Chi l’avrebbe mai detto che un virus potesse rivelarsi un’arma potente da utilizzare contro i batteri super-resistenti agli antibiotici? Eppure recenti studi sulla terapia fagica confermano la validità di questo moderno approccio terapeutico. Ripercorriamone insieme le principali tappe partendo dalla biologia dei fagi.
Alla scoperta dei fagi
I fagi sono entità biologiche definite parassiti intracellulari obbligati perché necessitano di una cellula ospite per riprodursi inducendone la lisi. Furono, difatti, scoperti dal ricercatore Twort che osservò la trasformazione di micrococchi che consentiva la trasmissione dell’infezione attraverso il solo contatto tra le colonie. Nel 1917, D’Herelle scoprì che l’agente infettivo capace di distruggere le cellule di Shigella dysenteriae aveva la stessa capacità . Il responsabile di queste lisi cellulari fu nominato batteriofago o più comunemente fago. A partire da queste preliminari osservazioni, i microbiologi iniziarono ad esaminarne la struttura. Oggi sappiamo che i fagi si presentano sotto forma di piccoli virus (23-32 nm) il cui genoma è incapsulato in un rivestimento proteico che ne forma la testa (capside). Al capside è collegata un’appendice tubulare (coda) che ha la funzione di aderire all’ospite e trasferire il genoma del fago al suo interno.
Quanti tipi di fagi si conoscono?
A seconda dell’acido nucleico, i fagi sono convenzionalmente classificati in diverse famiglie. Myoviridae, Siphoviridae, Podoviridae, Corticoviridae, Plasmaviridae e Tectiviridae sono tra le principali famiglie di fagi con DNA a doppio filamento mentre Inoviridae e Microviridae contengono DNA a singolo filamento. Molto meno numerosi sono i fagi a RNA. Nel dettaglio, Leviviridae e Cystoviridae sono fagi con RNA a singolo e doppio filamento, rispettivamente. Quelle dei Plasmaviridae e dei Cystoviridae sono le uniche categorie di fagi provviste di rivestimento (envelope). In aggiunta alla classificazione strutturale, ne esiste una basata sul rapporto che si instaura tra il fago e l’ospite che li suddivide in litici e temperati.
I fagi litici (o virulenti) seguono un ciclo litico attraverso cui le particelle fagiche aderiscono all’ospite ed iniettano il genoma che una volta all’interno si replica producendo nuovi fagi. Quando la progenie fagica giunge a maturazione avviene la lisi dell’ospite che consente la fuoriuscita dei nuovi fagi ormai pronti per infettare una nuova cellula.
I fagi temperati, invece, sono in grado di attivare anche un’altra via di sviluppo nota come lisogenia le cui fasi iniziali sono identiche a quelle del ciclo litico. Una volta entrato nell’ospite, il DNA del fago si integra nel cromosoma batterico e viene in tal modo replicato. In queste condizioni, i geni che codificano per le proteine del rivestimento non sono espressi, il fago viene definito profago e può mantenersi tale per diverse generazioni. Il passaggio dallo stato lisogenico a quello litico, detto induzione, può avvenire in qualsiasi momento e con notevole efficienza.
Alla luce di queste conoscenze, si è pensato di sfruttare il meccanismo dei fagi che per riprodursi all’interno della cellula batterica ne determinano poi la morte come una moderna terapia per combattere le infezioni batteriche. Vediamo dunque cosa si intende per terapia fagica.
Terapia fagica
L’idea di utilizzare i fagi come un’arma contro i batteri rimane ancora un argomento su cui discutere. Infatti, non tutti i casi in cui la terapia fagica è stata inizialmente impiegata hanno registrato risultati soddisfacenti contribuendo all’abbandono di questa terapia. Molti ritengono che l’insuccesso fosse da attribuire alla scarsa conoscenza della biologia dei fagi. Negli ultimi anni, anche a causa della diffusione della resistenza agli antibiotici di numerosi patogeni, la terapia fagica è tornata ad essere considerata una possibile alternativa.
Studi clinici su modelli animali hanno addirittura dimostrato che la terapia fagica è in grado di ristabilire la sensibilità agli antibiotici nei ceppi diventati resistenti. Nell’uomo, sono stati condotti diversi trials umani su pazienti colpiti da infezioni di S. aureus, E. coli, Streptococcus spp., P. aeruginosa, Salmonella spp., Enterococcus spp. Più del 70% dei pazienti trattati con cocktails di fagi che avevano come target i patogeni elencati mostrarono un miglioramento nel giro di 3 giorni. Altri studi dimostrarono, inoltre, che la terapia fagica era molto più efficace se combinata con quella antibiotica.
Rispetto agli antibiotici, la terapia fagica permette di evitare tutte le reazioni avverse ad essi associate come nefrotossicità , epatotossicità , allergie e complicazioni gastrointestinali. D’altra parte, non bisogna sottovalutare la traslocazione del fago attraverso l’epitelio intestinale e la conseguente circolazione attraverso il sangue. I topi sottoposti a terapia fagica hanno manifestato una risposta immunitaria capace di contrastare il fago ma non si hanno risposte certe su questa possibilità soprattutto nel caso di pazienti immunocompromessi.
Sviluppo di prodotti fagici
Ad oggi non esistono prodotti terapeutici a base di fagi fatta eccezione per l’industria alimentare dove alcuni dei prodotti chimici usati per la disinfezione delle superfici di lavoro ne sono composti. Si sta lavorando su fagi bioingegnerizzati che rilasciano all’interno del batterio un sistema di editing genetico (CRISPR/Cas) programmato per distruggere i geni responsabili della resistenza. Quest’ultimo rappresenterebbe un importante aspetto innovativo della terapia fagica. Infatti, se applicato negli ospedali potrebbe rivelarsi un metodo efficace per contrastare la diffusione di ceppi resistenti agli antibiotici.
Conclusioni
La terapia fagica si prospetta come una valida alternativa agli antibiotici in un’epoca in cui la diffusione di patogeni multiresistenti si fa sempre più marcata. Sebbene i dati preliminari degli studi scientifici condotti finora siano promettenti, saranno necessarie ulteriori indagini per validarne l’applicazione clinica.
Bibliografia
- Lin D.M., Koskella B., Lin H.C. Phage therapy: An alternative to antibiotics in the age of multi-drug resistance. World J Gastrointest Pharmacol Ther 2017 August 6; 8(3): 162-17
- Zanichelli: Batteriofagi