Facciamo un piccolo salto indietro nel tempo, diciamo di circa 2 milioni di anni. Ci troviamo nel Pleistocene. Il bioma dominante di questo periodo sul nostro pianeta era la steppa, ambiente caratterizzato da un’alta densità di animali e ricco di vegetazione erbacea. In Europa, Nord dell’Asia e nel Nord America era definito steppa dei mammut proprio per via della consistente presenza di questi animali.
La fauna era ricca della presenza di grossi erbivori, come mammut ed elefanti, di ruminanti di medie dimensioni, come bovini e ovini, e di predatori come lupi e grandi felini.
Questo ha portato alla caratterizzazione dell’ambiente delle steppe come un ecosistema estremamente stabile: è durato, infatti, diverse centinaia di migliaia di anni.
Questo tipo di ambiente svolge un importante ruolo nella regolazione del clima sulla Terra.
Il terreno è caratterizzato da uno strato di terra e roccia che, sotto la superficie, rimane ghiacciato tutto l’anno: il permafrost. Questo strato contiene grandi quantità di materia organica “intrappolata” e, grazie alle basse temperature, lo svolgimento dei normali processi degradativi non avviene.
A causa del riscaldamento globale questo strato si sta attualmente sciogliendo: i microrganismi, uscendo dall’ibernazione, non sono più inibiti dalle basse temperature e, affamati, iniziano ad avviare i processi legati alla decomposizione rilasciando anidride carbonica e metano nell’atmosfera.
A seguito di questa allerta è nata l’idea del Pleistocene Park.
Il Pleistocene Park
Sergey Zimov è un’ecologo artico ben noto per aver creato la Northeast Science Station situata a Chersky (Sakha Republic) nel nord della Siberia, una delle più grandi stazioni di ricerca artiche. Sergey ha studiato per diversi anni come ricreare l’ecosistema della steppa, collezionando e contando centinaia di ossa prelevate nella zona intorno alla stazione di ricerca per andare a studiare la popolazione di animali che viveva in quei luoghi durante l’era glaciale.
Vent’anni fa, Sergey iniziò a radunare centinaia di animali per migliaia di chilometri intorno alla sua stazione artica, denominando la zona Pleistocene Park: un rifugio per le specie che discendono direttamente da quelle che popolavano la zona durante l’Era Glaciale.
If you stood on this riverbank 20 or 30 thousand years ago, you would have seen 100 mammoths, 1000 bisons, 1000 horses, 3000 different elks, 30 woolly rhinos, 40 musk oxen, 30 tigers and lions, a few hundred wolves and, every once in a while, a human. But that’d be very rare.
[…] Today you would see nothing. […] When humans appeared, all mammoth disappeared.
L’uomo infatti, da quando ha iniziato a popolare questi luoghi, ha velocemente ucciso differenti animali portando alcune specie all’estinzione e distruggendo la fragile simbiosi presente tra fauna e flora. Lo scopo del parco è di riportare questi animali indietro nella loro terra nativa e lasciare che la trasformino, riportando l’equilibrio.
Ma perché è così importante ristabilire la fauna di quell’era?
L’importanza del Permafrost
Per mantenere il permafrost ghiacciato bisogna fare in modo di raffreddarlo molto bene in inverno. Il problema è che in questa stagione sono frequenti le nevicate e lo strato soffice di neve bianca che si forma sul terreno funziona da isolante, proteggendo lo strato sottostante dalle temperature gelide.
Gli animali, in particolare quelli molto grossi e pesanti come i pachidermi, calpestano e spostano la neve con le loro zampe, togliendo così l’isolamento e permettendo al freddo gelido degli inverni siberiani di penetrare nel terreno e ghiacciarlo ancora più in profondità.
Il figlio di Sergey, Nikita, è ad oggi il gestore del parco.
The thing we do is not just for fun, not only cool, not only like “Oh, we want to have mammoths roaming here. How nice is that?” yes, it will be nice and cute, but the reason we do that is actually more serious. This ecosystem will actually help us to mitigate effects of the global warming
Per essere chiari, il Pleistocene Park non ci salverà ma aiuterà a tamponare gli effetti dei cambiamenti climatici avvenuti nell’ultimo decennio.
I mammut, per ovvie ragioni, non sono presenti, ma i ricercatori sognano un loro ritorno. Occasionalmente vengono effettuati esperimenti preliminari a veri e propri tentativi di clonazione prelevando dai resti di mammut il DNA nucleico e inserendolo all’interno di cellule uovo di elefante. Qualora questi sforzi di ottenere la de-estinzione di questi pachidermi andassero a buon fine, il Pleistocene Park è pronto ad accoglierli.
Se volete aiutare questo progetto, sul sito è presente la sezione per le donazioni.
Sempre sulla loro pagina è visibile un breve video-documentario dove Sergey e Nikita raccontano del loro progetto, mostrando immagini meravigliose, che incantano.
Fonte: Fondazione Pleistocene Park