Alzi a mano chi sa che lavoro fa un biologo. Magari immaginate camici bianchi e microscopi, oppure qualche studioso e divulgatore di fauna selvatica. Chi studia Scienze della Vita, però, non è inevitabilmente destinato a lavorare nella ricerca scientifica.
Parliamo non solo di biologi ma anche di biotecnologi e di scienziati naturalisti. Ci sono moltissime professioni che richiedono una formazione di questo tipo, perlopiù sconosciute al grande pubblico e, purtroppo, anche a chi si approccia al lato bio della scienza.
La rubrica Un lavoro da Biologo intende appunto raccontarvi ciascuna di queste professioni, dalle più ricercate a quelle più strane, nuove o di nicchia.
In questo episodio parliamo appunto di una professione nuova e molto curiosa, ovvero il Tecnico delle Produzioni Entomologiche che si occupa di allevare insetti destinati al consumo alimentare. Ci racconta il suo lavoro Stefano Magnaghi.
In che ambito è inserita questa figura
Gli insetti, dal punto di vista alimentare, sono una sorgente di proteine a buon mercato e a basso impatto ambientale. Per unità di peso richiedono, infatti, molte meno risorse rispetto alla produzione di carne bovina o di altri animali da allevamento.
Si possono allevare praticamente ovunque. Ciò permette di evitare gran parte dell’inquinamento, dei tempi e delle spese di trasporto legati al consumo di carne. I maggiori allevamenti di bovini da carne, concentrati ad esempio in Sud America, sono infatti ben distanti dal mercrto europeo.
I principali mercati che li richiedono sono quello degli animali da compagnia, della mangimistica e del consumo umano. Gli animali da compagnia come cane e gatto possono essere nutriti, ad esempio, con mangimi addizionati di parti di insetti. Alcuni addirittura con insetti interi e vivi – questo il caso di anfibi e rettili.
Il caso degli animali destinati al consumo umano è differente, per via della richiesta di sicurezza alimentare. Gli insetti, secondo il Reg. UE 2017/1017, possono essere somministrati vivi agli erbivori monogastrici e sfarinati per i pesci d’allevamento. che vengono trattati in modo da evitare eventuale presenza di prioni e addizionati quindi alla dieta, altrimenti povera di proteine, dei bovini di allevamento. Così facendo vanno a sostituire in questo ruolo gli sfarinati di soia, anch’essi spesso importati dal Sudamerica come il bestiame da carne.
Il Regolamento Europeo sui Novel Foods (Reg. UE 2283/2015) ha aperto la strada a qualunque impresa voglia tentare di far approvare prodotti a base di insetti per il consumo umano. Al momento nessun alimento è stato però ancora approvato sulla base di questo Regolamento. Chi li produce su suolo europeo lo fa in deroga per via del regime transitorio in vigore in alcuni paesi membri.
C’è quindi un grande potenziale nel mercato degli insetti di allevamento. È più che mai necessaria una figura che si occupi di capire come allevarli in grande numero, in tempi rapidi e in condizioni sanitarie ottimali. È qui che entra in gioco il tecnico delle produzioni entomologiche.
Il tecnico delle produzioni entomologiche
L’allevamento di insetti avviene in un ambiente a metà tra un laboratorio e un allevamento vero e proprio, dove le condizioni igieniche vanno curate con rigore. Il paradosso di questo lavoro è che i parametri ambientali impostati sono gli stessi che favoriscono la presenza di patogeni, come batteri, virus, funghi e soprattutto altri insetti definiti entomopatogeni.
Per Stefano e i sui colleghi la prevenzione del rischio è spesso l’unica arma che hanno per evitare che questi patogeni entrino nel loro allevamento. Le condizioni favorevoli farebbero, infatti, sviluppare infezioni impossibili da risanare se non abbattendo tutte le popolazioni allevate.
La pratica del lavoro di chi alleva insetti consiste dunque nel controllare e regolare costantemente i parametri ambientali (temperatura e umidità) e nel somministrare mangime e acqua.
L’insetto principalmente allevato da Stefano è il grillo Acheta domesticus, comunemente detto grillo del focolare (house cricket). L’azienda per cui lavora ha scelto di puntare su questo Ortottero sia per l’elevatissimo contenuto in proteine, pari al 65%, sia per l’aspetto che ricorda quello di un gamberetto. Questo aiuterà i futuri consumatori a superare il senso di ribrezzo e disgusto che noi occidentali proviamo all’idea di consumare insetti. Per questi e altri motivi è considerato da molti “l’aragosta degli insetti”.
La composizione della dieta degli insetti è un segreto industriale custodito gelosamente da ciascun allevatore perché ha il compito di assicurare il maggior tasso di conversione possibile. Detta in soldoni, il miglior mangime è quello che fa crescere bene gli insetti anche se dato in modiche quantità.
A partire da scarti di produzioni alimentari o agricole, il tecnico delle produzioni entomologiche nella sua veste di responsabile della ricerca e sviluppo cerca di ottenere formulazioni via via migliori. Per farlo, Stefano si avvale anche di collaborazioni con le università e lui stesso si impegna nella ricerca bibliografica di articoli scientifici sull’argomento.
Oltre a questo, c’è il lavoro d’ufficio. Questo comprende la costante ricerca di bandi UE per finanziare il progetto e seguire l’operato degli enti regolatori, in particolare l’EFSA, per poter soddisfare tutte le richieste e assicurare che gli insetti siano un alimento sicuro.
Chi lo può fare
Attualmente la maggior parte degli allevatori di insetti hanno un passato nell’allevamento di animali esotici. Soprattutto per portare avanti le attività di ricerca e sviluppo sono richieste però le professionalità di biologi, biotecnologi, scienziati naturalisti, di laureati in tecnologie alimentari e di esperti in europrogettazione.
Cosa aspettarsi
Gli allevamenti industriali di insetti a scopo alimentare sono una cosa relativamente nuova in Europa. Le realtà del settore sono quindi ancora poco numerose e molto giovani. Da un lato questo permette di respirare aria di grandi potenzialità e di giocare un ruolo nel dare forma ad una realtà nuova, dall’altro non esiste una strada già tracciata.
Ogni potenzialità nasconde un rischio da correre e la pratica del lavoro non è ancora validata e stabilita in procedure operative da seguire, dato che questo è proprio il momento in cui vengono ideati e sperimentati i protocolli.