Le radici sono uno dei tre organi principali delle piante e svolgono tre funzioni fondamentali: sostegno al resto della pianta, assorbimento di acqua e sali minerali e produzione di ormoni come citochinine e gibbereline per il controllo e la crescita del resto della pianta e per mantenere inalterato il rapporto assorbimento/traspirazione dell’acqua. Esistono altre tipologie di radici che però svolgono funzioni diverse: alcune si aggrappano in zone adatte, altre parassitano altre piante, altre ancora sono la sede di accumulo di carboidrati. Perciò ogni radice può essere specializzata in alcune funzioni ed essere meno adatte in altre.
Struttura esterna delle radici
Necessitando di un enorme superficie di assorbimento, una radice è molto ramificata, perciò possiede una radice principale, più grande, e numerose radici laterali (ramificazioni). La radice principale si forma a partire da una radichetta già presente nel seme, mentre dalle radici laterali possono dipartire altre radici, formando un ampio complesso assorbente. Se la pianta è perenne e legnosa, anche le radici possono avere una crescita secondaria. Tipiche delle dicotiledoni sono le radici a fittone, queste si presentano come un corpo cilindrico molto resistente, come nelle carote, e nelle barbabietole; nelle monocotiledoni ci sono numerose radici della stessa taglia che formano un sistema radicale fibroso o fascicolato che si forma alla morte della radichetta della plantula.
Successivamente, dalla pianta matura possono nascere nuove radici, non originanti dalla radichetta o da radici preesistenti; queste sono dette radici avventizie. Alcune dicotiledoni, pur non producendo naturalmente radici avventizie le originano se tagliate, un esempio ne sono le talee. La crescita di una radice avviene all’apice radicale, grazie ad un meristema radicale (le cui cellule si accrescono per divisione), coperto da uno strato di cellule protettive detto cuffia radicale (o caliptra). Le cellule esterne della cuffia producono un complesso polisaccaridico lubrificante (mucigel), e si dividono in continuazione, poiché vengono costantemente consumante al passaggio nella terra.
Sopra alla cuffia si trova una zona di accrescimento per distensione, le cui cellule si accrescono per aumento dei vacuoli. Ancora sopra c’è la zona pilifera della radice (o zona di struttura primaria) dove sono presenti numerosi tricomi (che aumentano la superficie di assorbimento e, inoltre, essendo piccoli in genere 10 μm, sono in grado di entrare nei pori terreni ad assorbire acqua). Questi tricomi sono unicellulari e muoiono nel giro di 4, 5 giorni dalla loro formazione. Ancora oltre c’è la zona dove si formano radici laterali, che escono in ordine o a caso, a seconda del microambiente che incontra.
Struttura interna delle radici
L’anatomia interna di una radice varia a seconda della zona in esame.
Cuffia
Le cui cellule alla base sono meristematiche e differenziano quando vengono spinte verso l’esterno, formando una parete secondaria e avendo una vacuolarizzazione maggiore. Nelle cellule alla base alcuni granuli d’amido (statoliti) si posizionano alla base della cellula, dandole la capacità di percepire la gravità.
Meristema apicale
Le cellule presenti all’apice radicale formano file regolari che andranno a formare i vari tessuti, perciò queste cellule hanno completato la crescita. Le cellule al centro del meristema, tuttavia, non sintetizzano DNA perciò non si dividono (questa zona è detta centro quiescente). Esse sono prevalentemente cellule di riserva, ma producono anche ormoni ad inibire la crescita per divisione.
Zona di distensione
E’ la zona in cui le cellule cominciano a differenziarsi e si accrescono per distensione, anche se resta qualche attività meristematica. Lo strato più esterno è il protoderma, che si differenzierà in rizoderma, più vicino al meristema si trovano il protoxilema e il protofloema, mentre tra protoderma e tra i tessuti provascolari si trova il tessuto fondamentale che diventerà corteccia radicale. Questa zona assorbe molti minerali, anche se probabilmente sono utilizzati solamente per la crescita della radice.
Zona di maturazione/zona pilifera
O zona di struttura primaria, dove l’epidermide (rizoderma) si distingue grazie alla presenza dei peli radicali (100-300 μm) che originano da tricoblasti. La zona prossimale ad essa è di nuovo liscia e la sua superficie si dice esoderma. Le cellule della corteccia, in questa zona, hanno il compito fondamentale di trasferire minerali ai tessuti vascolari; questo può succedere seguendo due vie diverse (trasporto apoplastico, cioè i minerali passano negli spazi intercellulari e per diffusione attraverso le pareti, o trasporto simplastico, cioè i minerali vengono assorbiti da una cellula e passano alle altre cellule tramite plasmodesmi), che possono, però, anche avvenire in modo incrociato.
Attorno ai fasci vascolari c’è uno strato di cellule (endoderma) che formano una barriera contro ioni dannosi grazie alla presenza di pareti modificate radiali (a contatto con altre cellule dell’endoderma), le bande del Caspary, mentre le pareti tangenziali (tra la corteccia e i fasci) sono sottili. Lo xilema può formare una massa centrale al centro con più raggi o cordoni (arche) esterni alternati ad archi di floema, in un fascio detto radiale (la cui stele è detta attinostele); altrimenti, in alcune monocotiledoni, gli archi alternati si dispongono attorno al midollo (fascio alternato). Tra il tessuto vascolare e l’endoderma c’è un periciclo che ha funzioni meristematiche.
Parti mature della radice
Dopo la zona di maturazione i peli radicali muoiono, anche se l’assorbimento continua in parte. L’endoderma, in questa zona, può vedere apposto uno strato di suberina alle pareti radiali e la tangenziale interna (modificazione a U) o anche a quella esterna (modificazione a O); è un processo irregolare, perciò in tessuti maturi alcune cellule (chiamate punti o cellule di permeazione) mantengono solo la banda di Caspary.
L’endoderma, in questa zona, protegge la radice dalla pressione radicale idrica creata nella zona pilifera. La cortezza ed il rizoderma possono morire e l’endoderma può restare lo strato protettivo radicale fino alla formazione di un periderma, che avviene soprattutto nelle radici perenni. Molte monocotiledoni, invece, hanno radici annuali che sono sostituite da nuove radici avventizie, poiché l’intera radice muore.
Accrescimento secondario
Le radici delle piante legnose perenni hanno un accrescimento secondario che le porta diventare più larghe, ed è a carico del cambio vascolare (cribro-legnoso) e del cambio subero-fellodermico (fellogeno). Questo processo avviene con la formazione del cambio vascolare tra il floema primario e lo xilema secondario, circondando quest’ultimo con una forma sinusoidale.
A questo punto il cambio produrrà solamente xilema secondario all’interno e assumerà andamento circolare, dopodiché inizierà a produrre anche floema secondario all’esterno (attività dipleurica). Il vecchio floema, quindi, inizia a scomparire, sostituito da quello nuovo, mentre lo xilema primario lignifica e resta al centro, circondato dal nuovo xilema.
Origine e sviluppo delle radici laterali
Alcune cellule del periciclo posso riacquistare attività mitotica originando primordi radicali che si organizzeranno in un apice meristematico che spinge all’esterno. A questo punto il primordio romperà la corteccia, il rizoderma e l’endoderma, e, dopo aver formato una cuffia apicale, inizierà a formare i primi protoxilema e protofloema, che formeranno una connessione con gli elementi vascolari della radice madre.
Altri tipi di radici e modificazioni radicali
Come per le foglie, anche le radici possono essere modificate per svolgere funzioni diverse:
Radici con funzioni di riserva
Sono radici presenti nelle piante perenni o nelle piante decidue che necessitano di carboidrati da utilizzare in primavera per la produzione di nuovi germogli o fiori, quando la fotosintesi non sarebbe possibile per la mancanza di foglie. La posizione sotterranea di queste riserve è molto importante perché le mantiene al sicuro dai predatori e dal cambiamento della temperatura.
Radici di sostegno
Sono radici esposte tipiche di molte monocotiledoni (ma presenti anche in alcune dicotiledoni) che si aggrappano a superfici adatte per sostenere il cormo o parte di esso, come nelle piante a stolone. Possono essere lunghe da 20 a 50 cm, e svolgono anche funzioni di assorbimento, quando trovano un terreno ricco di nutrienti. Creano una tensione al caule e si comportano come stabilizzatori. Alcune di queste radici possono avere una crescita secondaria, mentre altre possono assorbire ossigeno grazie alla corteccia che è un ampio aerenchima.
Radici aeree delle orchidee
Molte orchidee vivono sui rami di piante arboree (sono epifite), perciò le loro radici si aggrappano ai rami di altre piante e restano all’aria aperta. Per evitare la disidratazione dei suoi tessuti, quindi, queste piante hanno modificato la loro epidermide (che si chiama velamen) creando più strati di cellule morte, bianche, che fanno da barriera contro la perdita d’acqua.
Radici contrattili
Alcune piante, soprattutto bulbose o rizomatose, hanno bisogno di mantenere la giusta profondità, per cui le loro radici si contraggono dopo che sono penetrate nel suolo. Questa contrazione è causata da un cambiamento di forma delle cellule corticali che si allungano in senso radiale, perdendo circa da metà a 2/5 della lunghezza. I tessuti vascolari, comunque, mantengono le loro funzionalità.
Micorrize
Le simbiosi tra alcuni funghi e alcune specie di piante (tra cui l’80% delle piante a seme) permettono alle due specie di vivere e di aiutarsi a vicenda, con la donazione di fotosintati dalla pianta al fungo in cambio di un miglioramento nella nutrizione minerale (soprattutto fosfatica) della pianta. Le piante legnose hanno un’associazione ectomicorrizica, cioè le ife dei funghi avvolgono quasi completamente l’apice della radice, mentre le piante erbacee (ma anche la maggior parte degli alberi da frutto) hanno un’associazione endomicorrizica, cioè le ife penetrano fino all’endoderma (senza però superare la banda del Caspary).
Da quest’associazione una pianta guadagna in una crescita migliore, una maggior resistenza a stress biotici (funghi patogeni) ed abiotici (siccità, metalli pesanti ed altro inquinanti).
Noduli radicali per la fissazione dell’azoto
L’assunzione di azoto in composti utilizzabili nelle piante è un problema di molte specie, che non hanno gli enzimi necessari ad elaborare l’azoto atmosferico. Alcuni batteri azotofissatori (rizobi) e un ristretto numero di piante (soprattutto leguminose) hanno creato un rapporto simbiotico in cui i batteri secernono una sostanza che fa incurvare a falce i peli radicali, a cui essi aderiscono nella parte convessa.
Qui i batteri penetrano in un’invaginazione delle pareti (filamento di infezione) e stimolano le cellule corticali a dividersi per mitosi, formando un nodulo radicale. All’interno del citoplasma delle cellule questi batteri si moltiplicano, assumono forme a bastoncino o ad Y (batterioidi), e convertono l’azoto in composti azotati, utilizzando carboidrati. Sono batteri molto sensibili all’ossigeno (una minima presenza li inattiva), perciò viene prodotta la leg-emoglobino (la cui parte proteica è prodotta dalla pianta, mentre l’eme è prodotto dal batterio) che lega l’ossigeno.
Austori, radici parassite
Molte angiosperme sono parassite di altre piante, e sviluppano un sistema radicale diverso dal comune, poiché non sarebbe in grado di svolgere questo compito. Ciò che viene definito austore, quindi, è un insieme di radici modificate (che possono, però, essere molto diverse le une dalle altre) che si insinuano, in genere, all’interno del fusto della pianta ospite fino a raggiungere i fasci conduttori. Una pianta parassita può, quindi, attaccarsi solo allo xilema, fotosintetizzando carboidrati per proprio conto, oppure può attaccarsi anche al floema (questo secondo tipo di piante vede l’assenza delle foglie, che non sarebbero quindi vantaggiose).
Fonte: Botanica generale e diversità vegetale, di Cinzia Forni, Gabriella Pasqua e Giovanna Abbate