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Primi mammiferi: biologia e forme rappresentative

Se ci dovessero chiedere “quali mammiferi conoscete?“, probabilmente non basterebbe una sola pubblicazione su BioPills per elencarli tutti. Il gruppo dei mammiferi è infatti ricchissimo di variabilità: dai nostri animali domestici, come cani e gatti, agli elefanti, dai grandi felini ai canguri che si trovano in Australia.  Sembra strano, ma i mammiferi sono antichi quanto i dinosauri e i primi mammiferi erano completamente diversi da quelli che abbiamo imparato a conoscere.

L’articolo si pone come obiettivo proprio quello di far conoscere i primi rappresentanti dei mammiferi, simili a dei piccoli topolini notturni, che vivevano sugli alberi per scappare dalle grinfie dei mastodontici dinosauri. Sono molto diversi dalle forme odierne e a volte è anche molto difficile riconoscerli. Gran parte dei caratteri diagnostici di un mammifero, infatti, non si fossilizza e le forme più antiche sono a volte anche molto diverse dalle attuali.

Forme rappresentative dei primi mammiferi

Morganucodon e Megazostrodon

Morganucodon e Megazostrodon  rappresentano alcuni dei primi mammiferi e vengono rinvenuti in diverse località fossilifere di età compresa tra il Triassico superiore ed il Giurassico superiore. Si possono definire come topi in mezzo ai dinosauri, a causa della loro morfologia e dimensione che ricordano proprio quelle di un topo.

Morganucodon è apparso circa 205 milioni di anni fa, nel Triassico superiore, ed è ben rappresentato da numerosi reperti fossili. Era probabilmente notturno e trascorreva la giornata in una tana, della quale però non ci sono prove fossili dirette; questa caratteristica è stata infatti ipotizzata studiando  mammiferi moderni, di dimensioni simili a Morganucodon, i quali sono ancora notturni. Si nutriva di insetti e di altri piccoli animali e possedeva una dentatura ben diversificata, dotata di canini, incisivi, premolari e molari (proprio come noi e la maggior parte degli altri mammiferi).

Morganucodon
Ricostruzione di un Morganucodon. (da: wikipedia)

Il genere Megazostrodon, visibile nell’immagine di copertina, non era molto diverso da un Morganucodon e presentava caratteristiche sia dei cinodonti (sinapsidi progenitori dei mammiferi) che dei mammiferi in senso stretto. Era lungo tra i 10 ed i 12 cm e la sua dieta era costituita da insetti, lucertole ed altri piccoli animali. La grandezza della sua testa fa ipotizzare che possedesse un olfatto ed un udito molto sviluppati, tipici degli animali che vivono di notte. Essere un animale dalle abitudini notturne portava un certo vantaggio in quanto i grandi predatori del Mesozoico, come i dinosauri, erano meno attivi di notte; Megazostrodon poteva sfuggire con facilità oltre a cacciare meglio le sue prede.

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Lo strano caso di Adalatherium

Se i vari mammiferi del Mesozoico si assomigliavano tutti un po’ tra di loro, c’è però una clamorosa eccezione: Adalatherium hui. I resti di questa specie di mammifero sono stati rinvenuti in Madagascar (era già un’isola) e sono datati a 66 milioni di anni fa (fine Cretaceo). Sembra un incrocio tra un tasso ed un opossum ed il suo è uno scheletro integro, articolato ed il più completo mai trovato per quanto riguarda i mammiferi del Mesozoico.

Adalatherium era un mammifero insulare e, come tale, presentava caratteristiche peculiari rispetto ai suoi parenti che vivevano sulla terraferma. Aveva più fori sul muso rispetto a qualsiasi altro mammifero noto e attraverso di essi passavano vasi sanguigni e nervi, che aumentavano la sensibilità dell’area. Adaltherium presentava inoltre ed un grande foro sulla cima del suo muso e una colonna vertebrale con più vertebre rispetto agli altri mammiferi. Le ossa delle zampe posteriori erano ricurve. Adaltherium è insomma un mammifero molto diverso dai topolini che abbiamo visto in precedenza.

Adalatherium
Ricostruzione di Adalatherium. (da: Everyeye Tech)

Caratteristiche dei primi mammiferi

Le caratteristiche più note dei mammiferi sono quelle che, purtroppo, non si fossilizzano (come ad esempio le ghiandole mammarie) e questo rende molto difficile capire quando sono comparsi i principali gruppi di mammiferi attuali (ossia placentati, monotremi e marsupiali). Per poter capire allora se determinati resti fossili appartengono ad un mammifero, e non ad un rettile o ad un dinosauro, dobbiamo analizzare le caratteristiche scheletriche.

Scheletro cranico

Il giunto della mandibola. Nei rettili l’articolazione (o giunto) della mandibola con il resto del cranio si colloca tra la parte posteriore del cranio (in prossimità del quadrato) e la parte posteriore della mandibola (in prossimità dell’articolare); nei mammiferi tale articolazione si colloca invece tra lo squamoso ed il dentale. Quadrato, articolare, squamoso e dentale sono tutte componenti ossee.  Nei mammiferi, la mandibola diventa inoltre un unico osso.

Le ossa dell’orecchio. A differenza dei rettili e dei dinosauri, che possiedono un solo osso uditivo (la staffa), i mammiferi ne possiedono altri due: incudine e martello. Questo tipo di sviluppo è probabilmente finalizzato ad un ruolo ecologico di insettivoro-arboricolo notturno.

cranio mammiferi
A sinistra troviamo il cranio tipico dei rettili e a destra il cranio tipico dei mammiferi. In questo modo riusciamo ad osservare quelle componenti ossee citate nel testo. (Fonte: [1])
Occlusione dei denti e masticazione. Un problema paleontologico è che non vengono trovati quasi mai organismi fossilizzati nella loro interezza. Alcune componenti scheletriche hanno tuttavia una maggior possibilità di fossilizzarsi rispetto ad altre, come i denti e le ossa della mandibola. Quasi tutto quello che sappiamo sui mammiferi deriva da studi di denti e frammenti di mandibole, che ci suggeriscono che i primi mammiferi svilupparono l’occlusione dei denti, cioè il modo in cui i denti dell’arcata superiore si incastrano con quelli dell’arcata inferiore. Infatti, a differenza dei rettili del Permiano che non potevano che aprire e chiudere i denti, nei mammiferi si sviluppa questo differente tipo di chiusura, che permette di incastrare meglio i denti e fare attrito tra le mandibole per poter triturare il cibo. La masticazione termina con una pronunciata trazione della mandibola all’indietro che produce un movimento nel quale i denti inferiori si serrano con quelli superiori (appunto l’occlusione).

Scheletro post-cranico

Le ossa del bacino. Ileo, ischio e pube si sviluppano enormemente. Tra di essi si sviluppa una cavità chiamata forame otturatorio, che serve per alleggerisce il bacino e per permettere il passaggio dei vasi e per facilitare il processo del parto.

Conclusione

I mammiferi, dopo la scomparsa dei dinosauri, hanno occupato tutte le nicchie ecologiche lasciate libere e così si sono potuti espandere in tutto il mondo diversificandosi in multitubercolati (estinti nell’Oligocene), placentati, marsupiali e monotremi. I placentati si diversificheranno a loro volta in Afrotheria (ad esempio elefanti e leoni marini), Xenarthra (ad esempio oritteropi e bradipi) e Laurasiatheria (ad esempio cetacei, pangolini e ungulati).

Quella dei mammiferi è probabilmente la storia più affascinante e allo stesso tempo più misteriosa di tutta l’evoluzione dei tetrapodi. Attualmente mancano infatti quei tasselli che ci aiuterebbero a capire meglio le dinamiche evolutive di questo gruppo, a partire dalla comparsa dei primi mammiferi (come Morganucodon e Megazostrodon) e la collocazione di forme particolari come Adalatherium. Insomma, a livello di fascino, di forme e di colori, i mammiferi non hanno niente da invidiare ai dinosauri.

Leggi anche: Tetrapodi: evoluzione e specie più antiche

Referenze

  1. Benton M. J. (2014), Vertebrate Palaeontology, Blackwell Pub;
  2. The skull of Morganucodon Zoological Journal of the Linnean Society;
  3. Krause, D. W., Hoffmann, S., Hu, Y., Wible, J. R., Rougier, G. W., Kirk, E. C., … & Evans, A. R. (2020). Skeleton of a Cretaceous mammal from Madagascar reflects long-term insularityNature581(7809), 421-427.
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