Fin dalle scuole medie siamo abituati a definire il DNA come la sede del materiale genetico, come un magazzino con tutte le informazioni che ci riguardano e che ci definiscono. Eppure un tempo veniva considerato come una qualsiasi molecola all’interno della cellula: vediamo quindi le tappe più importanti che hanno rivoluzionato l’idea che avevamo e abbiamo di tale composto, scopriamo infine come si arrivò alla scoperta del DNA.
Incipit
Fin dai filosofi greci l’uomo ha sempre indagato le proprie origini e ciò che lo rende così diverso dal mondo che lo circonda. Da Socrate infatti si parla di psyché e si comincia la ricerca verso un qualcosa di astratto e di pari dignità dell’accezione fisica che riusciamo a percepire. Le teorie successive, passando per Platone, Aristotele, la forte concezione religiosa del Medioevo, puntarono molto sulla ricerca della componente anatomica cui potesse risiedere questa peculiarità .
Fu solo nel 1944 che un biologo svizzero, ancora inconsapevolmente, di nome Friedrich Miescher, isolò gli acidi nucleici e pose il nome “nucleina” alla struttura che essi formavano, di fatto scoprendo la sede della molecola che definisce ogni essere vivente fin dalla nascita. Ad oggi, passando per la genomica e l’epigenetica, sappiamo che il DNA non necessariamente descrive il “prodotto” finale, ma comunque è un ottima base di partenza.
Fu Gregor Mendel che nella seconda metà dell’Ottocento cominciò a studiare l’ereditarietà . Egli non conosceva l’esistenza della “nucleina”, ma nonostante ciò riuscì a quantizzare dei modelli di base per predire come delle caratteristiche esterne, parliamo di fenotipo, potessero essere trasmesse alle generazioni successive, basandosi solo sull’osservazione.
Anche gli studi successivi si basarono su dati visivi. Per esempio Morgan, nel primo decennio del Novecento, correlò la presenza di una mutazione del colore degli occhi di Drosophila melanogaster al sesso dell’individuo. Anche in questo caso ancora non era possibile parlare di geni ed elementi a noi familiari.
Verso la scoperta del DNA: studi e scienziati
Frederick Griffith
Griffith, biologo inglese, stava lavorando sul batterio Streptococcus pneumoniae in seguito alla violenta epidemia di polmonite che dilagò sul suolo britannico negli anni Venti. Utilizzò due linee cellulari: una, definita rugosa (R), non possedeva capsula polisaccaridica e non era in grado di indurre la malattia; l’altra, liscia (S), con una capsula polisaccaridica e che induceva la patologia.
Sottoponendo la linea S ad alte temperature, questa non era più in grado di indurre la malattia. Iniettando la linea S, sempre dopo il trattamento ad alta temperatura, insieme a quella R, Griffith scoprì che gli R avevano acquisito la capsula ed erano in grado di mantenerla lungo le generazioni. Quindi venne ipotizzata la presenza di un principio trasferibile da una linea all’altra.
Avery, Hershey e Chase
Dopo la scoperta di Miescher, Avery e collaboratori annunciarono, nel 1944, che il principio descritto da Griffith fosse il DNA. Essi isolarono le più importanti componenti cellulari della linea S e le iniettarono una per una nella linea R studiandone le conseguenze. Solo i topi infettati da linee R contenenti i DNA S morirono.
Hershey e Chase confermarono tale risultato nel 1952. Essi utilizzarono un batteriofago T2 e le linee di batteri che era in grado di attaccare. Marcarono dapprima le proteine dell’involucro con l’isotopo radioattivo (35)S e poi il DNA con (32)P. Osservarono che le proteine andavano perse, rimanendo per lo più adese sulle pareti batteriche, mentre gli acidi nucleici venivano trasferiti alle generazioni di fagi successive.
Watson, Crick e Franklin
Nel 1953 arrivò la scoperta della struttura del DNA. Venne pubblicata su Nature in tre articoli. La tecnica che permise ciò fu la cristallografia: consiste nel cristallizzare molecole, irradiarle con raggi X e calcolarne la struttura in base agli angoli di diffrazione. Crick e Franklin diedero un contributo decisivo: il primo ideò una teoria che potesse risolvere la struttura di molecole elicoidali, la seconda riuscì a cristallizzare la molecola di DNA.
Come ormai tutti sanno furono solamente Watson, Crick e Wilkins, il dirigente del laboratorio, a vincere il Nobel. La motivazione è dovuta alla morte della Franklin per un tumore probabilmente indotto dai raggi X con cui lavorava. Altrettanto noti sono i comportamenti maschilisti dei primi tre i quali utilizzarono il materiale della Franklin, si pensa senza permesso, lasciandole uno spazio marginale nell’ultimo dei tre articoli.
Conclusioni
Come abbiamo visto la scoperta del DNA e della sua struttura è stato un processo lunghissimo che, indirettamente, è cominciato più di duemila anni fa. Ovviamente non si è ancora concluso, dopo il 1953 infatti furono tantissime le scoperte che riguardano la così detta “molecola della vita“: basti infatti pensare ai fenomeni di trascrizione e duplicazione e tutte le molecole e caratteristiche che le riguardino. Ad oggi addirittura si conducono studi finalizzati a conoscere l’intero genoma di organismi che potrebbero essere interessanti, come il Progetto Genoma Umano, o di quei fenomeni, quali l’epigenetica, che ci rendono anche ” diversi” da quanto scritto nel DNA. Dunque è un processo lungo che vede il suo termine ancora lontano.
Fonti: Genetica – Griffiths W.; Biologia molecolare del gene – Watson J.D.