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Perché la luce del Sole fa starnutire alcune persone?

Lo starnuto riflesso fotico è un fenomeno poco indagato e, per spiegarlo, sono state avanzate molte ipotesi

Appena varchi la porta in una giornata di sole inizi a starnutire ripetutamente? Allora probabilmente sei affetto da fotoptarmosi o starnuto riflesso fotico e, se presti attenzione, ti accorgerai di condividere questo curioso comportamento anche con uno dei tuoi genitori. Anzi, ad essere precisi, è proprio a causa sua se ne sei affetto! Definita anche “sindrome ACHOO” (acronimo onomatopeico inglese che sta per “scoppio elio-oftalmico autosomico dominante compulsivo”), si tratta di una condizione genetica a trasmissione autosomica dominante che si stima colpisca il 15-35% della popolazione mondiale[1].

La fotoptarmosi si manifesta come una tendenza a starnutire, spesso più volte consecutivamente, quando si è esposti a una luce intensa, soprattutto se si proviene da un ambiente buio o scarsamente illuminato. Ma qual è il meccanismo alla base di questa curiosa reazione?

Una domanda che viene dal passato

Già gli antichi Greci avevano notato la tendenza di alcune persone a starnutire in risposta alla luce intensa del sole. Aristotele per primo ha cercato di fornire una possibile spiegazione per questo fenomeno, sostenendo che è il calore del sole a mettere in moto lo starnuto[2]. Il tentativo di Aristotele di spiegare l’eziologia di un comportamento così curioso è notevole, ma il filosofo aveva sbagliato il punto di partenza. Non è il calore del sole, infatti, a indurre la successione incontrollabile di starnuti, ma l’esposizione a una luce intensa.

Il filosofo empirista Francesco Bacone aveva dunque ipotizzato che la luce del sole potesse irritare gli occhi, facendoli lacrimare e causando lo starnuto in seguito alla penetrazione nel naso dell’umidità[3]. La comunità scientifica ha però rigettato anche questa teoria: il fenomeno ha infatti una dimensione temporale incompatibile con il processo di lacrimazione degli occhi.

Bisogna aspettare gli anni ’50 del Novecento prima che lo starnuto riflesso fotico sia oggetto di approfonditi studi scientifici. Il ricercatore francese Sedan ha condotto la prima ricerca formale sul fenomeno dopo aver osservato che alcuni pazienti starnutivano ripetutamente in risposta al lampo luminoso dell’oftalmoscopio. Ulteriori esami portarono Sedan a concludere che questo riflesso si manifestava anche in risposta alla luce del sole, al flash fotografico e alla luce ultravioletta. Inoltre, lo starnuto si verificava sempre all’inizio dell’esposizione della retina a una luce intensa ma non persisteva durante un’esposizione continua nel tempo o ripetitiva[4].

La natura genetica dello starnuto riflesso fotico

Evidenze sulla trasmissione autosomica dominante dello starnuto riflesso fotico furono invece raccolte negli anni ’80. La Dr.ssa Pagon, genetista medica e professoressa di pediatria presso l’Università di Washington, racconta che, durante una conferenza, si confrontò con i colleghi sullo starnuto indotto dal sole[1]. Quattro dei dieci dottori presenti riportarono la tendenza a starnutire in presenza di luce intensa, tendenza condivisa anche con i loro familiari. Inoltre, il numero di starnuti caratteristico di un “episodio” risultava essere costante tra gli individui di una stessa famiglia, ma diverso tra le diverse famiglie. Il fatto che questa condizione fosse comune a membri della stessa famiglia, avesse uguale frequenza nei due sessi e non vi fosse salto generazionale portò gli studiosi a concludere che il carattere fosse ereditato con modalità autosomica dominante[5].

Questo significa che è sufficiente una condizione di eterozigosi per la manifestazione fenotipica del carattere. Un genitore affetto da fotoptarmosi ha quindi il 50% di probabilità di trasmettere il carattere ai figli, indipendentemente dal sesso. Nonostante la sindrome ACHOO sia stata riconosciuta come condizione ereditaria, le sue basi genetiche sono ancora poco chiare e i ricercatori non hanno ancora individuato singoli geni responsabili di questa condizione.

Alcune ipotesi per spiegare lo starnuto riflesso fotico

A causa della sua scarsa rilevanza clinica, lo starnuto riflesso fotico è una condizione poco studiata. Generalmente lo starnuto è una risposta naturale messa in atto dal nostro organismo per rimuovere sostanze irritanti presenti nella cavità nasale. Nel caso dello starnuto riflesso fotico è però uno stimolo visivo, la luce intensa, ad attivare un meccanismo, ancora poco noto, che causa lo starnuto. Nel corso degli ultimi decenni sono state proposte diverse teorie per spiegare il fenomeno. In assenza di studi neuroscientifici, molte di queste teorie restano però solo ipotesi non supportate da dati scientifici che permettano di valutarne la veridicità.

Generalizzazione parasimpatica

Secondo una delle teorie proposte nel 1964 sulla rivista Neurology da H. C. Everett, è possibile che un singolo stimolo porti alla co-attivazione di numerose fibre nervose del sistema parasimpatico, che sono poste vicine ma controllano stimoli diversi[6]. L’impulso visivo registrato dalla retina attiva il ramo del sistema nervoso parasimpatico responsabile del controllo dei riflessi indotti dallo stimolo luminoso. L’attivazione di queste componenti del sistema nervoso causerebbe però l’attivazione di altre fibre nervose, responsabili di indurre congestione nasale e di conseguenza il riflesso dello starnuto. Questa teoria non chiarisce però perché alcune persone sono affette da fotoptarmosi e altre no.

Sommatoria ottico-trigeminale

Un’altra teoria proposta da Everett e sostenuta da altri scienziati ipotizza che la causa dello starnuto riflesso fotico sia un’interferenza tra il nervo ottico e il nervo trigemino[6]. Il nervo ottico risponde allo stimolo luminoso inviando segnali al cervello per costringere la pupilla. L’intensa attivazione del nervo ottico potrebbe sollecitare in modo anomalo anche il vicino nervo trigemino, responsabile del controllo dei movimenti facciali. Il segnale elettrico dovuto allo stimolo luminoso sarebbe quindi veicolato al cervello anche dal quinto nervo cranico, attivando la risposta dello starnuto. Si ipotizza che gli individui affetti da fotoptarmosi possiedano varianti genetiche che determinano una disposizione ravvicinata del nervo ottico e del nervo trigemino, condizione che favorirebbe il “cortocircuito” dei segnali elettrici[7].

Sovrastimolazione della corteccia visiva e co-attivazione della corteccia somatosensoriale

Nel 2010 N. Langer, professore dell’università di Zurigo, ha confrontato la risposta neurale a stimoli visivi tra un gruppo di individui affetti da fotoptarmosi e un gruppo di controllo. I risultati hanno evidenziato che gli individui affetti da fotoptarmosi presentano una maggiore sensibilità nei confronti degli stimoli visivi a livello della corteccia visiva primaria e secondaria[8]. Inoltre, i dati raccolti dimostrano che la sovrastimolazione della corteccia visiva in risposta allo stimolo si associa a una co-attivazione della corteccia somatosensoriale. Questi risultati supportano l’ipotesi che anche circuiti corticali abbiano un ruolo chiave nel generare o modulare questo straordinario e poco studiato comportamento.

Referenze

  1. Does the sun make you sneeze? It’s not just you – NBC News (2012)
  2. Aristotele – Dei problemi del naso- Problemata, XXXIII.4.
  3. Francesco Bacone – Century VII – Sylva Sylvarum or A Natural Historie in Ten Centuries (1670), p. 687
  4. J. Sedan – Photo-sternutatory reflex – Rev Otoneuroophtalmol (1954) 26 (2), 123–126
  5. S. J. Peroutka e L. A. Peroutka – Autosomal dominant transmission of the “photic sneeze reflex” – N Engl J Med (1984), 310 (9), 599–600
  6. H. C. Everett – Sneezing in response to light – Neurology (1964) 14, 483–490
  7. D. Hydén e S. Arlinger – On light-induced sneezing – Eye (Lond) (2009), 23 (11), 2112–2114
  8. N. Langer, G. Beeli, e L. Jäncke – When the Sun Prickles Your Nose: An EEG Study Identifying Neural Bases of Photic Sneezing PLOS ONE (2010), 5 (2)
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