo termine, alcune delle quali hanno, però, mostrano un recupero completo. I sintomi possono durare per settimane o mesi, con un tasso di mortalità del 10%; il rischio è più alto per i soggetti sprovvisti di immunizzazione.
Le forme del tetano
Tetano generalizzato
Il tetano generalizzato è la forma più comune: si verifica nell’80% dei casi. I soggetti affetti manifestano i sintomi caratteristici (spasmi, riso sardonico, rigidità muscolare) che peggiorano in rigidità degli arti, febbre, aritmia e perdita delle funzioni motorie. Gli spasmi si verificano nelle prime quattro settimane e il recupero richiede diversi mesi[5].
L’impossibilità di esercitare un controllo sulla muscolatura toracica, che si verifica con il progredire dell’infezione, degenera nell’impedimento dell’attività respiratoria che provoca, infine, la morte dell’individuo che ne è affetto.
Tetano locale
Come suggerisce il nome, il tetano locale è una manifestazione del tetano che coinvolge unicamente la zona in cui si è originata l’infezione, relegando perciò la paralisi a un unico gruppo muscolare[6]. Tale caratteristica lo rende meno grave, non trasformandosi in una forma sistemica. Questa tipologia di tetano può progredire in quello generalizzato, con un alto rischio di mortalità.
Sovente, può scatenarsi in seguito alla vaccinazione, se questa è stata effettuata in modo errato o poco scrupoloso[5].
Tetano cefalico
È una tipologia di tetano localizzato che interessa la porzione corporea apicale (prevalentemente collo e testa), dal momento che colpisce i nervi cranici. Si scatena in seguito alla contaminazione di ferite e lesioni a livello della testa, del volto, del cavo orale o in seguito a patologie dentarie[5].
Si tratta della forma meno comune, ma può peggiorare e tramutarsi in tetano generalizzato. I primi sintomi sono quelli caratteristici, che progrediscono in paralisi dei muscoli respiratori[6].
Tetano neonatale
In particolar modo, i paesi in via di sviluppo sono soggetti a una forma di tetano molto particolare, definito “tetano neonatale”.
In seguito alla recisione del cordone ombelicale con strumenti non sterili, i neonati posso incorrere a questo tipo di infezione[5, 6].
Dal momento che la risposta immunitaria nei primi mesi di vita dipende dagli anticorpi materni, se le madri non sono state vaccinate, i neonati non saranno in grado di sviluppare una risposta immunitaria adeguata e, nella maggior parte dei casi, l’infezione sarà loro letale[1].
I sintomi coinvolgono principalmente la muscolatura posteriore del tronco, per poi compromettere i muscoli deputati alla respirazione polmonare. Le diverse forme con cui si presenta, la complessità dei sintomi e la loro degenerazione, rendono difficile la diagnosi.
Diagnosi
La diagnosi del tetano è prettamente clinica, cioè basata sull’osservazione dei sintomi e sulla raccolta delle informazioni riguardanti le ferite del paziente, nei giorni antecedenti alla comparsa di questi. È possibile isolare il C. tetani solo nel 30% dei casi.
Spesso, la gravità del decorso clinico dipende dalla durata del periodo di incubazione: quanto più questo è breve, tanto più severa sarà la malattia[1].
Alcuni studi riportano l’utilizzo del “test della spatola” a fini diagnostici. Il test consiste nel toccare la parete posteriore della faringe, con la punta di una spatola e se tale azione causa una contrazione involontaria della mandibola, anziché indurre il riflesso del vomito, allora la diagnosi è positiva e ciò significa che il paziente ha contratto il tetano.
In caso di dubbio, il medico può procedere con il metodo delle diagnosi differenziali, basato sul principio di esclusione dei sintomi, fino ad arrivare a quelli che indicano con certezza l’insorgenza del disturbo in questione.
Le diagnosi differenziali prevedono l’individuazione di:
- encefalite (infiammazione del cervello);
- meningite (malattia del sistema nervoso di origine infettiva);
- encefalopatia epatica (disfunzioni del cervello causate da insufficienza epatica);
- aumento anomalo dell’attività elettrica cerebrale;
- distonia (alterazione del tono muscolare o del tessuto nervoso);
- emorragia intracranica (sanguinamento dovuto a un aumento della pressione all’interno del cranio).
Decorso e profilassi
Innanzitutto, va ricordato che siccome non si tratta di una malattia contagiosa, una volta accertata la diagnosi, non è richiesto di isolare il paziente[1].
Il primo accorgimento, da attuare ancor prima di qualsivoglia diagnosi, deve essere quello di eseguire un’accurata pulizia della ferita potenzialmente infetta. Tale disinfezione prevede l’impiego di soluzioni ossidanti, quali il perossido di idrogeno (acqua ossigenata) e il trattamento con antibiotici (es. penicillina, metronidazolo, eritromicina, clindamicina) per via orale o endovenosa, al fine di rimuovere le spore ed eliminare la forma vegetativa del batterio. Inoltre, è importante rimuovere l’eventuale tessuto necrotico dalla lesione, poiché questo contribuisce alla diffusione dell’infezione[1, 2].
Per moderare, invece, l’attività della tossina, si somministrano delle dosi di immunoglobulina umana antitetanica (da 3.000 a 6.000 unità). Affinché risulti efficace, tale pratica va portata a termine entro 24-48 ore dall’esposizione al patogeno.
I suddetti trattamenti servono a impedire un’ulteriore produzione dell’esotossina tetanica, nonché a evitare che questa, una volta in circolo, si fissi alle cellule del sistema nervoso[1]. Sfortunatamente, però, tali anticorpi non sono in grado né di rimuovere la tossina già legata alle terminazioni nervose[2] né di impedirne gli effetti neurotossici[1].
Infatti, l’unica soluzione adottabile in questi casi è alleviare la sintomatologia grazie ad anestetici, sedativi (es. diazepam, miorilassanti, solfato di magnesio), betabloccanti (cioè farmaci antagonisti dei recettori beta per l’adrenalina e la noradrenalina) o neuroplegici (ossia farmaci con funzione sedativa nei confronti del sistema nervoso), al fine di calmare gli spasmi, ridurre la rigidità muscolare, impedire la deregolazione dell’attività cardiaca e respiratoria, e donare un po’ di sollievo al paziente[1, 2, 4].
Nei casi al limite, può essere necessario ricorrere alla ventilazione artificiale (o respirazione assistita), per garantire l’ossigenazione necessaria[2].
Affinché possa esserci un recupero completo, i tempi non sono brevi. Sono infatti necessari molti mesi, dal momento che è richiesta la ricrescita delle terminazioni nervose compromesse[2].
Distinzione tra profilassi attiva e passiva
La profilassi messa in atto per combattere l’infezione da C. tetani può essere attiva o passiva. La scelta dipende dalla condizione vaccinale del paziente[3].
- PROFILASSI ATTIVA: prevede la somministrazione del vaccino contro il tetano, in grado perciò, di stimolare il sistema immunitario a combattere il patogeno. L’efficacia della vaccinazione è di circa il 95% e costituisce la miglior forma di prevenzione. Questa garantisce una copertura di 10 anni. Dopodiché saranno necessari dei richiami.
- PROFILASSI PASSIVA: è quella messa in atto tramite la somministrazione di anticorpi umani, rivolti contro l’agente patogeno C. tetani. Tuttavia, attraverso questa modalità non è possibile per il paziente stimolare alcuna risposta immunitaria autonoma.
Epidemiologia e prevenzione
Oggigiorno, nei paesi più sviluppati, le infezioni da Clostridium tetani sono diventate alquanto rare. Il merito va ai programmi vaccinali messi in atto da queste nazioni (es. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania, ecc). Tuttavia, nelle zone più remote del mondo, in quei paesi in cui le condizioni sanitarie sono piuttosto precarie, il tetano resta una seria minaccia per svariate classi di persone. Infatti, ancora oggi, si verificano circa 1 milione di casi all’anno e la letalità è piuttosto preoccupante[4].
È inutile, perciò, ribadire che la prevenzione più efficace risiede nella vaccinazione. Infatti, in Italia, dal 1968, l’antitetanica è entrata a far parte delle vaccinazioni obbligatorie, da eseguire già entro il primo anno di vita, tramite 3 dosi, da effettuare il terzo, il quinto e il dodicesimo mese. Successivi richiami vanno poi ripetuti a sei e quattordici anni, e successivamente ogni 10 anni[1]. Ciò è dovuto al fatto che non è possibile sviluppare un’immunità permanente, dal momento che la quantità di tossina rilasciata risulta insufficiente allo sviluppo di una risposta anticorpale duratura.
Il principio attivo del vaccino è costituito da un’anatossina, resa innocua, ricavata dal trattamento della tetanospasmina stessa, con formaldeide allo 0,4%. Questa anatossina è oggi presente in numerosi altri vaccini.
Il compito di tale molecola è quello di stimolare la produzione di anticorpi rivolti contro l’esotossina tetanica. In questo modo, i siti di legame della tetanospasmina per i recettori delle cellule neurali, saranno già occupati dalle immunoglobuline, e verrà così impedita l’azione neurotossica.[3]
Complicanze
Spesso, le infezioni da C. tetani non vengono trattate adeguatamente, ragion per cui, il tasso di mortalità resta alquanto elevato.
Le possibili complicanze sono dovute per lo più alla violenza con cui si espletano le contrazioni muscolari, che talvolta, inducono persino la frattura di alcune ossa[2].
Le contrazioni involontarie possono coinvolgere anche le corde vocali, generando dei laringospasmi[4].
Possono inoltre verificarsi dei trombi/coaguli di sangue a livello dell’arteria polmonare, che possono poi indurre embolia. O ancora, sono comuni i casi di asfissia e arresto cardiaco, nei pazienti in condizioni più critiche. In casi come questi, spesso è richiesto un lungo periodo di trattamento in terapia intensiva[2, 4].
Testo scritto con la collaborazione di Daniela Bencardino
Referenze
- Tetano – Istituto Superiore di Sanità (iss.it)
- Tetano: cos’è, come si manifesta, come si può prevenire – ISSalute. 2019.
- Polanco I.S. – Clostridium tetani – Microbiologia Italia. 2019.
- Griguolo A. – Tetano – My Personal Trainer. 2020.
- Maddaloni F – Tetano: incubazione, sintomi, diagnosi, vaccino, terapia e prognosi – Medicina 360. 2021.
- Bush LM, Vazquez-Pertejo MT – Tetano – Manuali MSD Edizione Professionisti. 2019.