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Tecniche di estrazione degli acidi nucleici

Gli acidi nucleici sono i protagonisti di svariate tecniche di biologia molecolare come la Polymerase Chain Reaction (PCR), le tecniche elettroforetiche o il Southern Blot. E’ facile intuire che per ottenerli bisogna processare il campione di partenza estraendo così l’acido nucleico contenuto e protetto dall’involucro cellulare. Le tecniche estrattive sono ormai ampiamente collaudate, in commercio esistono molteplici kit utili allo scopo, proprio perché si tratta di tecniche di base, considerate anche pre-analitiche, necessarie per lo svolgimento di tecniche successive e talvolta più complesse.

Materiale biologico da cui gli acidi nucleici vengono estratti

Gli acidi nucleici sono contenuti all’interno delle cellule, sono quindi molteplici le matrici da cui è possibile eseguire l’estrazione. Di seguito vediamo alcune matrici di partenza:

  1. Il sangue totale fresco o congelato (siero o plasma) è un’ottima matrice da cui ottenere acidi nucleici di ottima qualità e quantità.
  2. È possibile estrarre gli acidi nucleici da altri liquidi corporei come saliva, urine, liquido amniotico, liquido seminale, così come è possibile eseguire l’estrazione a partire dalle feci poiché queste matrici contengono al loro interno cellule che conservano DNA ed RNA.
  3. Le cellule provenienti da citologia o da colture cellulari offrono acidi nucleici di ottima qualità.
  4. I campioni tissutali, come ad esempio le resezioni o le biopsie, sono ottimi campioni di partenza. I tessuti possono essere freschi, congelati o conservati tramite fissazione con formalina e immersione in paraffina. I tessuti freschi sono soggetti a degradazione, per cui è necessario eseguire l’estrazione in tempi brevi. Il congelamento del tessuto risolve questa problematica, ma cicli di congelamento/scongelamento dell’intero campione tissutale sono da evitare; è preferibile estrarre l’acido nucleico, conservarlo nella sua purezza e scongelarlo solo al momento del bisogno evitando la sua frammentazione. I fissativi permettono di conservare i campioni nel tempo, ma questo tipo di conservazione danneggia la quantità e la qualità del DNA. La formalina è il fissativo per eccellenza, ma purtroppo frammenta il DNA. Un altro fissativo comunemente usato è l’alcol che invece è ottimo per fissare il DNA, ma provoca artefatti cellulari a carico delle proteine che portano a non scegliere questo fissativo per la conservazione di resezioni o biopsie di cui è richiesta anche un’indagine morfologica.
  5. I residui biologici (feci, urine, peli, capelli e saliva) vengono spesso utilizzati in genetica forense, in clinica in caso di prelievi biologici non-invasivi o in studi di monitoraggio genetico di specie animali selvatiche. È chiaro che di questi campioni è importante il contenuto cellulare da cui deriva la quantità di acido nucleico reperibile. Molto importante in questo caso è la conservazione del campione: per residui biologici trovati sul campo è impensabile eseguire l’estrazione dell’RNA che sicuramente sarà già degradato, è sicuramente preferibile estrarre il DNA che è una molecola molto più stabile; qualora si volesse eseguire uno studio di trascrittomica o di espressione genica a partire da questo tipo di campioni, ad esempio dalle feci, è necessario che la matrice sia fresca e che l’estrazione venga eseguita subito dopo il prelievo o altrimenti l’intero campione dovrà essere congelato rapidamente.
  6. Batteri e parassiti sono altre matrici di partenza da cui è possibile eseguire l’estrazione di acidi nucleici. Per questi campioni è necessario tenere presente il tipo di involucro che racchiude la cellula batterica o parassitaria ed eseguire trattamenti specifici in grado di distruggere la parete protettiva.

A prescindere dal campione biologico, per salvaguardare la qualità degli acidi nucleici è bene conservare i campioni di DNA a +4 °C per 24-48 h al massimo, per periodi più lunghi il campione deve essere conservato a -20 °C o ancora meglio a -80 °C; per preservare l’RNA, molecola più instabile rispetto al DNA, è necessario conservare i campioni a -20 °C o -80 °C anche per brevi periodi.

Vedremo che i protocolli di estrazione non variano al variare della matrice di partenza utilizzata, fatta eccezione per la prima fase di lisi e omogeneizzazione del campione.

Estrazione degli acidi nucleici

L’obiettivo delle tecniche estrattive è ottenere campioni di DNA o RNA privi di contaminanti. Esistono diversi metodi di purificazione degli acidi nucleici, ma tutti si basano su alcuni principi generali:

  1. La fase di lisi della cellula o della parete che permette il rilascio del contenuto cellulare e/o nucleare.
  2. La fase di separazione degli acidi nucleici dal contenuto cellulare, in particolare dalle proteine (deproteinizzazione), dai lipidi e dai carboidrati.
  3. La fase di separazione degli acidi nucleici tra di loro nel caso in cui si voglia ottenere RNA o DNA puro.
  4. La fase di recupero degli acidi nucleici purificati (precipitazione alcolica e purificazione).
  5. La fase di quantificazione e valutazione della purezza.

Fase di lisi

La procedura di lisi deve essere abbastanza aggressiva da permettere la degradazione e la frammentazione del tessuto o delle cellule di partenza, in modo da consentire la liberazione dell’acido nucleico da involucri cellulari o nucleari; al contempo la lisi non deve deteriorare l’acido nucleico stesso.

È possibile eseguire una lisi meccanica, chimica, enzimatica o una combinazione di queste. La lisi meccanica viene effettuata ad esempio utilizzando pestello e mortaio, sfere di vetro agitate mediante strumenti come il TissueLyser o miscelatori vortex, o mediante l’ultrasonicazione. La lisi chimica viene effettuata utilizzando detergenti, mentre la lisi enzimatica adopera enzimi litici come ad esempio la proteinasi K.

Quando vogliamo estrarre gli acidi nucleici da batteri o da cellule procariotiche in generale è necessario distruggere anche la parete cellulare composta da peptidoglicano. In questo caso si utilizzano miscele contenenti lisozima, che agisce idrolizzando il legame glicosidico del peptidoglicano, agenti chelanti come l’EDTA e detergenti come l’SDS che solubilizza i lipidi delle membrane e inoltre lega le proteine alterandone la struttura secondaria.

La parete delle cellule vegetali è ancora più resistente anche rispetto a quella delle cellule procariotiche, per cui è necessario effettuare una lisi fisica mediante cicli ripetuti di congelamento/scongelamento, sonicazione, l’utilizzo di biglie di vetro o di pestello e mortaio.

Fase di deproteinizzazione e separazione degli acidi nucleici

Tra le proteine presenti nel contenuto cellulare si trovano anche enzimi in grado di degradare gli acidi nucleici. Inoltre l’associazione tra proteine e acidi nucleici ne inficia la funzione e la purificazione. Per questo è necessario rimuovere il contenuto proteico durante l’estrazione.

Generalmente si utilizzano per questo scopo enzimi proteolitici, come le pronasi o la proteinasi K. La pronasi è una miscela di, generalmente, 4 enzimi proteolitici, due endopeptidasi e due esopeptidasi. La proteinasi K è un’endopeptidasi di origine fungina capace di idrolizzare la cheratina.

Al termine di questa fase gli enzimi proteolitici andranno eliminati.

Durante la purificazione del DNA viene utilizzata la ribonucleasi A (RNasi) per allontanare ed eliminare l’RNA; mentre durante l’estrazione dell’RNA viene utilizzata la deossiribonucleasi (DNasi) per eliminare la contaminazione data dal DNA genomico. Anche questi enzimi al termine del processo verranno eliminati.

Un altro metodo per allontanare le proteine associate agli acidi nucleici è l’estrazione con fenolo. Si utilizza una miscela immiscibile in acqua di fenolo, cloroformio e alcol isoamilico. Questa tecnica può essere utilizzata sola o in associazione al trattamento enzimatico citato sopra. 

Dopo aver messo a contatto la soluzione acquosa contenete gli acidi nucleici con la miscela di fenolo/cloroformio si procede centrifugando la soluzione e al termine si otterranno tre fasi: nella fase superiore è contenuta la soluzione di acidi nucleici, nella fase mediana (detta interfase) sono contenute le proteine denaturate, mentre la fase inferiore, detta anche fenolica, contiene lipidi e proteine ricche di amminoacidi idrofobici.

Fase di precipitazione alcolica

L’etanolo modifica strutturalmente gli acidi nucleici. Questi in presenza di etanolo si aggregano e precipitano. La fase di precipitazione è fondamentale per il recupero degli acidi nucleici.

Altri metodi di estrazione degli acidi nucleici

La procedura vista prima può essere definita “in fase liquida” poiché la separazione e la purificazione degli acidi nucleici avvengono mediante l’utilizzo di reagenti liquidi.

Esistono anche altri metodi, molto comuni e standardizzati, detti “in fase solida” poiché utilizzano un supporto, appunto solido, che trattiene l’acido nucleico. In commercio esistono diversi kit che utilizzano il metodo in fase solida e i supporti utilizzati sono membrane di silice.

In presenza di sali caotropici, gli acidi nucleici si legano alle particelle delle membrane di silice. Per il legame sono importanti non solo la forza ionica, ma anche il pH della soluzione, infatti al termine delle operazioni la membrana viene lavata solitamente con tamponi a bassa concentrazione salina o semplicemente con acqua per diluire i sali e cambiare il pH affinché l’acido nucleico venga rilasciato dalla matrice di silice.

Utilizzando questo metodo si ottiene sicuramente un acido nucleico molto puro, ma la membrana di silice tratterrà una piccola quantità della molecola per cui la resa è inferiore rispetto al metodo in fase liquida.

La fase iniziale di lisi è la medesima vista prima. Una volta ottenuto l’omogenato questo viene fatto passare attraverso una membrana di silice (solitamente si usano delle colonnine), così l’acido nucleico in presenza di sali viene trattenuto dalla silice in maniera specifica. La membrana viene lavata solitamente con etanolo al 70% in modo da allontanare i contaminanti, infine si procede con la fase di eluizione utilizzando acqua o tamponi a bassa concentrazione di sali che permettono il distacco dell’acido nucleico dalla membrana.

I metodi in fase solida sono rapidi, semplici, standardizzabili ed è possibile riprodurli in sistemi automatizzati.

Un altro metodo che utilizza la silice è il sistema di estrazione automatizzato che utilizza sfere magnetiche. Dopo la fase di lisi la sospensione ottenuta viene trasferita in colonnine contenenti delle sferette magnetiche rivestite con resina di silice. La silice permette il legame dell’acido nucleico alle sfere. Viene aggiunto un magnete che trattiene le sfere e l’acido nucleico ad esse legato. Anche in questo caso vengono allontanati i contaminanti mentre l’acido nucleico viene trattenuto dalla silice, si utilizzano dei tamponi. Infine il magnete viene allontanato e l’acido nucleico viene eluito con acqua o soluzioni tampone (tris-EDTA), viene così purificato e separato dalle sfere che restano all’interno della colonnina.

Estrazione dell’RNA: piccoli accorgimenti

Rispetto all’estrazione del DNA, quella dell’RNA richiede più accortezze: la molecola di RNA è a singolo filamento per cui si degrada più facilmente.

Quando si utilizza l’RNA è necessario lavorare a temperature basse e l’estrazione deve essere rapida: quando si ha una mole elevata di campioni da estrarre è preferibile eseguire più cicli utilizzando una media di massimo 10 campioni per volta. È importante utilizzare durante il protocollo di estrazione dell’RNA degli inibitori delle RNAsi, come il mercaptoetanolo o RNA inhibitor.

Per evitare la contaminazione con ribonucleasi esogene è importante dedicare strumentazioni (pipette, puntali, etc) apposite solo per la manipolazione dell’RNA e utilizzare materiale sterile per evitare contaminazione da RNasi batteriche o cellulari. I vari reagenti e le plastiche dedicate all’estrazione dell’RNA devono essere RNasi-free.

Quantificazione e analisi degli acidi nucleici

Al termine dell’estrazione vengono valutate quantità e qualità degli acidi nucleici utilizzando la spettrofotometria UV. Gli acidi nucleici adsorbono la luce ultravioletta in modo caratteristico e specifico.

Ricordiamo brevemente cosa intendiamo per assorbanza: essa è la quantità di luce monocromatica che viene assorbita da una soluzione ed è direttamente proporzionale alla concentrazione del campione secondo la Legge di Lambert-Beer.

Gli acidi nucleici assorbono ad una lunghezza d’onda di 260 nm: più questa luce viene assorbita dal campione in esame e maggiore sarà la concentrazione di acido nucleico.

Per gli acidi nucleici un’assorbanza (A) uguale a 1 corrisponde ad una concentrazione di 50 µg/mL per il DNA double-strand, di 33 µg/mL per il DNA single-strand e di 40 µg/mL per l’RNA.

La purezza degli acidi nucleici viene valutata in base all’assenza di contaminanti come proteine o carboidrati. La contaminazione da proteine viene valutata calcolando il rapporto tra l’assorbanza a 260 nm e a 280 nm (le proteine assorbono la luce a 280 nm). Il rapporto A260/280 è circa uguale a 1.8 per il DNA puro, mentre per l’RNA puro è circa uguale a 2. Allo stesso modo, per la contaminazione da carboidrati viene valutato il rapporto tra l’assorbanza a 260 nm e a 230 nm, il cui valore ottimale è circa 2.2.

Conclusioni

Le tecniche estrattive sono la base di ogni esperimento di biologia molecolare. DNA ed RNA sono molecole estremamente informative, sono utili in molteplici campi, dalla clinica alla ricerca, dalle produzioni animali alle analisi forensi. Al giorno d’oggi non solo è importante conoscere struttura e funzione di queste molecole, ma è essenziale sapere come maneggiarle e per fare questo l’estrazione è il primo passo da compiere.

Fonti bibliografiche

  • RNA isolation – User manual. Macherey-Nagel
  • Genomic DNA from blood and biological fluids – User manual. Macherey-Nagel
  • DNA from tissue and cells – User manual. Macherey-Nagel
  • Genomic DNA from FFPE samples – User manual. Macherey-Nagel
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