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Perché gli scarafaggi sono così resistenti?

Caratteristiche fisiche e fisiologiche degli insetti tra i più duri a morire

Blatta, bucarone, bacarozzo, bucaione e scarrafone sono alcuni dei modi con cui chiamiamo quell’insetto che a molti di noi provoca un grande ribrezzo: lo scarafaggio. Gli scarafaggi sono diffusi ovunque tranne che nelle regioni polari e ad altitudini superiori ai 2000 m e sopravvivono anche in condizioni che porterebbero alla morte la maggior parte degli insetti. Spesso gli scarafaggi infestano le nostre case, garages e cantine e cerchiamo di eliminarli senza gran successo. Com’è possibile che gli scarafaggi siano così resistenti? Scopriamolo insieme!

Caratteristiche fisiche che rendono gli scarafaggi resistenti

Quello che rende lo scarafaggio così resistente e difficile da eliminare sono le sue particolari caratteristiche fisiche. Queste gli permettono di adattarsi ad ambienti spesso inospitali per altre specie e di sopravvivere agli agenti avversi quali cibo avariato, insetticidi e ferite.

Apparato digerente

Il suo apparato digerente è in grado di digerire una grandissima varietà di materiali organici: dalla carne putrefatta che trova nei bidoni della spazzatura, ai dolci stantii dimenticati nelle credenze delle nostre case, fino ad arrivare a insetti morti e carta. È capace di digerirla grazie al suo intestino popolato da protozoi e batteri che permettono la digestione della cellulosa. Inoltre, si adatta facilmente a diversi tipi di alimentazione a seconda del luogo in cui si va a stanziare, qualità che molti insetti non hanno.

Per intenderci: gli scarafaggi che vivono nelle fogne si rivolgono agli scarichi per placare la loro fame; mentre quelli che vivono nelle zone rurali mangiano frutti caduti dagli alberi, insetti morti e piante; infine, quelli che vivono nelle città approfittano della grande quantità di cibo che viene buttato nella spazzatura.

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Apparato secretore

Una caratteristica fisica che permette loro di difendersi dai predatori è l’apparato secretore. Costituito da ghiandole dette “repugnatorie”, emette sostanze maleodoranti con effetto repellente nei confronti dei nemici. Lo scarafaggio può mettere così in fuga i predatori (lucertole, gechi e uccelli) che, sentendo l’odore nauseabondo, scappano a zampe levate[1]!

Apparato circolatorio

Il loro apparato circolatorio, invece, è organizzato in modo tale da non farli morire dissanguati se vengono feriti o perdono un arto. Hanno un sistema circolatorio definito “aperto” dove il sangue (o emolinfa) non è contenuto in un sistema chiuso di vasi, ma circola liberamente nel corpo raggiungendo gli organi. Per questo, non c’è bisogno di tanta pressione per far scorrere il sangue e quando l’insetto viene ferito, non c’è un sanguinamento incontrollato. Anzi, si attivano dei sistemi di “sigillatura” della ferita che in poco tempo arrestano il sanguinamento. Anche se feriti in modo grave è molto difficile liberarsi di loro[1]!

Sistema nervoso

Artropodi (come gli scarafaggi), Anellidi e Vertebrati hanno una struttura Metamerica. Cosa significa? Vuol dire che gli organi e/o gli apparati dell’insetto si ripetono in serie lungo tutto il corpo, che è diviso, così, in sezioni. Se vogliamo, possiamo paragonare il corpo dell’insetto ai vagoni di un treno in movimento. Solitamente i vagoni sono collegati tra loro, ma se uno di essi smette di funzionare o si stacca, gli altri continuano a muoversi sulle rotaie.

Allo stesso modo funziona il sistema nervoso dell’insetto. Esso è caratterizzato da piccoli centri nervosi (gangli) collegati tra loro che si ripetono lungo tutto il corpo dell’animale, come piccole succursali del cervello. Queste rendono possibile la decentralizzazione delle funzioni vitali quali: respirazione e sistema motorio che non sono detenute solo dal cervello.

Questa capacità è stata provata decapitando una Periplaneta americana (uno scarafaggio comune negli USA) che dopo aver perso il capo ha continuato a vivere per alcune settimane. Nonostante avesse tutte le funzioni vitali attive (respirazione, attività motoria, digestione etc.), la morte è sopraggiunta ugualmente, poiché, senza bocca, non riusciva a nutrirsi adeguatamente[2, 3]!

Gli scarafaggi sono resistenti agli insetticidi

Negli ultimi anni gli scarafaggi stanno dimostrando un’insolita tendenza: una resistenza sempre maggiore agli insetticidi. Con il termine “resistenza” si intende la capacità di vivere e riprodursi anche in presenza di uno o più sostanze tossiche. Uno studio [4] ha dimostrato come gli scarafaggi tedeschi (Blattella germanica) sviluppano resistenza verso gli insetticidi con cui sono venuti a contatto e che questa sia riscontrabile anche nelle generazioni successive.

Un gruppo di scienziati americani si è recato in case infestate da scarafaggi per intrappolare alcuni esemplari di B. germanica e testare su di essi varie sostanze. Lo scopo dell’esperimento era quello di vedere in quanto tempo le popolazioni erano in grado di recuperare i loro numeri di partenza. Con la maggior parte degli insetticidi, la popolazione non veniva quasi scalfita.

Gli unici risultati degni di nota, con un calo drastico di scarafaggi, sono stati raggiunti con l’uso dell’abamectina, una sostanza neurotossica che portava in poco tempo alla morte dell’insetto. In un primo momento gli scienziati hanno pensato di aver trovato l’insetticida capace di liberarci una volta per tutte da questi insetti. Sfortunatamente, non è stato così. Quei rarissimi esemplari che sopravvivevano all’abamectina davano alla luce una prole resistente a questo insetticida[4].

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Le ultime scoperte sul loro DNA

Come riescano a sviluppare resistenza alle sostanze tossiche è, per ora, un mistero. A differenza dei batteri, i meccanismi biologici che si celano dietro la resistenza degli scarafaggi non sono mai stati oggetto di ricerche approfondite. Il dottor Shuai Zhan, ricercatore dell’Institute of “Plant Physiology and Ecology” di Shanghai, ha sequenziato e studiato oltre 20 mila geni del DNA di questo insetto, scoprendone alcune porzioni all’origine della sua capacità di sopravvivenza. Alcuni gruppi di geni parrebbero incaricati di rimuovere dall’organismo le tossine assunte col cibo avariato e con gli insetticidi; altri ancora sono coinvolti nel sistema immunitario e sembrano combattere le infezioni[5].

Questa scoperta ha ancora bisogno di ulteriori studi e per il momento l’unica arma che abbiamo per combatterli è utilizzare gli insetticidi periodicamente, cambiandone ogni volta il tipo. Probabilmente non potremmo mai liberarci dagli scarafaggi del tutto, ma non daremo loro la possibilità di adattarsi a una specifica molecola tossica e riprodursi indisturbati[6].

Referenze

  1. “Entomologia applicata.” E. Tremblay. Volume II Parte I. 1ª ed. Napoli, Liguori Editore, 1981.
  2. “Fact or Fiction?: A Cockroach Can Live without Its Head.” C. Choi, Scientific American.
  3. “Cockroaches”, M.K. Rust, D.A. Reierson, su Pest Notes, University of California. Agriculture and Natural Resources, 2007.
  4.  ”Rapid evolutionary responses to insecticide resistance management interventions by the German cockroach (Blattella germanica)” M. Fardisi, A.D. Gondhalekar, A.R. Ashbrook and M. E. Scharf.
  5. The genomic and functional landscapes of developmental plasticity in the American cockroach” Sheng L., Shiming Z., Qiangqiang J. and Shuai Z. Nature communications, 2018.
  6. Lotta biologica e integrata.” Gennaro Viggiani. Napoli, Liguori Editore, 1977.
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