Quanti di voi hanno sentito il cuore battere all’impazzata e le farfalle nello stomaco durante un primo appuntamento? E chi, invece, ha visto evolvere col tempo i propri sentimenti verso l’altra persona? Si potrebbe pensare che l’amore sia tutta una “questione di cuore”, dal momento che la tradizione vede appunto nel cuore la sede dei sentimenti. Da oramai molto tempo sappiamo che, in realtà, non è così. Ciò che proviamo, da quando ci innamoriamo a quando l’amore finisce, è tutta opera del nostro cervello e di specifici neurotrasmettitori. Questi ultimi sono molecole che veicolano informazioni tra i neuroni e si muovono attraverso delle strutture che collegano tra loro le cellule nervose: le sinapsi. Ma perché ci si innamora? Quali sono i meccanismi alla base di questo sentimento? Scopriamolo insieme!
L’amore e l’evoluzione della specie umana
Il motivo per cui gli esseri umani si innamorano è evolutivo. Dal punto di vista biologico, quell’insieme di sentimenti che chiamiamo amore hanno permesso alla specie umana di riprodursi e prosperare. É noto, infatti, che l’amore romantico e tutte le attività a esso associate inducono ad acquisire e mantenere determinati comportamenti, necessari per creare un legame affettivo tra i partner e prendersi cura insieme della prole. Le emozioni che proviamo quando siamo innamorati modificano il nostro comportamento, ci spingono a impegnarci in una relazione e legarci emotivamente sia al partner e, nel caso venga concepita, alla progenie[1, 2].
Per niente romantico, vero?
La coppia come risposta adattativa
Se il desiderio sessuale è il mezzo per procreare, l’innamoramento ha creato il concetto di “famiglia”. Trovare un partner e creare con esso un rapporto affettivo più o meno duraturo, non è altro che uno “stratagemma” per dare al futuro nascituro un ambiente sicuro e sereno in cui crescere. Anche nelle altre specie sono stati osservati comportamenti simili agli esseri umani, per esempio alcuni uccelli scelgono uno specifico partner per l’accoppiamento e per prendersi cura insieme della prole[1].
Il legame di coppia si è evoluto come risposta adattativa alla necessità di un investimento parentale maggiore nell’allevamento dei piccoli. Per risposta adattativa si intende la facoltà degli organismi viventi di mutare i propri processi metabolici, fisiologici e comportamentali, consentendo loro di adattarsi alle condizioni dell’ambiente nel quale vivono. In altre parole, le relazioni romantiche e la loro persistenza sono una necessità evolutiva in specie in cui era fondamentale la cura bi-genitoriale della prole. A differenza della maggior parte delle specie animali, la donna partorisce solitamente un figlio alla volta. Quest’ultimo è non autosufficiente per diversi anni dopo la nascita ed è per questo motivo che è necessaria la presenza di caretakers adulti – che possono sì essere membri della famiglia nucleare, cioè entrambi i genitori, ma anche membri della famiglia allargata o della tribù – per assicurare le cure necessarie[3].
Leggi anche: Cure parentali
L’organo dell’amore: il cervello
Il cervello, e non il cuore, è il responsabile della variegata serie di emozioni che proviamo da quando ci innamoriamo, a quando soffriamo per un amore finito. Tutto ciò è dovuto a specifiche molecole, i neurotrasmettitori che agiscono a livello cerebrale: testosterone ed estrogeni, dopamina, serotonina, adrenalina, norepinefrina, ossitocina e vasopressina, che sono comunemente chiamati “ormoni dell’amore e dell’attaccamento”[4]. Questi entrano in gioco in fasi diverse dell’innamoramento che sono, fondamentalmente, tre: desiderio, attrazione e attaccamento[5].
Leggi anche: Sinapsi, struttura e funzionamento.
Desiderio
Immaginate di essere in una discoteca, mentre guardate la folla la vostra attenzione viene catturata da una singola persona, qualcosa di lei vi colpisce e desiderate conoscerla. Per quale motivo? Questo desiderio, dettato da fattori che coinvolgono i nostri 5 sensi, non è altro che ricerca di gratificazione sessuale. La motivazione evolutiva di questo comportamento va ricercata nella necessità di riprodursi, un bisogno condiviso da tutti gli esseri viventi. Sono proprio i nostri 5 sensi a fornire al cervello le informazioni necessarie per entrare nella prima fase dell’innamoramento[7].
L’ipotalamo gioca un ruolo importante in questo processo, ricevuti specifici stimoli esterni (vista, udito etc.) incoraggia la produzione degli ormoni sessuali come testosterone ed estrogeni da parte, rispettivamente, di testicoli e ovaie. Uno studio ha dimostrato che il testosterone aumenta la libido in quasi tutti gli individui di sesso maschile in esame. Gli effetti sono meno pronunciati con gli estrogeni, ma alcune donne dello studio, hanno riferito di essere più motivate sessualmente nel periodo dell’ovulazione, quando i livelli di estrogeni sono più alti[5].
Vista
Solitamente la vista è il primo senso che entra in gioco nella fase iniziale dell’innamoramento. Ciò che ai nostri occhi reputiamo “bello” è, generalmente, dettato dagli standard di bellezza intrinseci del paese in cui siamo cresciuti. In generale, però, si tende a ritenere attraente un fisico giovane, in forma, con capelli lucenti e folti, pelle liscia e in salute[8]. Questi sono tutti indicatori che mostrano idoneità riproduttiva e quindi che il soggetto che stiamo guardando possa essere un buon candidato per l’accoppiamento e per generare prole sana[5, 7].
Leggi anche: Il senso della vista
Olfatto
L’olfatto è il senso utilizzato una volta avvicinatici all’altra persona. Non veniamo attratti solo dal profumo che indossa l’altro, ma esistono una serie di molecole volatili chiamate feromoni[1, 2]. Questi ultimi trasmettono tutta una serie di informazioni fisiche e genetiche della “fonte” da cui provengono e attivano risposte fisiche e comportamentali da parte del “ricevente”. Uno studio condotto per dimostrare gli effetti dei feromoni ha coinvolto un gruppo di donne e uno di uomini. Alle donne è stata fatta indossare una maglietta per tre notti di fila e poi questa è stata fatta annusare agli uomini. Negli uomini è stato rilevato un aumento della produzione di testosterone (e quindi della libido) solo dopo aver annusato le magliette di donne che in quel momento stavano ovulando[5, 7].
Udito, gusto e tatto
Anche l’udito “attiva” il desiderio. Gli uomini sono attratti da voci acute mentre le donne da toni di voce basse. Anche tatto e gusto, danno il loro contributo nella ricerca del miglior candidato. Toccare e baciare l’altra persona permette al nostro cervello, già dalla prima volta, di valutare in tempi brevissimi il soggetto che abbiamo di fronte e decidere se è un buon match o meno. Il bacio, per esempio, è un ricco e complesso scambio di indizi chimici e tattili che aiutano il cervello nella decisione. È proprio per questo motivo che molte relazioni sono naufragate sul nascere dopo un insoddisfacente “primo bacio”[5, 7].
Possiamo affermare che è il nostro cervello, aiutato dai 5 sensi, a farci “desiderare” il miglior candidato!
Leggi anche: il senso dell’udito e il senso del gusto
Attrazione
Una volta superata la prima fase e iniziata una relazione con l’altra persona, si entra nella fase dell’attrazione. L’attrazione coinvolge i percorsi cerebrali che controllano il comportamento di ricompensa.
Quando si parla di sistema di ricompensa, ci si riferisce a una serie di strutture del cervello che si attivano nel momento in cui rilevano stimoli gratificanti. Ad esempio, quando mangiamo il nostro cibo preferito, leggiamo un libro del quale attendevamo la pubblicazione o qualsiasi altra cosa che ci piace, il cervello rilascia un neurotrasmettitore specifico: la dopamina, che provoca in noi grande benessere. È così che si innesca il meccanismo che ci spinge a ricercare quella specifica situazione vissuta. Lo scopo di questo circuito cerebrale è, dunque, quello di garantire la nostra motivazione verso comportamenti specifici che il cervello considera necessari. La riproduzione e la perpetuazione della specie lo sono, ed è per questo che sono guidati dal sistema di ricompensa.
Passare del tempo e avere rapporti sessuali regolari con il proprio lui/lei creano alti livelli di dopamina e un ormone correlato, la norepinefrina che vengono prodotti e rilasciati dal cervello durante questa fase. Entrambi rafforzano il sistema di ricompensa ed è per questo motivo che più stiamo insieme alla persona di cui siamo innamorati, più ci sentiamo bene e più vogliamo passare del tempo con lei.
L’aumento della norepinefrina produce generalmente insonnia e perdita di appetito, maggiore attenzione e maggiore memoria per i nuovi stimoli che caratterizzano le prime fasi dell’amore umano[11]. La norepinefrina è anche associata al sistema nervoso simpatico periferico, portando ad aumento della frequenza cardiaca, della sudorazione e il tremore[9, 10]. A chi non è mai capitato di perdere l’appetito o non dormire perché troppo occupati a pensare alla persona amata?
Attaccamento
L’attaccamento è la fase in cui sfociano le relazioni a lungo termine. Mentre il desiderio e l’attrazione sono praticamente esclusive delle relazioni romantiche, l’attaccamento è la fase “in comune” con le amicizie, il legame genitore-figlio etc. I due ormoni principali di questa fase sono l’ossitocina e la vasopressina.
Come la dopamina, l’ossitocina è prodotta dall’ipotalamo e rilasciata in grandi quantità durante il sesso, l’allattamento e il parto. Questo può sembrare uno strano assortimento di attività (non tutte necessariamente piacevoli) ma il fattore comune è che tutti questi eventi sono precursori del legame che si andrà a creare. Nelle relazioni amorose via via che il legame si fortifica i livelli di ossitocina e vasopressina si alzano tramutando il desiderio sessuale in un “amore tenero”. In questa fase, l’attrazione e il desiderio sessuale vengono in parte sostituiti da un legame affettivo meno passionale, ma più forte e duraturo. L’ossitocina è spesso soprannominata “ormone delle coccole” proprio per questo motivo[11].
Possiamo concludere dicendo che il desiderio spinge gli individui all’accoppiamento, l’attrazione a preferire partner specifici e l’attaccamento motiva gli individui a rimanere insieme abbastanza a lungo per completare i doveri genitoriali.
Conclusioni
Ci piace pensare che l’amore sia qualcosa di spontaneo che nasce dal cuore e che ci sia lo zampino del destino quando incontriamo la persona giusta, ma, sfortunatamente, non è così! É il nostro cervello che in una frazione di secondi decide le sorti di una possibile relazione e, in caso positivo, permette di creare un legame affettivo più o meno duraturo.
Referenze
- “Romantic love: a mammalian brain system for mate choice” H.E. Fisher, A. Aron, L. Brown, Philos. Trans. R. Soc. Lond B. Biol. Sci., 2006.
- “The biochemestry of love” C. Sue Carter & Stephen W. Porges, EMBO Reports, 2013.
- “The neuroendocrinology of love” K. G. Seshadri, Indian J, Endocrinol Metab, 2016.
- “The neurobiology of love” S.Zeki, FebsPress, 08 May 2007.
- “Love, Actually: The science behind lust, attraction, and companionship ” Science in the News, Harvard University,2017.
- “The Smell of Love.” Psychologytoday, 2015.
- “The science of attraction”,Dawn Maslar, TED-Ed, 2014.
- “The Science of Sexiness: Why some people are just more attractive” The Telegraph, 2015.
- “Chemistry of Love.” Dina Kudasheva, Asdn, 2016.
- “Oxytocin and Vasopressin: Social Neuropeptides” Dan J. Stein, CNS Spectrums, 2014.
- “Love and Attachment: The Psychobiology of Social Bonding” Dan J. Stein, Bavanisha Vythilingum, , CNS Spectrums, 2014.