Nelle ultime decadi le moderne scoperte scientifiche in campo paleontologico hanno portato molteplici scienziati in tutto il mondo ad affermare con certezza che per 162 milioni di anni, ovvero tutto il Mesozoico, gli pterosauri dominarono i cieli del pianeta. Nel 1784 il naturalista italiano Cosimo Alessandro Collini descrisse il primo osso di pterosauro, attribuendolo erroneamente a un animale marino; nei decenni successivi gli scienziati intuirono le attitudini al volo di questi bizzarri animali preistorici. Molti paleontologi ormai sono certi che in una stessa era geologica siano convissute centinaia di specie di pterosauri, di aspetto, taglia e comportamenti sociali completamenti diversi. Un po’ come avviene oggi con i nostri uccelli, che si spartiscono habitat diversi nelle varie fasce climatiche.
La famiglia dei pterosauri includeva anche il gigantesco Quetzalcoatlus narthropi, forse il più grande animale volante mai apparso in natura; era alto come una giraffa e con la stessa apertura alare di un caccia F-16, tra i 10 e gli 11 metri (Witton et al., 2010). Tra i ritrovamenti più interessanti vi sono quelli di uova di pterosauro intatte che, sottoposte a scansione, hanno permesso di osservare gli embrioni conservati all’interno, cosa che ha consentito di intuirne lo sviluppo. In Cina (moderna El Dorado della paleontologia, con la Birmania) è stato scoperto uno pterosauro Darwinopterus nell’ovidotto di una femmina adulta, insieme ad un altro pulcino apparentemente espulso dall’impatto in cui era stato ucciso il genitore. Si tratta del primo fossile di questa specie cui è stato possibile studiare il sesso, con certezza. La femmina era, infatti, priva di cresta, cosa che ricorda alcune specie di uccelli moderni, dove solo i maschi sono ornati da creste.
Purtroppo i ritrovamenti fossili di questi dinosauri sono rari, anche a causa del fatto che le loro ossa, cave appunto (atte al volo), si sfaldano molto velocemente, non permettendone la fossilizzazione. Se a ciò aggiungiamo la loro anatomia “bizzarra”, intuirete il rebus che i paleontologi devono risolvere ogni volta che si scoprono dei nuovi resti. La loro anatomia è appunto ancora al centro del dibattito, nella comunità scientifica internazionale. Molti sostengono che non avevano certamente abitudini terricole, altri addirittura che non tutti gli pterosauri volassero, altri che si muovessero trascinandosi sul ventre, altri in posizione eretta sulle zampe posteriori (con una camminata simile agli zombie), utilizzando gli arti anteriori a mo’ di bastoni, con le ali ripiegate.
Altri scienziati, infine, hanno addirittura formulato l’ipotesi che fossero inadatti al decollo da terra. Costoro sostengono che le creature raggiungessero il volo solo ed esclusivamente rimanendo appesi a testa in giù, lungo grandi dirupi, per volare in planata.
In effetti molte specie avevano il collo di tre o quattro volte più lungo, in rapporto al tronco corporeo. I paleontologi dell’Università della California, che hanno eseguito analisi matematiche sull’anatomia di queste creature, sono certi che i primi pterosauri, apparsi 230 milioni di anni fa, abbiano evoluto determinate caratteristiche anatomiche a partire da proto-balzi atti a predare o a evitare di essere predati. In definitiva la loro tesi è che la planata sia stata il primo tassello evolutivo per le successive specie volanti.
Non è tutto: gli stessi scienziati, utilizzando equazioni aeronautiche, hanno dimostrato che la teoria dello stare a testa in giù per lanciarsi dai dirupi non ha fondamenti scientifici: in parole povere gli pterosauri erano in grado di librarsi da terra per il decollo.
Ma non tutte le specie!
I suddetti paleontologi hanno dimostrato che il decollo era possibile solo per le specie piccole di corporatura: quelle più grandi avrebbero subito la frattura dei femori, a partire dalla postura bipede. È molto probabile che decollassero da una posizione a quattro zampe, per scaricare meglio il peso sui vari arti.
Le ali dei pterosauri erano formate da una membrana unita ai fianchi dalle spalle fino alle caviglie e sorretta da un quarto dito molto allungato che ne bordava il margine superiore. Su alcuni esemplari scoperti in Germania e in Brasile si è visto che la membrana alare era attraversata da muscoli e vasi sanguigni e rinforzata da cordoni fibrosi.
La membrana alare si poteva suddividere in tre parti fondamentali: lo strato superiore con fibre a ventaglio che permetteva di ripiegare l’ala, lo strato interno con muscoli e tessuti connettivi e lo strato inferiore, altamente vascolarizzato, che permetteva la corretta irrorazione sanguigna dell’organo nella sua completezza. Molti paleontologi sono convinti che, contraendo i muscoli alari, e muovendo in dentro e in fuori le caviglie, gli pterosauri fossero in grado di adattare la forma delle loro ali nelle varie fasi di volo.
La capacità di variare l’angolazione dello pteroide (un osso del polso) potrebbe averli dotati di uno strumento non molto diverso dai moderni ipersostentatori. Questi sono visibili sugli aerei di linea (servono ad aumentare la portanza alle basse velocità). Rispetto agli uccelli moderni, gli pterosauri impiegavano nel volo maggiore forza muscolare e una percentuale maggiore del loro peso corporeo. Le analisi sulle capacità cerebrali hanno mostrato che i lobi erano molto grandi, atti a elaborare i complessi dati sensoriali provenienti dalla membrana alare.
Queste ricerche, insomma, stanno facendo emergere un nuovo ritratto degli pterosauri, macchine sofisticate di volo. Alcune specie sembrano essersi evolute per compiere voli su lunghe distanze, a bassa velocità e grande efficienza; probabilmente per sfruttare le correnti ascensionali sugli oceani del mesozoico. Gli scienziati della California hanno formulato l’ipotesi che uno pterosauro del genere Nyctosaurus sia stato addirittura iper-aereo, con un rapporto di planata e distanza percorsa orizzontalmente per ogni metro di caduta molto simile ai moderni albatri.
La comunità scientifica internazionale ha reagito positivamente alle ricerche dei paleontologi californiani. Ma altre domande permangono: perché queste teste così bizzarre? Confrontando i crani di pterosauri con i moderni uccelli si è visto che, in proporzione, le ossa presentano maggiori parti cave: sono più leggere in sostanza, e hanno un rivestimento esterno inferiore al millimetro in alcuni casi (resisteva alla piegatura). La leggerezza dei crani potrebbe essere alla base della formazione delle loro grandi e oblunghe creste.
Le scoperte che si stanno facendo in Cina, a partire dal 2001, hanno mostrato un mondo complesso, al quale gli scienziati lavorano costantemente e quotidianamente per poter trarne maggiori informazioni possibili. Io personalmente sono della speranza che i prossimi anni siano cruciali per comprendere aspetti ancora più dettagliati su queste grandi e affascinanti creature volanti che hanno dominato i cieli per più di centocinquanta milioni di anni.