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Salti di specie nei patogeni emergenti

Un patogeno emergente è definito come l’agente eziologico di una malattia infettiva la cui incidenza è in aumento. I passaggi da una specie ospite all’altra, definiti salti di specie (o spillover in inglese), hanno portato ad alcune delle più devastanti epidemie e pandemie  registrate. Un esempio recente è quello di SARS-CoV-2, responsabile della malattia da coronavirus COVID-19.

È essenziale studiare l’epidemiologia e la biologia evolutiva alla base di questi eventi per capire il fenomeno delle malattie infettive emergenti in popolazioni umane, animali domestici, fauna selvatica e piante e per comprendere come avvengano i salti di specie[4].

Gli agenti patogeni nella dinamica di popolazione

I patogeni sono agenti di diversa natura, responsabili dell’insorgenza di una patologia. Per capire come un patogeno effettui un salto di specie è il caso di analizzare la statistica che c’è dietro l’insorgenza di nuovi casi, descritta attraverso la teoria epidemiologica. Occorre quindi prendere dimestichezza con alcuni parametri[5].

Si può prevedere la dimensione di un focolaio in base al numero di introduzioni, tenendo conto dei casi primari di infezione e del potenziale di trasmissione dell’agente patogeno da un ospite all’altro. Il potenziale di trasmissione viene espresso in termini di numero di riproduzione di base, indicato con R0. Pertanto, si tratta del numero medio di casi secondari generati da un singolo caso primario introdotto in una popolazione di ospiti precedentemente non esposta[5].

Gli agenti patogeni che entrano in una nuova popolazione ospite mediante uno spillover vengono valutati sulla base del valore di R0: con R0<1 nella nuova popolazione ospite ci sarà solo una diffusione limitata dell’infezione; con R0>1 nella nuova popolazione ospite c’è una possibilità finita che si verifichi un’epidemia[5].

Per esempio, se R0 è pari a 2 la maggior parte delle infezioni verrà acquisita all’interno della nuova popolazione ospite, quindi il feedback positivo risultante potrebbe potenzialmente alimentare una grave epidemia[5].

Per quali motivi R0 potrebbe cambiare? Ce ne sono diversi:

  • Cambiamenti nell’ecologia e nell’ambiente dell’ospite. Es. l’urbanizzazione è un fattore chiave che aumenta il potenziale di trasmissione di molte infezioni virali e batteriche umane;
  • Cambiamenti nel comportamento e nei movimenti dell’ospite. Es. viaggi in tutto il mondo hanno esacerbato la diffusione della SARS;
  • Cambiamenti nel fenotipo dell’ospite. Es. l’immunosoppressione durante i trattamenti ospedalieri o dovuta agli effetti dell’HIV/AIDS è stata individuata come contributo alla diffusione di numerose infezioni;
  • Cambiamenti nella genetica dell’ospite. Es. tra le piante, l’uso di singole cultivar aumenta la vulnerabilità di molte specie vegetali alle epidemie di agenti patogeni che si riversano da specie ospiti selvatiche strettamente imparentate;
  • Cambiamenti nella genetica dei patogeni[5].

    salti di specie nel mondo
    Immagine realizzata da Ginevra Borgia per BioPills.

Biologia dello spillover

Per comprendere al meglio i salti di specie, vanno considerati nel dettaglio i processi biologici che si verificano attorno al salto stesso[5].

Il primo requisito è l’esposizione della specie all’agente patogeno. Il tasso di esposizione sarà funzionale all’ecologia e al comportamento delle due specie ospiti e della biologia di trasmissione del patogeno stesso[5].

Il secondo requisito è che l’agente patogeno deve essere in grado di infettare il nuovo ospite. Questo vuol dire che devono essere tra loro “compatibili”. La compatibilità in questo contesto si riferisce al fatto che i patogeni hanno ospiti molto variabili. Alcuni infettano naturalmente solo una singola specie (ad esempio il virus della parotite o il Plasmodium falciparum nell’uomo), mentre altri possono infettare ospiti di diversi ordini tassonomici o addirittura di classi (ad esempio il virus della rabbia o il protozoo Blastocystis hominis)[5].

Le ragioni di queste variazioni sono poco note, sebbene si sappia che alcuni fattori (es. via di trasmissione indiretta) giovino per il raggiungimento di un ampio spettro di ospiti[5].

Per i virus, uno di questi fattori è lo sfruttamento di recettori cellulari evolutivamente conservati e condivisi dalle cellule ospitanti. In questo modo è più probabile che gli ospiti siano predisposti all’infezione da parte di un virus che presenti questo retaggio[5].

Tuttavia, anche se in grado di infettare una nuova specie, i patogeni si dimostrano di solito meno infettivi nei confronti di quest’ultima. Il motivo di tale difficoltà è la presenza della cosiddetta “barriera di specie”. Ossia: più le specie sono vicine dal punto di vista filogenetico, più sarà semplice dar luogo a uno spillover. Viceversa per individui con una parentela meno diretta[5].

Infatti, tale limite implica la necessità di dosi molto più elevante per infettare il nuovo ospite. Per esempio, è stato dimostrato sperimentalmente che la dose del virus della rabbia delle volpi necessaria per infettare cani e gatti deve essere fino a un milione di volte maggiore di quello necessario per infettare altre volpi[1].

Il terzo e ultimo requisito per dei salti di specie efficaci è che l’agente patogeno deve essere sufficientemente trasmissibile tra gli individui della nuova popolazione ospite. Come discusso in precedenza, ciò riguarda il valore di R0 e, quindi, se il patogeno può invadere con successo la nuova popolazione ospite[5].

L’ospite: evoluzione e adattamento ai salti di specie

Ricapitolando: con R0>1 allora l’epidemia è “in attesa di verificarsi”, con R0<1 significa che ogni caso primario risulterà in una catena di trasmissione nella nuova popolazione ospite fino al raggiungimento dell’estinzione.

Ciò, il più delle volte, non si verifica per via della possibilità che il patogeno si evolva in modo da far diventare R0>1. Di conseguenza, potrebbe diventare in grado di generare un’epidemia. In effetti, prendendo come esempio i virus, quelli che riscuotono maggior successo non causano la morte degli individui, ma instaurano una sorta di convivenza[3].

L’evoluzione del patogeno, o per meglio dire l’adattamento (non dimentichiamo mai le osservazioni di Darwin), può comportare cambiamenti genetici che vanno da qualche sostituzione nucleotidica, attraverso la cattura genetica da altri organismi, alla ricombinazione o al riassortimento e all’ibridazione. L’adattamento potrebbe essere così rapido che i ceppi dei patogeni si adattano a diversi tessuti ospiti o a cellule ospiti, colonizzandoli in maniera altamente specifica[3].

I microrganismi posseggono numerose armi a loro vantaggio che permettono un rapido adattamento a una nuova condizione. Per citarne alcune, plasmidi e trasposoni sono elementi genetici che permettono lo scambio rapido di informazioni tra microrganismi[3].

Molto probabilmente lo spillover è stato un importante incentivo nel differenziamento dei patogeni durante l’evoluzione. La prova dei salti di specie è storicamente fornita dalle incongruenze nelle tipologie filogenetiche delle specie ospiti e dei loro rispettivi patogeni. Ad esempio, in un recente studio su virus a RNA, hantavirus, spumavirus e virus della leucosi del sarcoma aviario hanno mostrato livelli significativi di congruenza con la loro specie ospite, mentre arenavirus e lyssavirus non hanno mostrato congruenza[3].

L’argomento è talmente vasto e intrinsecamente complicato che richiederebbe molto più che un semplice articolo per essere ben approfondito. Una lettura di estremo interesse in merito è “Spillover. L’evoluzione delle pandemie” di David Quammen.

Come si affrontano i salti di specie?

L’emergenza di un nuovo patogeno a seguito a uno spillover rappresenta il successo della colonizzazione di un nuovo habitat. Questa è l’aspirazione massima per un neo-patogeno che si approccia al mondo. Per il suo successo è sufficiente? Ovviamente no, ma l’effetto sorpresa gioca un ruolo cruciale sul sistema immunitario dell’ospite[2].

L’imprevedibilità nell’emergenza di nuovi patogeni significa che la prima linea di difesa deve essere un’efficace sorveglianza. Questa necessità richiede l’identificazione e il monitoraggio di popolazioni o individui o luoghi ad alto rischio, persino la creazione di sistemi “sentinella”. Un recente lavoro, che sfrutta dei modelli matematici per simulare l’effetto di agenti patogeni, fornisce le fondamenta per la progettazione di sistemi di sorveglianza basati sulla comprensione della rete di contatto all’interno della popolazione ospitante[2].

L’importanza di una rapida identificazione, valutazione e azione non può essere però sopravvalutata. Spesso, il singolo fattore più importante che influenza l’entità di un’epidemia è la velocità con cui vengono messi in atto interventi efficaci di prevenzione… come ci ha dimostrato proprio SARS-CoV-2.

Referenze

  1. Blancou J, & Aubert MF, 1997. Transmission of rabies virus: importance of the species barrier. Bull Acad Natl Med;
  2. Eubank S, Guclu H, Kumar VS, et al., 2004 Modelling disease outbreaks in realistic urban social networks. Nature;
  3. Jackson, Andrew P., & Michael A. Charleston, 2004. A cophylogenetic perspective of RNA–virus evolution. Molecular Biology and Evolution;
  4. Mark E.J. Woolhouse, Daniel T. Haydon, & Rustom Antia, 2005. Emerging pathogens: the epidemiology and evolution of species jumps. Trends in Ecology & Evolution;
  5. Woolhouse ME, Taylor LH, & Haydon DT, 2001. Population biology of multihost pathogens. Science.
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