Per la prima volta nella storia, ecco la foto di un buco nero
Il 10 Aprile 2019 è stato un giorno speciale per la fisica e per l’astronomia, perché l’EHT ha fornito la prima immagine visiva diretta nella storia dell’umanità di un orizzonte degli eventi, precisamente quello di M87*, il buco nero supermassiccio presente al centro dell’omonima galassia, usando un telescopio virtuale grande come la Terra. La fotografia ottenuta è stata mostrata durante una serie di conferenze stampa coordinate in contemporanea in tutto il mondo alle ore 15:00 (ora italiana), ed è stata definita “la foto di qualcosa che è stato sognato da un uomo 104 anni fa“. Quell’uomo, com’è facile immaginare, era Albert Einstein, che nel 1915 ha elaborato la sua teoria della relatività generale. I buchi neri vennero poi descritti dal fisico Karl Schwarzschild come complemento a questa teoria.
Un buco nero è definito come una porzione dello spaziotempo caratterizzata da una forza di gravità così intensa da risucchiare al proprio interno anche la luce. Dato che la velocità della luce è un limite ad oggi insuperabile, nessuna particella di materia e nessun tipo di energia può per definizione allontanarsi da un buco nero. Per questo i buchi neri non possono (e probabilmente non potranno mai) essere osservati direttamente.
Esistono molte prove indirette dell’esistenza dei buchi neri. Per esempio, al centro di quasi tutte le galassie viene osservata un’alta velocità di rotazione dei corpi stellari, che viene giustificata con un’elevata concentrazione di materia. Ad oggi, l’unico oggetto conosciuto in grado di concentrare così tanta materia in uno spazio ridotto è un buco nero, ed i dati incrociati relativi agli effetti gravitazionali sulle stelle e sul gas interstellare ci permettono di stimare la massa di questi buchi neri.
Dato che non è possibile raccogliere dati sul buco nero in sé, gli scienziati si sono concentrati sulla raccolta di dati relativa ad una porzione particolare del buco nero, la superficie immaginaria che delimita la regione dello spazio entro la quale la gravità del buco nero riesce a risucchiare ogni cosa. Questa superficie viene chiamata orizzonte degli eventi, e da qui viene il nome del progetto.
Il risultato è stato presentato in una serie di 6 articoli, pubblicati in un numero speciale di The Astrophysical Journal Letters. Al centro della Galassia Messier 87 si trova il buco nero oggetto delle osservazioni del team di EHT, acronimo di Event Horizon Telescope: è un progetto internazionale di ricerca creato con l’obiettivo di catturare la prima immagine visiva diretta di un buco nero. Non una ricostruzione da calcoli matematici, ma una vera e propria fotografia di un buco nero supermassiccio e della sua ombra. Sono stati necessari cinque anni di lavoro, e la mole di dati – fino a 350 terabyte al giorno – ottenuta da ogni telescopio è stata tale da non poter essere trasferita ai centri di elaborazione tramite la rete: gli hard disk sono stati portati fisicamente presso l’istituto Max Planck di Bonn e l’Osservatorio Haystack presso il MIT. Il tutto è stato finanziato da più fonti, tra le quali figurano la National Science Foundation ed il Consiglio Europeo della Ricerca.
Il team di EHT ha studiato l’ambiente che circonda M87*, nel tentativo di catturare delle immagini in grado di descriverne l’orizzonte degli eventi. A questo scopo è stata ideata una strategia che prevede la creazione di un vero e proprio telescopio virtuale, delle dimensioni del nostro pianeta. Più telescopi sulla superficie terrestre sono stati interconnessi tramite la tecnologia VLBI (Very Long Baseline Interferometry), a creare una rete in grado di definire una risoluzione angolare con cui è stato possibile risolvere, cioè vedere ad una risoluzione accettabile, l’orizzonte degli eventi di questo buco nero. A questo progetto hanno partecipato tredici diversi osservatori, con undici radiotelescopi sparsi per tutti i continenti e perfino in Antartide. Di questi, otto sono stati sincronizzati per ottenere l’incredibile risultato ottenuto.
La tecnica dell’Interferometria si basa sull’amplificazione di potenza risolutiva che i singoli radiotelescopi possono garantirsi l’un l’altro. I radiotelescopi sono vere e proprie antenne che convogliano le frequenze radio degli oggetti celesti. Ogni telescopio focalizza la radiazione presso il centro dell’antenna, che ha la forma di una parabola. Unendo le frequenze di più telescopi, aumenta il diametro virtuale della parabola ed aumenta perciò la potenza di misurazione. In questo modo è possibile arrivare a coprire con grande precisione distanze molto più ampie.
Questa enorme potenza risolutiva è stata necessaria perché il buco nero presente al centro della galassia Messier 87 si trova a 55 milioni di anni luce da noi, ed ha una massa pari a 6,5 miliardi e mezzo di volte quella del Sole. Il suo orizzonte degli eventi si trova a circa 20 miliardi di km dalla sua singolarità, ovvero dal suo centro, dove è contenuta tutta la sua massa. Per dare un’idea dell’estensione di tutto ciò: un anno luce è pari a circa 9460 miliardi di km.
L’immagine mostra un anello formato dalla luce che sfuma nell’intensa gravità attorno al buco nero. “Se immerso in una regione chiara, come un disco di gas brillante, ci aspettiamo che il buco nero crei una regione scura, simile ad un’ombra – qualcosa predetto dalla teoria della relatività generale di Einstein ma mai osservato. Quest’ombra, dovuta alla sfumatura gravitazionale e alla cattura della luce da parte dell’orizzonte degli eventi, rivela molto della natura di questi oggetti affascinanti, e ci permette di misurare l’enorme massa del buco nero di M87″ dice Heino Falcke, professore di radioastronomia presso l’università di Radboud e membro del comitato scientifico di EHT. Vari metodi di imaging e calibrazione hanno rivelato una struttura ad anello con una regione centrale più scura – l’ombra del buco nero – confermata da più osservazioni indipendenti: per eliminare influenze che potessero pregiudicare il risultato, il team si è diviso in più sottogruppi che hanno elaborato le immagini separatamente.
Ma come possiamo essere sicuri che quello che è stato fotografato sia realmente un buco nero? “Perché è incredibilmente simile alle simulazioni che abbiamo ottenuto con i calcoli ” dice Luciano Rezzolla, direttore dell’Istituto di Fisica Teorica di Francoforte e membro del team EHT, che aggiunge:
Il significato di questa scoperta è che abbiamo trasformato un concetto matematico in un oggetto fisico, qualcosa che possiamo vedere, misurare e testare.
Per approfondire: Astronomers Capture First Image of a Black Hole