Difficilmente si riesce a credere che le grosse tartarughe marine, le Caretta caretta, che siamo abituati ad immaginare in cristalline acque oceaniche, nuotino lungo le coste italiane. Eppure la riviera ionica della Calabria, contenente il punto più a sud dell’Italia peninsulare, ogni estate rappresenta un ricco sito di nidificazione per queste tartarughe marine. La nidificazione in questa area è effettivamente inusuale. Quasi tutti i nidi, infatti, sono localizzati nel settore orientale, principalmente in Grecia, Turchia, Cipro, Libia e, in misura minore, in Tunisia e Israele. La popolazione nidificante in Italia, dunque, rappresenta il limite nord-occidentale dell’areale della specie nel bacino del Mediterraneo.
In tutta l’Italia peninsulare e insulare, dei circa 40 nidi all’anno, il 60% risultano localizzati lungo la costa ionica della Calabria, in provincia di Reggio Calabria. Tutta la costa ionica è infatti un enorme Sito di Importanza Comunitaria (SIC), a causa della presenza della Caretta caretta, specie particolarmente protetta a livello internazionale. Essa rientra nell’allegato II della Direttiva Habitat, è nominata nella CITES, nella Convenzione di Bonn e nella Convenzione di Berna. Nella lista rossa nazionale è designata come specie in pericolo (EN).
Caratteri diagnostici di Caretta caretta
Seppur la più piccola tartaruga del Mediterraneo, la tartaruga comune Caretta caretta possiede un carapace che può raggiungere ben 110 cm di lunghezza e un esemplare può arrivare a raggiungere i 180 kg di peso. Il carapace è caratterizzato da cinque placche costali e un’evidente carenatura dorsale dentellata nei giovani.
Gli arti, denominati natatoie, sono larghi e sviluppati per funzioni diverse. Le natatoie anteriori hanno muscoli più sviluppati al fine di imprimere una spinta propulsiva, mentre le natatoie posteriori fungono da timoni, direzionando e stabilizzando l’atto natatorio.
Sono due le altre specie di tartarughe marine segnalate con certezza nel Mediterraneo. La tartaruga verde (Chelonia mydas), distinguibile dalla tartaruga comune per la presenza di quattro placche costali anziché cinque; la tartaruga verde può raggiungere 130 cm di lunghezza e 250 kg di peso. La tartaruga liuto (Dermochelis coriacea) è la più grande, può pesare fino a 500 kg con una lunghezza di 200 cm. Vi sono poi tre specie dalla comparsa occasionale in Mediterraneo: Lepidochelys kempii, Lepidochelys olivacea, Eretmochelys imbricata.
Sebbene dunque non sia l’unica specie di tartaruga marina presente nel mar Mediterraneo, Caretta caretta costituisce una presenza regolare nei mari italiani ed è la sola specie nidificante nel nostro Paese.

Distribuzione geografica
La tartaruga marina Caretta caretta è distribuita in tutti gli oceani delle regioni temperate e subtropicali e nel Mar Mediterraneo. L’habitat terrestre è limitato alla sola fase di deposizione delle uova e i siti di nidificazione sono situati lungo alcuni tratti di costa all’interno dell’areale di distribuzione marino.
Attraverso l’integrazione della distribuzione terrestre e marina si individuano dieci macro-popolazioni (o sottopopolazioni, secondo la definizione IUCN): North East Atlantic, North West Atlantic, Mediterranean, South West Atlantic, North West Indian, North East Indian, South West Indian, South East Indian, North Pacific, South Pacific. Ognuna di queste macro-popolazioni mostra caratteristiche demografiche ed esigenze di conservazione peculiari[4].
Le sottopopolazioni più abbondanti risiedono nell’area North West Atlantic (quindi lungo le coste ed acque del Golfo del Messico e dell’Oceano Atlantico settentrionale), oltre che nell’area North West Indian (Mar Rosso, Golfo Persico, Golfo di Oman, Golfo di Aden e Mar Arabico). L’IUCN classifica la sottopopolazione North West Atlantic come least concern, informazione che si traduce con un basso rischio di declino. Per quanto riguarda invece la sottopopolazione North West Indian, sebbene il dato grezzo la collochi come seconda sottopopolazione per abbondanza attuale, il trend demografico è in declino e persistono tutti i fattori di minaccia per la sopravvivenza della specie in quest’area; pertanto, questa sottopopolazione è indicata da IUCN come critically endangered, ossia severamente minacciata[4].
Nel Mediterraneo, è presente una sottopopolazione che è considerata da IUCN come least concern. Sebbene le minacce in ambiente marino siano persistenti e ad elevato impatto, vi sono numerose aree di nidificazione (le più importanti si trovano in Grecia[3]). In habitat marino, Caretta caretta popola il Mediterraneo in maniera ubiquitaria, con importanti aree di foraggiamento/presenza in Mar Adriatico[6], Mediterraneo occidentale, Canale di Sicilia e sulla piattaforma continentale al largo di Tunisia, Egitto e Libia[3].

Ciclo vitale di Caretta caretta
Deposizione delle uova
Le tartarughe marine comuni trascorrono gran parte della propria vita in acqua. Tuttavia, il loro legame con la terraferma rimane forte: nonostante la capacità di apnea che può raggiungere persino le 9 ore, le tartarughe respirano con i polmoni ed hanno bisogno di emergere per catturare ossigeno.
Inoltre, la deposizione delle uova avviene sulle spiagge. La femmina di Caretta caretta, infatti, alcune settimane dopo l’accoppiamento, durante la notte si dirige verso la costa, utilizza le natatoie posteriori per lo scavo di una buca profonda circa 50 cm. Dopo la deposizione delle uova al suo interno, la buca viene ricoperta. Nel complesso, l’intera l’operazione richiede circa 2 ore.
Solitamente, una femmina di Caretta caretta si riproduce ad anni alterni oppure ogni tre anni. Durante un’estate, può deporre 3 o 4 nidi ad intervalli di 12-16 giorni, ciascuno con un numero di uova in media tra 80 e 120. Ogni femmina solitamente tende a nidificare sulla spiaggia in cui è nata e ad ogni deposizione ritorna pressoché nel medesimo luogo.
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Schiusa delle uova ed emersione dei piccoli
L’incubazione delle uova dura circa una cinquantina di giorni, ed il sesso dei piccoli dipende dalla temperatura a cui sono sottoposte le uova: considerando una temperatura soglia di 29°C, alla quale si ha un egual numero di maschi e di femmine, si è osservato che a temperature minori si svilupperanno per lo più maschi, mentre a temperature più alte per lo più femmine.
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Una volta schiuse le uova, i piccoli devono affrontare una faticosa risalita dello strato di sabbia che li separa dalla superficie; questa lunga impresa, durante la quale non tutti sopravvivono, può richiedere dai tre ai sette giorni.
Una volta emersi all’aria aperta durante le ore notturne, i piccoli, che pesano 20 g e sono lunghi circa 4 cm, sono guidati unicamente da stimoli visivi e si dirigono verso l’orizzonte più luminoso, che in condizioni naturali è rappresentato dalla battigia.
È proprio durante questo tratto che i neonati, memorizzando la natura chimica della spiaggia, il campo magnetico e la direzione delle onde, subiscono l’imprinting ambientale, che da adulti permetterà loro di ritornare per la riproduzione.
Tuttavia, l’antropizzazione è causa della morte di molti piccoli prima ancora che essi raggiungano il mare: la presenza di lampioni, di falò, di discoteche o di altre luci appartenenti ad abitazioni, infatti, confondono i piccoli, che spesso si dirigono nella direzione opposta al mare e muoiono disidratati o schiacciati dalle auto; ombrelloni, sedie ed altri oggetti possono invece impedire ai piccoli di raggiungere la riva.
Altre cause naturali possono aumentare la mortalità neonatale: volpi e gabbiani rappresentano i predatori più pericolosi.
Una volta raggiunto il mare, i piccoli nuotano ininterrottamente per 24 ore, dopodiché si lasciano trasportare passivamente dalla corrente alla ricerca di cibo.
Primi anni di vita e maturità sessuale
Gli spostamenti dei piccoli durante i primi anni di vita sono ad oggi sconosciuti, poiché risulta impossibile monitorare animali così piccoli e fragili. La crescita è molto rapida durante i primi tre anni, permettendo il raggiungimento di dimensioni di 50 cm, e poi rallenta negli anni successivi. Grazie ad attenti monitoraggi realizzati attraverso marcatura di femmine, la popolazione di Caretta caretta nidificante sulle coste calabresi risulta spostarsi abitualmente lungo le coste della Libia e della Tunisia per l’alimentazione[1].
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Durante la prima decina di anni di vita, le giovani tartarughe trascorrono il tempo nella zona di alimentazione oceanica, nutrendosi di plancton. Il raggiungimento di una dimensione di carapace di circa 46 cm segna il passaggio verso la fase bentonica. Al raggiungimento della maturità sessuale (25 anni), durate la stagione riproduttiva, avviene la migrazione da aree di alimentazione ad aree di accoppiamento. Tuttavia, una vecchia stima statistica indicava che solamente una tartaruga su mille nate riesce a raggiungere l’età riproduttiva. Ogni femmina può accoppiarsi con più maschi, per cui all’interno di una nidiata possono essere presenti piccoli con padri differenti[2].
Principali minacce
Purtroppo, le popolazioni mediterranee di Caretta caretta risultano in grave declino, principalmente a causa dell’uomo. Importanti pericoli, che riguardano le tartarughe immerse in mare, sono l’inquinamento delle acque e la pesca. Gli oggetti di plastica gettati in mare spesso possono essere ingerite dalla tartaruga, accumulandosi nello stomaco, o provocandone il soffocamento.
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Le moderne attrezzature di pesca ogni anno feriscono migliaia di esemplari, attraverso ami che agiscono spietati e senza distinzione di specie: spesso essi vengono ingeriti dalla tartaruga, che viene soffocata dall’indistruttibile filo di nylon che si insinua nella vie intestinali.
L’antropizzazione delle spiagge ha causato la riduzione dei siti di nidificazione delle tartarughe. Il degrado dei litorali, il passaggio di veicoli, l’illuminazione artificiale ed il turismo (coincidente con la stagione di nidificazione) sono una grave minaccia sia per le femmine giunte per la deposizione che per i piccoli appena emersi dal nido che per i nidi stessi. Quando ad esempio ignari bagnanti affollano le spiagge nei mesi di luglio ed agosto, i nidi deposti nella parte alta delle spiagge rischiano di essere involontariamente distrutti.
Conservazione della Caretta caretta
Per i motivi sopra descritti, le spiagge adatte al perpetuarsi della specie sono sempre di meno e questo è uno dei fattori di rischio di estinzione per la specie. Il primo passo che è stato fatto negli ultimi decenni è stato dunque quello di scoprire se vi fossero ancora delle spiagge dove avvenisse la nidificazione della tartaruga marina Caretta caretta.
È stato questo, sin dal 2000, lo scopo del progetto TARTACare Calabria, condotto dal Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell’Università della Calabria, che ha portato appunto alla scoperta di una area di nidificazione regolare lungo la costa meridionale jonica. Prima dell’avvio del progetto, erano note in Italia pochissime spiagge di nidificazione regolari, di cui nessuna peninsulare: i due/tre nidi l’anno presenti sulle isole di Linosa e Lampedusa erano tutto ciò su cui l’Italia potesse contare nell’ambito dell’intero bacino del Mediterraneo. La costa delle tartarughe, come viene denominata ora dai ricercatori del progetto TartaCare, conta invece 15-20 nidi l’anno, circa il 60-80% del totale dei nidi nazionali! L’Italia si inserì così con maggiore autorevolezza nell’ambito del Mediterraneo, seppur con modestia rispetto ai complessivi 7200 nidi circa.
La presenza di siti di nidificazione stabili in Italia è una buona notizia, ma non bisogna abbassare la guardia, tutt’altro. È necessario anzi prestare molta attenzione ed imparare ad accogliere una nuova visione del rapporto uomo/natura, non antitetica ma di condivisione dei medesimi habitat.
Al fine di preservare la nidificazione di Caretta caretta lungo la costa ionica della Calabria, attualmente l’associazione onlus Caretta Calabria Conservation agisce durante tutto l’anno attraverso varie attività di monitoraggio, conservazione e divulgazione. L’associazione, fondata nel 2012 da personale altamente qualificato, ha sede operativa a Palizzi (RC), e ha da poco istituito l’apertura del Museo del Mare a Brancaleone.
Le attività di monitoraggio dell’intera costa ionica reggina, compiute a piedi o in bici o attraverso l’utilizzo di droni, permettono fin dal mese di maggio di rilevare le tracce di mamma tartaruga e di localizzare i nidi, posti in una condizione di sicurezza e costantemente protetti fino al momento della schiusa. Nel caso in cui il nido sia stato realizzato dalla madre in un luogo poco idoneo o pericoloso, ad esempio troppo vicino alla battigia o su una spiaggia troppo sassosa, esso viene traslocato in una posizione più sicura. Il successo di schiusa tra nidi naturali e nidi traslocati è risultato uguale.
L’emersione dei piccoli viene seguita, in caso di presenza di luci antropiche poco distanti, al fine di indirizzare i piccoli verso il mare. Alcuni nidi vengono recintati e l’emersione resa pubblica, per permettere a turisti e residenti di assistere all’affascinante evento e sensibilizzare la popolazione al problema che minaccia fortemente queste creature.
Passato qualche giorno dall’ultima emersione, presso ciascun nido viene viene effettuato uno scavo e vengono conservati tutti i resti in esso contenuti, per calcolarne il successo di schiusa e condurre eventuali analisi genetiche. Grazie al costante ed appassionato operato dell’associazione, l’anno scorso sulla costa calabrese sono stati condotti fino alla schiusa ben 41 nidi, mentre quest’anno una ventina.

Conclusione
Nonostante le Caretta caretta continuino a scegliere ogni anno le coste italiane, l’uomo continua a rovinare le spiagge ed il mare, habitat fondamentali per questa specie. È dunque davvero necessario che, all’intervento costante dei volontari dell’associazione, si affianchi l’impegno e l’interesse dei comuni e delle persone nei confronti della conservazione di questi straordinari animali.
Articolo redatto da Francesca Martelli e Manuela Russo.
Referenze
- Bentivegna, F. (2002). Intra-Mediterranean migrations of loggerhead sea turtles (Caretta caretta) monitored by satellite telemetry. Marine Biology, 141(4), 795-800.
- Casale, P., et al. (2008). Foraging ecology of loggerhead sea turtles Caretta caretta in the central Mediterranean Sea: evidence for a relaxed life history model. Marine Ecology Progress Series, 372, 265-276.
- Casale, P. (Ed.). (2010). Sea turtles in the Mediterranean: distribution, threats and conservation priorities. IUCN;
- IUCN Red List – Caretta caretta;
- Maigret, J. (1986). Statut actuel des Tortues marines de mer en Méditerranée. Rapp. Comm. Int. Mer Médit., 30(2): 243
- Snape, R. T., Schofield, G., & White, M. (2020). Delineating foraging grounds of a loggerhead turtle population through satellite tracking of juveniles. Aquatic Conservation: Marine and Freshwater Ecosystems, 30(7), 1476-1482;
- Tomas, J., Aznar, F. J., & Raga, J. A. (2001). Feeding ecology of the loggerhead turtle Caretta caretta in the western Mediterranean. Journal of Zoology, 255(4), 525-532;
- Wallace, B. P., et al. (2010). Regional management units for marine turtles: a novel framework for prioritizing conservation and research across multiple scales. Plos one, 5(12), e15465.