Gli squali sono fra i vertebrati marini con il ciclo riproduttivo più lento. Questo aspetto della loro biologia li rende altamente vulnerabili alle pressioni antropiche cui sono sottoposti. Fra le popolazioni di squali maggiormente colpite vi sono quelle del Mar Mediterraneo; il bacino è infatti caratterizzato da una lunga storia di degradazione ambientale e sovrasfruttamento delle risorse. L’impatto umano sui diversi organismi è variabile a seconda della loro biologia e dell’interesse commerciale. Negli ultimi 200 anni alcune specie di grandi dimensioni hanno ad esempio subito un declino del 90%, mentre altre vengono classificate dalla IUCN addirittura come estinte all’interno del bacino.
Fra queste ultime vi è lo squalo toro, Carcharias taurus, appartenente alla famiglia Odontaspididae. Esso è rinvenuto per lo più in acque costiere e di estuario ma, a causa dell’attività umana, è probabilmente scomparso dal Mar Mediterraneo. L’ultimo avvistamento documentato avvenne nel 2008 a Sorat Bay, in Turchia[2].
Caratteristiche dello squalo toro
Lo squalo toro (Carcharias taurus) è l’unico rappresentante vivente del suo genere. Normalmente gli esemplari adulti misurano 250 cm di lunghezza, con casi eccezionali che superano queste dimensioni (320/330 cm)[4]. Lo squalo toro è caratterizzato da un muso corto ed appuntito, occhi di piccole dimensioni ed una colorazione variabile dal grigio al marroncino. Gli individui giovani presentano tipicamente una livrea con chiazze scure, le quali tendono poi a scomparire col raggiungimento della maturità sessuale[4]. I denti sono slanciati e multicuspidati.
Areale geografico e habitat
Lo squalo toro ha distribuzione circumtropicale: ad eccezione del Pacifico orientale è presente nelle acque temperate/calde di tutti i bacini oceanici. Tipici di ambienti costieri, gli squali toro si osservano sia su fondali sabbiosi che rocciosi, spesso in relazione a scogliere (reef) e caverne sommerse. Questa specie sopporta un ampio spettro di salinità dell’acqua e non è raro quindi avvistare esemplari nei pressi di estuari fluviali.
Squalo toro nel Mediterraneo
Nel 1810 il biologo francese Rafinesque stila la prima descrizione dello squalo toro. L’individuo analizzato per questa operazione (olotipo) venne pescato nei pressi di Palermo. La presenza di C. taurus nel Mar Mediterraneo in tempi storici è quindi confermata.
La specie appare comunque piuttosto elusiva, con soli 31 avvistamenti dal 1810 al 2008[2]. La maggior parte di questi sono circoscritti a tre aree preferenziali: il nord-est dell’Adriatico, la Sicilia e l’Algeria. La rarità di questo squalo potrebbe però non rispecchiare la realtà delle cose, sia a causa della scarsità delle catture nel report storico che a causa di errate identificazioni. Esemplari di squalo toro venivano infatti scambiati regolarmente con specie simili, in particolare con il cagnaccio e con lo squalo bianco.
La più antica prova di interazione dello squalo toro con l’uomo è curiosamente rappresentata da un dente ritrovato nel sito neolitico di Cova Fosca, nella Spagna nord-orientale[1].
Evoluzione delle popolazioni in Mediterraneo
Analisi svolte su campioni di squalo toro hanno permesso di identificare la diversità genetica interna al bacino del Mediterraneo. In totale vengono osservate tre varianti genetiche (o aplotipi), chiamate con le lettere I, A e B[3]. Lo studio degli aplotipi è necessario per poter comprendere, in base alla loro distribuzione geografica, la storia evolutiva di una specie.
Le variazioni genetiche identificate non sono esclusive delle popolazioni del Mediterraneo, in quanto sono condivise in parte anche con esemplari sudafricani e brasiliani. C. taurus avrebbe allora colonizzato il bacino solo recentemente (tardo Pleistocene, 126-11,7 mila di anni fa) in seguito a mutamenti climatici ed oceanografici naturali.
Nei periodi interglaciali del Pleistocene, con l’innalzamento delle temperature medie globali, vi fu un aumento nel regime idrostatico della corrente calda Agulhas (situata lungo le coste del Sudafrica). Questo permise il passaggio degli squali dall’Oceano Indiano all’Atlantico e la colonizzazione delle coste meridionali del continente africano.
Il ripristino di temperature più fredde spinse la specie a migrare verso latitudini minori con successiva entrata nel Mar Mediterraneo. Si esclude quindi l’ipotesi secondo cui le popolazioni di squalo toro del Mediterraneo siano formate da individui erranti provenienti dall’Atlantico e dal Mar Rosso, in quanto esse sono costituite in realtà da gruppi stanziali.
Dieta e riproduzione
C. taurus si ciba di molluschi cefalopodi, crostacei, pesci ossei e pesci cartilaginei[4]. I denti, slanciati e rivolti verso l’interno della bocca dell’animale, sono utili a trattenere prede scivolose.
La specie è ovovivipara, ossia con uno sviluppo embrionale che avviene all’interno di uova trattenute nelle vie genitali della madre (senza che però si sviluppi alcuna placenta). Gli squali toro hanno un ciclo riproduttivo biennale: le femmine partoriscono due neonati per volta dopo una gestazione lunga dai 9 ai 12 mesi[2]. Il numero ridotto di nascituri è da ricondurre a due fenomeni, oofagia e cannibalismo intrauterino: mentre sono ancora ospitati nell’utero i piccoli si nutrono sia delle uova che dei fratelli più piccoli.
Conservazione
A causa della sua distribuzione limitata e dei lunghi tempi di riproduzione, C. taurus risulta particolarmente sensibile alle pressioni antropiche. Le tecniche di pesca intensiva, sviluppatesi a partire dall’epoca romana, hanno ovviamente impattato maggiormente sugli habitat costieri. Il degrado ambientale e la riduzione degli stock ittici hanno portato di conseguenza ad una drastica riduzione delle popolazioni di C. taurus nel Mediterraneo.
L’ultimo avvistamento all’interno del bacino avvenne nel 2008 con un individuo pescato a Sorat Bay, in Turchia. In mancanza di successive evidenze riguardo la loro presenza la IUCN classifica le popolazioni mediterranee di questo squalo come a rischio critico. Non viene però escluso che queste siano già estinte[2, 3].
Conclusione
Una volta osservato regolarmente all’interno del Mar Mediterraneo, lo squalo toro risulta ora estremamente raro, se non estinto, all’interno del bacino. Le coste, habitat preferenziale per questa specie, risultano altamente degradate dall’attività umana. In caso di avvistamenti accertati, saranno necessarie azioni di salvaguardia ambientale e di tutela delle risorse ittiche così da garantire la sopravvivenza dello squalo toro nel Mare Nostrum.
Referenze
- Eufrasia Rosellò-Izquierdo, E. & LLorente-Rodrìguez, L. & Morales-Muniz, A. (2015). The fishes from Cova Fosca (Castellòn, Spain): lost signatures of a hunter gatherer tradition?;
- Bargnesi, F. & Gridelli, S. & Cerrano, C. & Ferretti, F. (2020). Reconstructing the history of the sand tiger shark (Carcharias taurus) in the Mediterranean Sea. Aquatic Conservation Marine and Freshwater Ecosystems;
- Fioravanti, T. & Bargnesi, F. & Splendiani, A. & Giovannotti, M. & Renzi, F. & Barucchi, V.C. (2020). Historical DNA as a tool to genetically characterize the Mediterranean sand tiger shark (Carcharias taurus, Lamniformes:Odontaspididae): A species probably disappeared from this basin. Aquatic Conservation Marine and Freshwater Ecosystems;
- Fishbase: Carcharias taurus.