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Psicologia dei videogiochi

Parleremo di videogiochi, ma lo faremo intendendoli come mezzo e non come fine. Demonizzati, criticati, tacciati di essere catalizzatori di comportamenti violenti e antisociali perché carichi di aggressività o alienanti. Questo è l’apparente profilo nella cultura odierna dei videogiochi, popolare forma di divertimento tecnologico ormai non solo giovanile che spopola in varie declinazioni. Spesso sotto l’occhio vigile della ricerca scientifica per analizzarne proprio l’impatto negativo, il mondo videoludico ha superato solo recentemente questo stigma a favore di studi meno stereotipati che si propongono di scoprirne anche gli elementi vantaggiosi, tra cui l’influenza sulla creatività. Quest’ultima, altamente correlata alla qualità della vita, può essere intesa come “l’abilità di fronteggiare i progressi, le opportunità, le tecnologie e i cambiamenti che compongono l’attuale possibile quotidianità dell’individuo.“ (Runco, 2004)

La letteratura ha però sempre riscontrato grande difficoltà nel trovare coerenza interna sul tema: da un lato, infatti, alcune particolari tipologie ludiche sembrano richiedere uno stile cognitivo che migliora la verbalizzazione e la codifica delle informazioni visive in entrata con una successiva influenza sullo stile creativo individuale. Altre al contrario non sembrano avere lo stesso effetto.

I videogiochi generano creatività individuale

Allo scopo di dare una dimensione unitaria alle conoscenze sull’effetto del videogioco, una recente ricerca si è proposta di analizzare in un’ottica multidisciplinare la connessione tra meccanismi cognitivi ed emotivi sottesi all’esperienza di gioco e creatività. In particolare sono stati confrontati un gioco d’azione, Light Heroes, e uno opposto, Clusterz.

I risultati dimostrano che l’attività di gioco in generale comporta una produttività creativa pari nelle due tipologie in quantità ma non in qualità: l’azione sembra infatti indurre a un pensiero più originale e elastico, che permette dunque, nella definizione adottata di creatività, di adattarsi ai possibili e imprevisti cambiamenti quotidiani.

In particolare, perciò, il meccanismo cognitivo elicitato dalla varietà di stimoli visivi e di abilità richieste in questa specifica gamma, associato alla stimolazione e ai processi attentivi (da mettere in campo rapidamente e in modo flessibile, oltre che ampio, a seconda delle risposte visibili su schermo) ha un’influenza positiva nella capacità di generare nuove idee e riorganizzare schemi pregressi.

In relazione alla dimensione emotiva, entrambi i giochi hanno suscitato nei partecipanti alla ricerca uno stato di piacevolezza; diversa è invece la percezione di stress e attivazione fisiologica, maggiore per il gioco d’azione e unico differenziale rispetto al gioco Clusterz.

Gli stati positivi, che possono fungere anche da spinta motivazionale nel gioco, sono comunque risultati in generale superiori a quelli di arousal, dimostrando che anche il coinvolgimento dell’individuo nell’attività con conseguenti sensazioni gradevoli può migliorare la sua competenza creativa.

Occupare il proprio tempo libero con attività legate al videogioco non è perciò un’esperienza totalmente snaturante la propria personalità, ma piuttosto una possibilità di mettere in azione le proprie abilità cognitive e le proprie emozioni per riscoprire nuovi aspetti del mondo fuori dallo schermo e molteplici modalità di affrontarlo.

Fonti

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