Le più antiche testimonianze scritte dell’utilizzo di piante officinali risalgono agli antichi Egizi. Ancora oggi, nella medicina moderna, le piante hanno un ruolo essenziale: si stima infatti che il 25% di tutte le molecole prodotte con finalità terapeutiche derivi proprio da esse. Un’applicazione recente, ma che potrebbe avere notevoli sviluppi futuri, consiste nell’usare le piante come bioreattori, per produrre molecole complesse di origine umana come ormoni ed enzimi o addirittura vaccini. Essa prende il nome di Plant Molecular Farming[1].
Per fare fronte alla richiesta sempre crescente di composti medico-farmaceutici dovuta all’aumento della popolazione, la ricerca deve necessariamente innovare gli attuali metodi di produzione. Utilizzare le piante in tal senso, come piccole “fabbriche” di farmaci, promette di abbattere i costi di produzione garantendo inoltre standard di sicurezza ancora maggiori rispetto alle tecniche tradizionali.
Come funziona?
Affinché le piante esprimano la proteina di interesse, è necessario inserire nel loro DNA il gene codificante per questa specifica proteina. Per creare piante transgeniche, piante appunto che esprimono geni non propri (eterologhi), si può ricorrere a differenti tecniche. Il processo di inserimento di un gene eterologo nel DNA della cellula bersaglio prende il nome di Trasfezione. La trasfezione può essere transitoria. In tal caso la procedura richiede solo pochi giorni, ma l’espressione del gene inserito avrà vita limitata. In alternativa è possibile eseguire una trasfezione stabile, con la quale il gene verrà incorporato definitivamente nel genoma della pianta. Quest’ultima tecnica però è notevolmente più dispendiosa dal punto di vista di costi e tempo[2].
I vantaggi del Plant Molecular Farming
Ma quali sono i vantaggi nell’utilizzare le piante per questo scopo? Essenzialmente i costi, sia nella fase di ricerca che di produzione vera e propria. Per fare crescere le piante servono soltanto poche e semplici risorse, come acqua, sali minerali e luce solare. Si stima infatti che un sistema di produzione di proteine ricombinanti in modelli vegetali avrebbe un costo di soltanto lo 0.1% rispetto ad un sistema analogo in cellule di mammifero, e del 2-10% rispetto ai sistemi microbici[2].
Vi sono importanti vantaggi anche dal punto di vista della sicurezza. Questo perché le piante non vengono infettate dagli stessi patogeni, come virus, batteri o prioni, che affliggono la specie umana. Il macchinario biosintetico delle piante, inoltre, è in grado di sintetizzare correttamente proteine umane come VEGF, HGH, anticorpi e altre, inducendo il corretto ripiegamento e le medesime modifiche post-traduzionali che subiscono nelle cellule umane.
Elelyso™ e altri farmaci
Sebbene diverse molecole prodotte tramite Plant Molecular Farming siano già in utilizzo con scopi di diagnostica o ricerca, non si può dire lo stesso riguardo la pratica farmaceutica. Il primo, e fin adesso unico, farmaco prodotto tramite PMF ad essere approvato per uso terapeutico è Elelyso™ (Taliglucerasi alfa)[3] per il trattamento della malattia di Gaucher. Questa malattia, considerata una malattia genetica rara, consiste nella carenza dell’enzima Glucocerebrosidasi, una idrolasi lisosomiale coinvolta nella degradazione di una molecola chiamata “glucocerebroside”. Questa molecola, che si trova nelle membrane cellulari, si accumula in maniera anormale nei lisosomi dei macrofagi, che non riescono a degradarla a causa appunto del deficit enzimatico. I sintomi includono anemia, leucopenia, osteoporosi.
Rispetto ad altri farmaci in via di sviluppo, Elelyso™ ha visto la sua procedura di approvazione accelerata per via del ristretto numero di pazienti che necessitano il trattamento. È per questo motivo che è ancora l’unico farmaco derivante da PMF ad oggi in commercio. Nonostante ciò, la sua approvazione un passo importante nella storia di questa tecnica.
Si possono creare vaccini commestibili?
Le piante sono considerate promettenti sistemi per produrre antigeni a scopo vaccinale. Diversi vaccini di origine vegetale, nei trial clinici, si sono dimostrati sicuri ed efficienti nell’indurre un’adeguata risposta immunitaria. Per fare alcuni esempi, sono state efficacemente espresse in modelli vegetali proteine del colera (V. cholerae) di E.coli e del virus dell’epatite B[4]. Un’applicazione assolutamente realistica, sebbene ancora lontana dalla pratica clinica, è quella della produzione di vaccini commestibili[2, 4].
I legumi sono tra gli alimenti più gettonati per i futuri sviluppi in questo ambito. Basterebbe infatti un singolo acro di piantagione per coprire la vaccinazione di milioni di persone. Avere dei vaccini somministrabili per via orale avrebbe numerose ripercussioni positive. Per i bambini, ad esempio, la procedura sarebbe molto più rapida e meno traumatica. Nei paesi in via di sviluppo, invece, si consentirebbe la vaccinazione senza bisogno di personale medico specializzato o materiale sterile, abbassando di conseguenza i costi dell’operazione.
Le sfide future
Ma se i vantaggi sono così tanti, cosa manca ancora perché il Plant Molecular Farming diventi realtà? Innanzitutto, ad oggi, l’espressione di geni eterologhi nelle piante, sebbene abbia alta qualità, manca di quantità. In sostanza, i livelli di espressione delle proteine ingegnerizzate sono ancora troppi bassi per sostenere una produzione su larga scala. Inoltre, i metodi di estrazione e purificazione delle proteine vegetali sono ancora inefficienti se confrontati con quelli messi appunto su modelli animali o microbici.
Gli organismi di tutela della sicurezza dei prodotti, con la americana FDA (U.S. Food and Drug Administration) a fare da capofila, hanno policy piuttosto severe riguardanti le colture alimentari utilizzate nella produzione di sostanze di interesse farmaceutico. Il rischio principale è infatti quello legato a composti che possono scatenare reazioni allergiche, per alcune persone anche letali. A fronte di un enorme potenziale, la strada da percorrere è ancora lunga. È certo però che un crescente interesse commerciale possa dare la propulsione necessaria per il perfezionamento di queste tecniche.
Referenze
- Fischer R., Evans N. “Molecular farming of pharmaceutical proteins”. Transgenic Research. 02-2000.
- Jian Yao et al. “Plants as Factories for Human Pharmaceuticals: Applications and Challenges”. International Journal of Molecular Sciences. 11-2015
- Jeffrey L. Fox. “First plant-made biologic approved”. Nature Biotechnology. 06-2012.
- Siddarth Tiwari et al. “Plants as bioreactors for the production of vaccine antigens”. Biotechnology Advances. 04-2009.