I ritmi frenetici della società moderna e l’attenzione verso una dieta sana hanno portato a prediligere quelle tipologie alimentari che non richiedono una lunga preparazione ma che siano anche salutari. Tra queste, emergono le insalate di IV gamma, meglio conosciute come “pronte al consumo”.
Le insalate pronte al consumo
Per definizione, sono prodotti freschi che dopo la raccolta vengono sottoposti a processi tecnologici e che non necessitano di un’ulteriore preparazione da parte del consumatore. Il successo di questa categoria alimentare è da attribuire ad una serie di vantaggi: il risparmio di tempo nella preparazione, l’assenza di scarti, l’attenzione verso gli aspetti salutari, la possibilità di ricorrere ai mix che includono diverse varietà e la comodità di consumare l’insalata fuori casa.
Il rischio microbiologico associato
Il numero di infezioni alimentari associate al consumo di questi prodotti è in costante crescita. Tra i più noti patogeni che contaminano le foglie è possibile ritrovare Salmonella, Escherichia coli, Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica e Bacillus cereus. Le fonti di contaminazione sul campo di coltivazione sono rappresentate da insetti, uccelli, acque di irrigazione, animali selvatici ed eventualmente il letame utilizzato come fertilizzante. L’inosservanza delle buone pratiche di igiene e di lavorazione durante l’intero processo di trasformazione possono aumentare la carica batterica naturalmente presente nel vegetale fresco. Purtroppo, il ciclo produttivo non prevede fasi in cui è possibile abbattere la carica microbica. Inoltre, l’insalata viene mangiata cruda quindi senza alcuna possibilità di ridurre il rischio.
Gli studi sperimentali
Diversi studi condotti sulle insalate in busta hanno riportato valori di carica batterica elevati destinati ad aumentare man mano che il prodotto si avvicina alla data di scadenza. La normativa che ne disciplina la produzione non prevede un limite massimo di microrganismi. Tuttavia, cariche superiori a 107 Log CFU/g sono considerati “non soddisfacenti” ed indicano la bassa qualità del processo di trasformazione. Questo dovrebbe spingere i produttori a migliorarne le condizioni. Ulteriori ricerche hanno dimostrato che lavare l’insalata solo con acqua potabile non riduce il livello di contaminazione mentre l’utilizzo di aceto e di comuni disinfettanti per alimenti hanno un effetto maggiore. Dal punto di vista sensoriale del consumatore, però, l’impiego dell’aceto e del disinfettante ha degli svantaggi. Il primo porta all’imbrunimento del vegetale mentre il secondo lascia un odore sgradevole.
Conclusioni
Le insalate in busta possono nascondere patogeni che mettono seriamente a rischio la salute del consumatore. Quindi è bene, consumarle con dei piccoli accorgimenti come quello di non lasciare le confezioni aperte per troppo tempo e di lavare accuratamente le foglie. Eppure, il consumatore acquista le insalate in busta per velocizzare la preparazione del pasto e ad un costo che include già il lavaggio del prodotto. Possiamo quindi concludere che non sempre un prodotto pronto al consumo lo è davvero.
Bibliografia
- Söderqvist K., 2017. Is your lunch salad safe to eat? Occurrence of bacterial pathogens and potential for pathogen growth in pre-packed ready-to-eat mixed ingredient salads. Infection Ecology & Epidemiology, 2017, VOL. 7, 1407216
- De Giusti M. et al., 2010. The evaluation of the microbial safety of fresh ready-to-eat vegetables produced by different technologies in Italy. J Appl Microbiol 109:996–1006