Il caffè viene consumato da secoli perché migliora le nostre capacità cognitive e fisiche. Recenti studi hanno dimostrato che, in persone sane, 3-4 caffè al giorno abbiano proprietà molto benefiche per la salute. Ma per alcuni bere anche solo una tazzina di caffè risulta intollerabile, in quanto è causa di mal di testa, ansia, palpitazioni e gravi disturbi del sonno. Da cosa dipende questa variabilità individuale? La risposta è in parte da ricercarsi nella genetica: esistono due geni le cui variabili influenzano gli effetti della caffeina sul nostro sistema nervoso.
Proprietà del caffè e della caffeina
Il caffè è una bevanda ottenuta dalla lavorazione dei semi di alcune piante del genere Coffea. L’origine dell’utilizzo del caffè si perde nelle leggende, che la fanno risalire intorno al tredicesimo secolo, probabilmente in Etiopia o nel vicino Yemen, da cui poi sarebbe stato diffuso nel Nord Africa e Medio Oriente, e qualche secolo più tardi nel resto del mondo[1].
I semi (o chicchi) del caffè in natura sono verdi, e assumono il classico colore marrone solo dopo essere essiccati e tostati. Successivamente essi vengono macinati, e le varie sostanze contenute nei chicchi vengono estratte tramite diverse modalità, ad esempio sfruttando l’acqua calda di una moka. A seconda di metodo e temperatura utilizzati durante ogni passaggio, la tazza finale avrà una specifica composizione biochimica. Infatti il caffè contiene circa 1000 composti fitochimici, tra i quali acidi clorogenici e isoflavoni, che agiscono da antiossidanti; diterpeni che hanno un effetto protettivo per il cancro colorettale, e molti altri[2].
Il motivo per cui il caffè è così famoso è una sostanza che appartiene alle metilxantine: la caffeina. Essa si trova anche in altre piante come tè e cacao in concentrazioni diverse, e viene prodotta dalla pianta come veleno per proteggersi contro gli insetti. Negli esseri umani invece la caffeina è una sostanza psicoattiva con effetti stimolanti del sistema nervoso centrale, e contribuisce ad aumentare le performance sia fisiche che cognitive.
Proprietà della caffeina: effetti immediati sul nostro corpo
Perché la caffeina è uno stimolante? La risposta è che essa è strutturalmente simile all’adenosina, un neurotrasmettitore responsabile della sensazione di stanchezza che proviamo quando non siamo riposati. Quando siamo svegli, i livelli di adenosina sono alti, e questo induce sonnolenza. Bere un caffè porta in pochi minuti la caffeina fino al sistema nervoso centrale, dove essa si lega ai recettori dell’adenosina al suo posto. L’adenosina non può occupare i suoi recettori finchè la caffeina è presente. In farmacologia, si dice che la caffeina è un antagonista del recettore dell’adenosina. Questo rimpiazzo diminuisce la sonnolenza, e vengono rilasciate dopamina, noradrenalina e glutammato. Tutto questo ci rende più vigili, aumentano le nostre prestazioni e la nostra lucidità mentale, e migliorano le capacità di memorizzazione[3].
Ma non solo: la caffeina agisce sulla motilità gastrointestinale (da qui il bisogno di andare in bagno dopo un caffè, specialmente se non lo si beve da tanto) e aumenta il battito cardiaco.
La caffeina rimarrà in circolo dalle 2 alle 12 ore prima di essere metabolizzata e quindi espulsa. Quando la caffeina inizia a scarseggiare, l’adenosina riprende il suo posto nei suoi recettori. Ecco che si sente l’impellente bisogno di bere ancora caffè. Ma quali sono gli effetti a lungo termine del consumo di caffè, e quando è necessario imporsi di berne meno?
Proprietà del caffè: benefiche sulla salute a lungo termine
Togliamoci subito il dubbio: quanto caffè è troppo? La dose massima di caffeina consigliata per un adulto sano è di circa 400 milligrammi al giorno, che corrispondono a 5 tazze di espresso. Raggiungere un livello di letalità è molto difficile, essendo necessario bere più di 100 tazze di espresso in un solo giorno[4]. Raggiungere questa dose è teoricamente possibile solo tramite ingestione di caffeina pura tramite pillole. Infatti esistono farmaci a base di caffeina, che sono utilizzati anche per alleviare il dolore come quello causato dall’emicrania. Ma questo è solo uno delle tante proprietà del caffè (anche decaffeinato!): è stato dimostrato che, in uomini e donne sani, consumare 3-4 tazze di caffè al giorno riduca del 17% del rischio di mortalità dato da diverse patologie, e questa percentuale si aggira intorno all’11% se si beve caffè decaffeinato[5].
È stata dimostrata un’associazione tra regolare consumo di caffè e riduzione del rischio di sviluppare[5]:
- malattie cardiache
- malattie del fegato, come cirrosi e steatosi
- patologie gastrointestinali
- malattie metaboliche come il diabete di tipo 2
- malattie neurologiche come il morbo di Parkinson
- diversi tipi di cancro, in particolare cancro al fegato e al colon-retto
Insomma, notizie più che positive per chi è già un amante di questa bevanda! D’altro canto, il consumo di caffè dovrebbe essere limitato a 1-2 tazzine al giorno nei seguenti casi[6]:
- in gravidanza e allattamento, in quanto correlato a problemi per il feto o il neonato
- in donne predisposte al rischio di fratture ossee
- in caso di reflusso gastroesofageo o altre patologie correlate
- in caso di insonnia
- se si è fumatori
Quindi, a meno di specifici casi, bere caffè fa molto bene. C’è però da tenere in conto la variabilità individuale. Infatti alcune persone stanno male dopo aver assunto caffè, e questo è in parte causato dalle varianti di alcuni geni che influenzano il metabolismo della caffeina.
Genetica degli effetti della caffeina
Persone diverse rispondono diversamente all’assunzione di caffeina. In parte, questo dipende da fattori come età, sesso, dieta, e dalla presenza di altre patologie, ma non solo: al momento sono noti due geni che influenzano gli effetti positivi o negativi della caffeina: ADORA2A e CYP1A2.
- ADORA2A è un gene che determina se una persona è ad alta o bassa sensibilità alla caffeina, ovvero stabilisce quanta caffeina si deve assumere prima di avere effetti rinvigorenti. Da cosa è determinata questa differenza? In sostanza il gene ADORA2A codifica per per il recettore per l’adenosina chiamato A2A, di cui ne esisono principalmente due varianti nella popolazione: una è la variante chiamata TT, i cui portatori sono considerati ad alta sensibilità, e quindi serve davvero poca caffeina per disturbare il loro sonno e renderli ansiosi. Invece la variante C rende i portatori a bassa sensibilità, quindi è necessario bere più caffè prima di avvertirne gli effetti[7,8].
- Il gene CYP1A2 determina la velocità con cui riusciamo a metabolizzare la caffeina. Questo gene è responsabile dell’espressione di un enzima del fegato chiamato citocromo P450, il quale degrada la caffeina. La variante chiamata AA rende i portatori dei metabolizzatori veloci della caffeina: dopo averla assunta il miglioramento nelle abilità cognitive durerà per un tempo breve, e anche gli effetti di insonnia non dureranno per molto tempo. Invece chi possiede la variante C è un metabolizzatore lento della caffeina, ovvero essa viene degradata più lentamente, quindi gli effetti dureranno più a lungo, e i disturbi al sonno saranno più pesanti.
Come capire se si soffre di sensibilità alla caffeina?
A meno di uno screening genetico professionale, non c’è modi di aver certezza di essere portatori di una delle due varianti genetiche. Nonostante ciò, un aspetto interessante è che persone con alta sensibilità per la caffeina risentono fisicamente dei suoi effetti deleteri e, pertanto, tendono naturalmente ad assumerne meno.
Si tratta di una autoregolazione che nasce da troppi mal di testa, mal di stomaco, ansia e insonnia[10]. Se è importante ascoltare il proprio corpo, è anche utile non dimenticare di usare la testa. I più appassionati amanti del caffè si ricordino che c’è un limite da non superare, altrimenti il rischio è di finire come lo scrittore francese Honoré de Balzac, noto per essere un avido bevitore di caffè, con un record invidiabile di 50 caffè in un solo giorno[11].
Conclusioni
Caffè e caffeina hanno un ruolo fondamentale nelle nostre vite, sia per le loro proprietà rinvigorenti, che per la protezione che ci forniscono nei confronti di molte patologie. Le proprietà del caffè si riscontrano spesso anche nel caffè decaffeinato. Esso rappresenta una soluzione ideale per le persone con varianti genetiche che li rendono ad alta sensibilità per la caffeina, o che per altri motivi dovrebbero limitarne il consumo.
Referenze
- “History of coffee”
- Jeszka-Skowron et al., 2015. “Analytical methods applied for the characterization and the determination of bioactive compounds in coffee”, European Food Research and Technology.
- Cappelletti et al., 2014. “Caffeine: Cognitive and Physical Performance Enhancer or Psychoactive Drug?”, Current Neuropharmacology.
- Murray et al., 2022. “Caffeine toxicity”, StatPearls.
- Poole et al., 2017. “Coffee consumption and health: umbrella review of meta-analyses of multiple health outcomes”, BMJ.
- Grosso et al., 2016. “Coffee consumption and risk of all-cause, cardiovascular, and cancer mortality in smokers and non-smokers: a dose-response meta-analysis”, European Journal of Epidemiology.
- Rétey et al., 2007. “A genetic variation in the adenosine A2A receptor gene (ADORA2A) contributes to individual sensitivity to caffeine effects on sleep”, Clin. Pharmacol. Ther.
- Carswell et al., 2020. “The effect of caffeine on cognitive performance is influenced by CYP1A2 but not ADORA2A genotype, yet neither genotype affects exercise performance in healthy adults”, Eur. J. Appl. Physiol.
- Cornelis et al., 2006. “Coffee, CYP1A2 genotype, and risk of myocardial infarction”, JAMA.
- Cornelis et al., 2016. “Genome-wide association study of caffeine metabolites provides new insights to caffeine metabolism and dietary caffeine-consumption behavior“, Hum Mol Genet.
- “Balzac dopo le sue solite 50 tazze di caffè”, IlPost