La stella alpina (Leontopodium alpinum), nota anche in tedesco come Edelweiss, è l’affascinante pianta erbacea perenne simbolo della catena alpina. Nel corso dei secoli, l’origine di questa specie, probabilmente a causa del suo splendido aspetto, è stata circondata da diverse leggende.
Una delle più suggestive racconta di un giovane che, recatosi un giorno in montagna, non fece più ritorno. La moglie, preoccupata, andò alla sua ricerca, finché non ne trovò il corpo ormai senza vita imprigionato tra due lastroni di ghiaccio. Essendo ormai troppo tardi per salvarlo, ella rimase a piangerlo finché non giunse l’oscurità. La fanciulla non si mosse per tutta la notte, tanto che la mattina successiva i suoi capelli erano ricoperti di una brina simile ad una peluria argentata; alla fine, implorò il Signore di poter restare per sempre vicino al suo amato. Il suo desiderio fu presto esaudito ed ella fu trasformata nella bellissima stella alpina che tutti noi oggi possiamo ammirare.
Morfologia generale della stella alpina
La stella alpina appartiene alla famiglia delle Composititae, o Asteraceae. Il nome generico della specie (Leontopodium) fa riferimento alla forma dei capolini fiorali, simile ad una zampa di leone; l’epiteto specifico (alpinum), invece, indica le zone di crescita della pianta, ossia le Alpi[1].
La stella alpina raggiunge altezze relativamente basse e solo pochi esemplari superano i 15 cm. Inoltre, è una pianta erbacea perenne, possedendo gemme che svernano nel suolo mentre sono protette dalla neve.
Tutta la pianta della stella alpina è lanosa, ovvero coperta di uno strato di peluria. Questi peli non servono però per la difesa del freddo, come si potrebbe credere, ma hanno la funzione di contrastare la perdita d’acqua (oltre che di protezione dai raggi UV) e quindi di limitare la traspirazione. La stella alpina, non a caso, abita luoghi aridi e soggetti a forte vento; inoltre, gli esemplari che abitano le basse quote perdono la caratteristica peluria[1].
Radici, fusto e foglie
Le radici della stella alpina si originano dal rizoma, una modificazione del fusto con funzione di riserva e di riproduzione; di fatti, il rizoma è dotato di gemme da cui si sviluppano periodicamente nuovi fusti. La parte epigea del fusto è eretta e con poche foglie.
Le foglie basali della stella alpina formano una rosetta e hanno un apice allargato e arrotondato che si restringe gradatamente verso la base. Le foglie superiori, invece, sono disposte lungo il fusto in modo alterno e hanno una forma ovoidale con gli estremi appuntiti (sono più strette rispetto alle basali).
Infiorescenza, fiori e frutti
Le infiorescenze sono formate da capolini (fino a 7) raggruppati e che terminano tutti alla stessa altezza, sebbene abbiano dei punti differenti di inserzione nel fusto.
Le infiorescenze sono circondate da foglie fiorali, le bratte, che spesso vengono scambiate per fiori. La confusione probabilmente nasce dal fatto che esse sono di colore bianco, a causa dei peli che le ricoprono, e sono disposte sulla sommità della pianta.
In realtà, il vero fiore della stella alpina è individuabile nei numerosi fiorellini di colore giallo o verde che si trovano in mezzo alle bratte. I fiori sono a simmetria raggiata e formati da quattro strutture: il calice, i cui sepali sono ridotti ad una coroncina di squame; la corolla, composta da cinque petali; l’androceo, formato da cinque stami; il gineceo, costituito da due carpelli che formano un ovario.
Il profumo dei fiori è dolce e simile al miele, ma contiene anche componenti dall’odore sgradevole simili al sudore, utile per attrarre gli insetti impollinatori, solitamente farfalle, api e coleotteri[2].
Infine, i frutti sono secchi, dotati di pappi e con un pericarpo più o meno indurito che contiene un unico seme, distinto dal pericarpo stesso.
Distribuzione, habitat e ciclo vitale
Seppure sia in grado di svilupparsi anche in ambienti rupestri, come su rocce calcaree o silicee, la stella alpina è tipica dei pascoli alpini di alta quota (da 1500 fino a 3000 m s.l.m.).
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare a causa del suo aspetto, però, sembra che i progenitori della stella alpina non si siano originati nei climi freddi a cui la specie odierna viene abitualmente attribuita; essi, infatti, sembra che abitassero le zone aride e calde degli altopiani asiatici. La densa peluria che ricopre la stella alpina odierna ne è la conferma, in quanto essa non serve a proteggere la pianta dal freddo, ma dall’eccessiva traspirazione. Inoltre, questo stesso adattamento è presente anche in altre piante che popolano habitat piuttosto aridi[3], come Inula candida e il millefoglio giallo (Achillea tomentosa).
Il genere Leontopodium, oltre a essere l’emblema delle nostre Alpi con la specie Leontopodium alpinum, è diffuso in tutto il continente euroasiatico. A partire dall’Asia centrale, il genere si è disperso fino all’Himalaya, in Giappone, e in Mongolia; arrivò poi in Europa durante le ultime glaciazioni[3], colonizzando le Alpi italiane, francesi, svizzere, austriache e slovene. È presente inoltre anche su altri rilievi montuosi europei, come i Pirenei, le Alpi Dinariche, i Balcani e i Carpazi[4].
Ad oggi, la gran parte delle altre specie del genere Leontopodium cresce spontaneamente negli altopiani asiatici da cui proviene questo gruppo, colonizzando i territori dalla sponda asiatica del mar Caspio fino alla Cina nord-occidentale.
Normalmente, la fioritura della stella alpina inizia verso la fine del mese di maggio e può protrarsi fini agli inizi di settembre.
La riproduzione sessuale della stella alpina avviene grazie all’impollinazione entomogana, cioè mediata da insetti. La dispersione dei semi della specie può avvenire invece per anemocoria (ossia mediata dal vento, grazie a particolari appendici dei frutti, dette pappi) o per mirmecoria (ossia mediata dalle formiche).
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Coltivazione e usi
La coltivazione della stella alpina non presenta grandi difficoltà, ma ci sono due condizioni fondamentali per la sua crescita:
- la presenza di un substrato ben drenato;
- una posizione non in pieno sole.
Non a caso, questa pianta si sviluppa sui tipici terreni montuosi in cui non si formano ristagni d’acqua; inoltre, sebbene prediliga i luoghi soleggiati, la pianta va protetta nelle ore più calde dei mesi estivi, soprattutto se si vuole coltivarla in zone temperate.
La stella alpina resiste efficacemente alle temperature invernali e, difatti, il suo habitat ideale è quello montano. I suoi semi necessitano di basse temperature per germogliare e, per questo, gli individui vengono seminati in autunno.
Per quanto riguarda il suo utilizzo, la stella alpina è molto richiesta a fini ornamentali. Inoltre, la specie potrebbe essere sia una preziosa fonte di sostanze antinfiammatorie[5], da sfruttare a scopo farmaceutico, sia un promettente agente per cosmetici anti-età[6].
Conservazione
A causa della sua bellezza e particolarità, fino a pochi anni fa la stella alpina era molto rara; infatti, per lungo tempo, sia i turisti che gli abitanti delle Alpi si dedicavano assiduamente alla ricerca e alla raccolta di questa pianta, per poterla ostentare come un meraviglioso trofeo.
Fortunatamente, oggi, grazie all’elezione a specie protetta, la raccolta indiscriminata che ne minaccia la sopravvivenza è proibita[7]; la stella alpina sta così ripopolando le nostre montagne rendendole, se possibile, ancora più belle.
Conclusione
Nel tempo sono state narrate moltissime leggende sulla nascita della stella alpina. L’aspetto unico e le particolari caratteristiche di questa pianta, come la tipica peluria e l’infiorescenza, sono probabilmente i principali artefici della sua fama. Inoltre, anche la vasta distribuzione del genere Leontopodium e la facile coltivazione della specie Lontopodium alpinum hanno contribuito a rendere la pianta un vero e proprio simbolo delle nostre Alpi.
Referenze
- Nicolini, G. (1960). Enciclopedia Botanica Motta. Milano. Federico Motta Editore;
- Erhardt, A. (1993). Pollination of the edelweiss, Leontopodium alpinum. Botanical Journal of the Linnean Society, 111(2), 229-240;
- Pignatti, S. (2017). Flora d’Italia. Bologna. Edagricole – New Business Media;
- Aeschimann, D., et al. (2004). Flora Alpina. Bologna. Zanichelli;
- Daniela, L., et al. (2012). Anti-inflammatory effects of concentrated ethanol extracts of Edelweiss (Leontopodium alpinum Cass.) callus cultures towards human keratinocytes and endothelial cells. Mediators of inflammation, 2012;
- Cho, W. K., et al. (2020). Anti-aging effects of Leontopodium alpinum (Edelweiss) callus culture extract through transcriptome profiling. Genes, 11(2), 230.
- Sistema informativo sulla flora delle Alpi Carniche meridionali (Ampezzo-Sauris) – Leontopodium alpinum.
Immagine di copertina di giovanni_novara, Flickr (CC BY-NC -SA 2.0)