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Salvate il lupo (non è) cattivo

Francesca e Giacomo sono due zoologi. Nei boschi del Parco nazionale del Pollino, stanno cercando, tramite la tecnica del wolf howling,  un branco di Canis lupus italicus, il lupo appenninico. Con questa tecnica diffondono, tramite un megafono, gli ululati di un maschio adulto ed attendono la risposta del branco, se c’è, provando a localizzarlo. Quella notte Francesca e Giacomo ritornano in un punto preciso, un angolo remoto del bosco dove hanno localizzato un branco, a circa 500 metri davanti a loro; diffondono l’ululato, e la risposta non tarda ad arrivare, rivela che il branco si è spostato, ora dista 20 metri circa…..alle loro spalle. Bosco fitto, notte fonda, due ricercatori e sei lupi che sono lì, per loro.

Salvate il lupo

Non è affatto il set di un film horror, è il lavoro di chi conosce ama e protegge il lupo. Francesca e Giacomo sono incolumi, e ci raccontano questo e tanto altro alla serata iniziale dell’evento Weekend con il Lupo, nel Parco Nazionale della Sila. L’episodio che ci hanno raccontato risale ormai a più di dieci anni orsono e come loro, nessun umano è stato mai attaccato da un lupo; gli ultimi eventi documentati risalgono ai secoli tra XVIII e XIX e in quello stesso periodo la rabbia tra i canidi allo stato brado era diffusa. Certamente, inutile negare che si tratti di un predatore, abile e potente, intelligente ed organizzato, ma comunque un predatore. Come tale però, va conosciuto e rispettato, non combattuto né temuto. Questo i pastori del passato lo sapevano, e pochi tra i pastori di oggi, quelli avvezzi alla sua presenza, lo sanno ancora.

salvate il lupo

Il ritorno del lupo

Accadeva però che negli anni 70 il lupo venisse attivamente cacciato e portato quasi all’estinzione sul territorio italiano, eliminato completamente dal centro e nord Italia e presente con branchi poco numerosi e molto schivi sulle zone montuose dell’Appennino meridionale. Grazie a programmi di conservazione mirati, ad alcuni programmi di reintroduzione di ungulati selvatici, sue prede d’elezione e soprattutto grazie all’estrema mobilità e adattabilità della specie, il lupo si è pian piano ripreso il suo territorio ed oggi, ad eccezione delle isole, quasi tutto il territorio montuoso italiano è areale di distribuzione del lupo.

Il lupo è tornato a casa, ma nel frattempo molti pastori, maggiormente quelli del centro nord, si erano disabituati alla sua presenza, ed ora lo temono, e più di ogni altra cosa lo combattono.

La percezione della reale pericolosità del lupo è amplificata a tal punto che vi sono timori addirittura riguardo al futuro della pastorizia stessa. Il lupo preda il bestiame d’allevamento, è noto, semplicemente perché può. E con questo si intende innanzitutto che il bestiame non è adeguatamente protetto e in secondo luogo che la disponibilità di prede selvatiche non è adeguata.

Ad entrambe le situazioni le soluzioni sono semplici ed alla portata di tutti i cosiddetti stakeholders, che in questo momento stanno discutendo il nuovo “Piano di gestione del lupo“. I pastori potranno munirsi di recinzioni elettrificate e di cani da pastore, protetti da un collare chiodato. A rinforzo esistono programmi di ripopolamento di ungulati selvatici in aree protette, come ad esempio è stato fatto nel Parco Nazionale della Sila con il cervo ed il capriolo. La dott.ssa Fracensca Crispino, zoologa della Soc. Coop.Greenwood ci conferma che l’80% della dieta del lupo è composta da cinghiale.

Questa affermazione ci offre lo spunto per un approfondimento.

Il cinghiale, grazie a recenti ripopolamenti a scopo venatorio, è diventato a dir poco invasivo in tutto il territorio montano nazionale, arrivando persino, come accaduto nel luglio scorso, a sconfinare oltre le tradizionali aree di frequentazione montane per giungere fino alla costa, dove è stato fotografato un esemplare nuotare incurante della presenza dei bagnanti. L’enorme espansione di questo ungulato è dovuta al fatto che la pressione venatoria non compensa l’estrema prolificità della specie, che impattando sulla fitocenosi forestale in maniera netta, non disdegna l’alimentazione a spese dei coltivi.

E’ un problema reale quello del lupo?

Infatti, come ci riferisce il Dott. Pietro Molinaro, Presidente della Coldiretti Calabria, i danni da cinghiale alle colture riferiti dagli agricoltori soverchiano di gran lunga gli attacchi al bestiame da parte di lupi. In particolare, il Dott. Molinaro ci conferma che le lamentele per danni da cinghiale arrivano non solo dagli agricoltori di zone montuose ma anche da quelli di zone collinari, e se pensiamo che il territorio calabrese è collinare per il 49,2% e montuoso per il 41,8%, ci rendiamo conto che il fenomeno preoccupa il 91% degli agricoltori.

Alla domanda sul confronto con gli attacchi al bestiame, il dott. Molinari ci risponde che in Calabria le lamentele sul lupo sono poco rilevanti in termini quantitativi e che spesso si tratta di cani rinselvatichiti. Inoltre, le segnalazioni si limitano a zone montane e lontano dai centri abitati.

Una lotta impari

Il lupo ed il cinghiale sono due esempi di come, pur in direzioni opposte, l’intervento umano sulle popolazioni abbia avuto effetti negativi. Se invece pensassimo a relazioni ecologiche naturali, vedremmo situazioni molto simili a quelle della Lessinia, dove si è rilevato un effetto positivo di contenimento delle popolazioni di cinghiale grazie alla predazione da parte del lupo. Anche in Nord America, dove i branchi sono nettamente più numerosi, si sono verificati casi documentati di impatto positivo e riequilibrio delle zoocenosi grazie alla presenza del lupo nella catena trofica. In Italia centro meridionale, però, secondo gli esperti della Greenwood, Giacomo Gervasio e Francesca Crispino, si tratta di una lotta impari.

salvate il lupo La biologia delle specie e l’intervento discriminatorio dell’uomo non permettono allo stato attuale la presenza di un adeguato numero di esemplari di lupo che possano calmierare la ridondanza del cinghiale. Purtroppo ci troviamo di fronte ad una realtà in cui la cattiva fama del lupo, gli frutta elevata mortalità per bracconaggio ed avvelenamenti. La scienza in questo caso, può fornire nuove conoscenze e cambiare il punto di vista, ma è anche necessario che la legislazione accolga la sua voce. Nella fattispecie vi sono alcuni nonsense legislativi che certo non facilitano il compito di ricercatori ed esperti.

Riguardo ai riferiti attacchi al bestiame, si sa che sono frequenti gli individui ibridi tra cane e lupo, molto più aggressivi e orientati più al bestiame che alla fauna selvatica.

In casi in cui è possibile, si ricorre ad analisi genetiche. Quando queste restituiscono genoma di lupo, compare la falla nel sistema: per legge, tutti gli ibridi fino alla 4 generazione sono assimilati agli individui puri di Canis lupus. Si impennano forzosamente quindi le statistiche di colpevolezza della specie pura, dato che è impossibile stabilire con quale generazione di ibridi stiamo avendo contatto. Inoltre, superfluo ma necessario aggiungere, ibridi e cani sono  molto più numerosi dei lupi veri e propri.

Dito puntato contro il lupo, quindi, e poco importa se i fratelli Grimm ed Esopo scrissero fiabe, non resoconti scientifici. Non sorprende  in questo scenario la risposta ai timori degli allevatori  di inserire, nel nuovo piano di gestione del lupo, degli abbattimenti programmati, che sembra un accoglimento irragionevolmente parziale, a cui solo la postilla di limitare gli abbattimenti al 5% delle popolazioni effettivamente censite e comunque al di fuori dei territorio dei parchi pare mettere una pezza.

Nel Parco della Sila sono stati censiti da Greenwood tre branchi, di 4/5 individui ciascuno, che speriamo possano essere al sicuro. I branchi sono costituiti su base strettamente familiare, con una struttura gerarchica rigidissima.

Solo la coppia alfa si riproduce, e dopo la nascita dei  suoi 4-6 cuccioli si ricongiunge al branco, nel cosiddetto rendez-vous site, una vera e propria nursery costituita in un punto del bosco al riparo da ogni pericolo, dove l’uomo non arriverebbe mai. Tra i cuccioli la mortalità è elevatissima, ed anche per gli adulti, senza un branco di riferimento, la vita non è facile.

Ma stiamo parlando del lupo, predatore e signore dei boschi, e come dimostra la sua storia, anche quando era sull’orlo dell’estinzione in Italia, ha saputo “ritrovare la strada” della ripresa, per cui confidiamo che lo rifarà, nonostante gli abbattimenti programmati, che speriamo restino solo sulla carta.

Leggi anche: Il ritorno dei lupi in Italia

Fonte: Ripple et al., Journal of Animal Ecology, 2013 doi: 10.1111/1365-2656.12123

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