Solitamente quando si parla di anfibi ci salta subito alla mente la classica rana. In Italia oltre a rane, rospi, tritoni e salamandre pezzate in pochi sono a conoscenza di un altro splendido anfibio che vive solo sugli Appennini: La salamandrina dagli occhiali.
Chi è la salamandrina dagli occhiali?
Anfibio urodele di piccole dimensioni, questa salamandra rappresenta l’unico genere di vertebrato endemico dell’Italia, oltre ad essere l’unico anfibio europeo dotato di sole 4 dita alle zampe posteriori. Il nome di questa specie è dovuto alla mascherina di colore chiaro a forma di ‘v’, presente sul capo, che collega i due occhi come un paio di occhiali. Del genere salamandrina esistono due specie: la salamandrina perspicillata (Appennino tosco-emiliano e laziale) e la salamandrina terdigitata (Appennino campano e calabrese). Le differenze riguardano la taglia, superiore in S. perspicillata, e la colorazione leggermente diversa.
La S. perspicillata però non è stata ancora universalmente riconosciuta, pertanto le sue popolazioni vengono ritenute parte di S. terdigitata.
Le sue dimensioni ridotte, le sue abitudini terrestri, la colorazione bruna e l’aspetto legnoso del dorso rendono questo simpatico anfibio molto difficile da osservare.
Il periodo migliore per incontrarlo è quello primaverile, perché le femmine si recano nelle pozze d’acqua per deporre le uova, all’incirca 30-70, a differenza dei maschi che svolgono una vita totalmente terrestre, tra il substrato umido del sottobosco. Alla nascita le larve misurano all’incirca 8-10 mm, fino a raggiungere da adulti le dimensione di 8 e 11 cm, rispettivamente per gli individui maschi e femmine.
La colorazione parte dal bruno del dorso, fino a raggiungere il rosso brillante disseminato di chiazze bianche del ventre. Come molti animali, questi colori sgargianti servono ad intimorire eventuali predatori, e nel caso della salamandrina essa si ripiega, se infastidita, mostrando così la coda rossa brillante.
La dieta della salamandrina si basa su anellidi e insetti acquatici, che vengono catturati tramite la lingua estroflettibile. Questo piccolo animaletto è un ottimo bioindicatore ambientale, per cui la sua presenza sul territorio indica una buona qualità dell’ambiente in cui vive e delle acque in cui si riproduce. Ciò però la rende vulnerabile, come la smaggioranza degli anfibi d’altronde, all’inquinamento dell’uomo. Proprio per questo a partire dal 1981 in Italia essa è tutelata dalla convenzione di Berna, che ne vieta la cattura, detenzione, uccisione e la distruzione dei siti di riposo e riproduttivi.
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Articolo redatto da Luca Messina di Ciak Natura.