La traduzione o sintesi proteica è un processo fondamentale per la cellula. Consente di produrre le proteine a partire dagli RNA che vengono trascritti nel processo di traduzione, e quindi sono la rappresentazione di cosa “serve” alla cellula in quel momento, selezionato nella grandezza del patrimonio genetico degli organismi.
Sintesi proteica
Mentre con il processo di trascrizione si passa dal DNA all’RNA, con il processo di traduzione si passa dall’RNA alle proteine. I due processi sono del tutto differenti, e richiedono elementi differenti per essere portati a termine.
Si può immaginare il primo processo come una traduzione di un testo dall’italiano ad una lingua che utilizza gli stessi caratteri, ma con piccole differenze, come lo spagnolo. Il processo di traduzione invece, può essere paragonato alla traduzione di un testo dall’italiano ad una lingua che utilizza caratteri differenti, come il cinese. In questo processo è necessario il codice genetico, che funge da “vocabolario” per la conversione di lettere (Adenina, Timina, Guanina e Citosina) in amminoacidi che comporranno la proteina.
Lo strumento che interviene nel processo di traduzione è il ribosoma, che con l’aiuto dei tRNA sono in grado di effettuare il processo.
Il ribosoma
Il ribosoma è una complessa macchina molecolare che comprende più di 50 proteine, le proteine ribosomiali, e molecole di RNA ribosomiale. Nelle cellule eucariotiche, le subunità vengono assemblate nel nucleolo e traslocate nel citoplasma.
Esistono delle differenze tra il ribosoma procariotico ed eucariotico, già trattate precedentemente qui.
Il tRNA
L’RNA transfer è uno degli elementi fondamentali per la sintesi proteica. Il suo ruolo è quello di portare il corretto amminoacido sulla catena polipetidica in formazione. Come dettato dal codice genetico, ad ogni tripletta di tre lettere (A, G, C, o U) corrisponde uno e un solo amminoacido. Mentre un amminoacido può corrispondere a più di una sequenza, ogni sequenza corrisponde soltanto ad un amminoacido. Il motivo di ciò è piuttosto intuitivo. Se ogni tripletta codificasse per più di un amminoacido, il tRNA non “saprebbe” quale amminoacido inserire ed il processo sarebbe del tutto casuale, creando peptidi non corrispondenti alla corretta funzione per cui sono preposti.

L’adattatore quindi, il tRNA, è una molecola di RNA che ha una precisa struttura che ne delinea la funzione. Una struttura a trifoglio, con una regione che riconosce la sequenza complementare al codone (quindi si chiama anticodone) e una regione che lega l’amminoacido corrispondente alla sequenza che codifica il codone (estremità 3′ accettrice); troviamo inoltre una regione D-loop, una regione TψC-loop e un braccio variabile.
Si ricorda inoltre che il tRNA è sintetizzato dalla RNA polimerasi III, ma come precursore, sia negli eucarioti che nei procarioti, che dovrà essere sottoposto a modifiche prima di assumere il corretto folding.
Ipotesi dell’oscillazione (wobble)
Se si guarda al codice genetico, si vede che ci sono 61 codoni, ciascuno che codifica per un amminoacido. Quindi idealmente dovrebbero esserci altrettanti tRNA, ciascuno che riconosce una specifica sequenza e quindi un amminoacido. Non è così, esistono molti meno tRNA di quanti ne sarebbero necessari.
Per questo motivo, Francis Crick elaborò l’ipotesi dell’oscillazione. Innanzitutto bisogna notare che, nel caso in cui un amminoacido sia codificato da più di una sequenza, le prime due basi sono sempre specifiche di quell’amminoacido, spesso l’unica base che cambia è la terza. Quindi da qui l’ipotesi dell’oscillazione: la terza base è spesso rappresentata dall’inositolo, una base modificata che si appaia (anche se in modo piuttosto debole rispetto agli appaiamenti definiti da Watson e Crick) con più di una base. Questo consente un appaiamento piuttosto libero della terza base, che consente al tRNA di riconoscere più di una sequenza (sempre però specifica per un unico amminoacido).
Inoltre, le prime basi di alcuni anticodoni determinano quanti codoni possono essere letti da un tRNA: se il primo è C o A, un solo codone; se la prima base è U o G, due codoni; se la prima base è I, allora ne vengono letti tre.
Infine, se un amminoacido è codificato da più codoni e la base che cambia è la prima o la seconda, servono due tRNA diversi.
Come avviene la sintesi proteica
Si parlerà in questa sede della sintesi proteica nei procarioti, ma il processo di base è lo stesso, ci sono solo delle differenze a livello dei fattori che si associano durante il processo; ulteriori differenze sono spiegate successivamente.

La sintesi proteica può essere riassunta in 5 fasi: attivazione, fase di inizio, fase di allungamento, fase di terminazione, fase di modificazione.
Fase di attivazione
La prima fase della sintesi proteica comprende il legame dell’amminoacido al suo corretto tRNA, con l’aiuto dell’enzima amminoacil-tRNA-sintetasi. Il processo avviene nel citosol e i tRNA vengono definiti carichi.
Fase di inizio
All’attivazione segue il vero e proprio inizio. La formazione quindi del complesso di inizio avviene quando la subunità minore del ribosoma si lega a specifici fattori di inizio (IF nei procarioti ed eIF negli eucarioti), e l’mRNA da tradurre si lega alla subunità minore del ribosoma in corrispondenza di una specifica sequenza che si trova nell’mRNA. Nei procarioti si trova la sequenza di Shine-Dalgarno, mentre negli eucarioti si trova la sequenza di Kozak.
L’amminoacil-tRNA di inizio si lega quindi all’mRNA. Avviene quindi il legame con la subunità maggiore del ribosoma, e tramite l’utilizzo di energia derivata dal GTP i fattori di inizio vengono rilasciati dal ribosoma.
Fase di allungamento
Quindi, dall’assemblaggio dei due complessi risultano tre siti sul ribosoma: A, P ed E. Il primo amminoacil-tRNA legato all’mRNA si trova nel sito P. Una volta che il secondo amminoacil-tRNA si è legato ai fattori di allungamento (EF) si inserisce nel sito A. Quindi avviene un legame peptidico tra i due amminoacidi presenti sugli amminoacil-tRNA, in particolare dal sito P al sito A (azione catalizzata dalla peptidil transferasi).
Avviene quindi la traslocazione, per cui il ribosoma si sposta verso il 3′ dell’mRNA; ciò fa si che dal sito A l’amminoacil-tRNA con il dipeptide passi al sito P ed il t-RNA scarico passi al sito E, da dove viene rilasciato. Il processo richiede sempre energia ottenuta tramite il GTP. A questo punto, ogni amminoacil-tRNA entrante si legherà al sito A e avverrà il medesimo processo descritto, fino all’incontro di una sequenza di stop.
Fase di terminazione
In quest’ultimo caso intervengono tre fattori di rilascio (RF) che fanno si che l’ultimo amminoacil-tRNA venga rilasciato e la dissociazione dei complessi maggiore e minore. Quindi, quando nella sequenza dell’mRNA si trova il fattore di terminazione, i fattori di rilascio vi si legano ed effettuano la dissociazione delle subunità ribosomiali e del rilascio dell’mRNA.
Fase di modificazione
L’ultima fase della sintesi proteica prevede l’acquisizione da parte della proteina della sua struttura nativa e delle modifiche post-traduzionali.
Si può rilevare inoltre una similitudine in procarioti ed eucarioti. I ribosomi possono essere presenti come polisomi, ovvero raggruppamenti di ribosomi agganciati ad uno stesso mRNA, che permettono di aumentare l’efficienza della traduzione.
Differenze nel processo tra eucarioti e procarioti
Mentre nei procarioti trascrizione e traduzione sono accoppiate, negli eucarioti l’mRNA trascritto deve essere prima traslocato dal nucleo nel citoplasma, dove avverrà la sintesi proteica.
Un’altra differenza risiede nel fatto che l’mRNA eucariotico è monocistronico, mentre l’mRNA procariotico è policistronico (ci sono più geni che devono essere tradotti, come nel caso dell’operone LAC).
Bibliografia
- David L. Nelson, Michael M. Cox: I principi di biochimica di Lehninger. Edizione Zanichelli.
- Bruce Alberts, Alexander Johnson, Julian Lewis, Martin Raff, Keith Roberts, Peter Walter: Molecular Biology of the cell. Edizione Garland Science.