Il papilloma virus umano (HPV) è un virus a DNA bicatenario presente in oltre 130 genotipi. Infetta esclusivamente l’uomo e il 70% delle persone sessualmente attive hanno, almeno una volta nella vita, contratto il virus. Si stima che sia la più frequente infezione sessualmente trasmissibile del pianeta e che il 5% dei tumori totali sia riferibile all’infezione. Nella maggioranza dei casi il virus è asintomatico però, quando si manifesta, colpisce le mucose (orale e genitale) con lesioni iperproliferative come verruche e condilomi ed è la causa del 99,7% di tutti i carcinomi della cervice uterina e, in varie percentuali, di altri tumori della regione testa-collo.
Si sospetta che sia implicato nel rarissimo tumore del pene (meno dell’1% dei tumori totali), sebbene questa associazione non sia stata ancora ben caratterizzata.
Come riesce un virus a provocare il cancro?
Per comprendere come l’HPV possa causare il cancro è necessario capire come interagiscono il genoma umano e quello del patogeno. Prima di tutto è necessario che ci sia l’infezione, e perché ci sia l’infezione è necessario, almeno per gli HPV-HR (HR sta per alto rischio e indica i ceppi che più frequentemente causano il cancro, in ordine decrescente sono HPV16/18/31/45) che ci sia una microabrasione della mucosa. Questo per far si che il virus contatti, con la sua proteina L1, il recettore HSPG, la sua “porta d’ingresso”, sulla membrana basale delle cellule epiteliali o sulle cellule dello strato basale.
A questo punto HPV entra nella cellula tramite un processo di endocitosi e in 24 ore può arrivare nel nucleo cellulare. Generalmente, arrivati a questo punto il genoma del virus assume la forma di episoma, DNA circolare a doppio filamento che si può riscontrare nel citosol. La forma episomiale è tipica delle verruche benigne e delle lesioni pre-neoplastiche. Tuttavia, in rari casi, il genoma di HPV si integra col genoma cellulare e lo fa a livello del gene E2, promotore dei geni E6 ed E7 che codificano per due importanti proteine che regolano il ciclo cellulare e cioè pRB e p53.
La proteina pRB (proteina del retinoblastoma) evita l’avanzamento del ciclo cellulare nel caso di DNA danneggiato. Il soppressore tumorale p53, chiamato anche “il guardiano del genoma” viene rilevato normalmente in cellula in piccole quantità, quando però il DNA subisce un insulto esterno che causa una mutazione (es. raggi UV) la quantità di p53 cresce di molto.
La proteina p53 lega molti siti di regolazione sul genoma e permette la produzione di proteine che bloccano la mitosi fino a quando il danno al genoma non viene risolto, oppure, se il danno risulta essere troppo grave avvia il processo di morte cellulare programmata. Ovviamente l’assenza di queste proteine porta alla perdita di controllo sul ciclo cellulare e di conseguenza contribuisce alla carcinogenesi.
Vaccino a sub-unità ricombinante contro l’HPV
Per fortuna, contro l’HPV esiste un vaccino, il Gardasil 9, sicuro, efficace ed economico.
È stato molto migliorato negli anni sino ad arrivare, nel 2015, alla versione nonavalente (protegge da HPV-6/11/16/18/31/33/45/52/58). Si tratta di un vaccino a sub-unità ricombinante, questo vuol dire che una volta identificato e isolato un frammento di DNA che codifichi per la proteina di interesse immunologico, si amplifica (PCR) e si clona in un vettore plasmidico da inserire in un vettore d’espressione, ad esempio un batterio o un lievito, i quali grazie al loro macchinario di sintesi proteica produrranno la proteina al posto nostro.
In particolare, nel caso del Gardasil sono stati identificati alcuni geni codificanti per le proteine L2 (più interna) ed L1 (di forma pentamerica) del capside e sono stati clonati e prodotti in Saccharomyces pombe. La sicurezza di questo farmaco è stata valutata all’interno di sette trials clinici che hanno compreso più di 23mila persone. In seguito all’iniezione del vaccino le uniche reazioni avverse sono state dolore locale, rigonfiamento, rossore e mal di testa. Nulla di paragonabile ai danni che può provocare il papilloma virus.
Situazione sulla vaccinazione anti-HPV
In italia, il vaccino anti-HPV è disponibile gratuitamente per le bambine a partire dai 12 anni dal 2007 e per i bambini a partire dal 2015. Nonostante ci sia un vaccino sicuro, efficace e offerto gratuitamente le coperture relativamente a questa vaccinazione sono molto basse: si attestano intorno al 69,4% per donne nate nel 1997 e si arriva al 53,1% per donne nate nel 2004 (dati aggiornati al 2017) e in particolare nella provincia autonoma di Bolzano le coperture per le donne nate nel 2004 arrivano addirittura al 24,8%. Per gli uomini, il vaccino è disponibile solo dal 2015 e quindi è ancora troppo presto per tirare le somme.
È un clamoroso insuccesso dovuto a complottismi, sfiducia nella scienza e una politica molto poco attenta al tema delle vaccinazioni. Il target da raggiungere, affinché il vaccino funzioni per tutti, è del 95% di copertura. In un’indagine, i genitori che non vogliono far vaccinare i figli contro l’HPV hanno fornito 5 motivazioni: vaccino non necessario, vaccino non obbligatorio, mancata conoscenza del vaccino o della malattia, figlia non sessualmente attiva. In un’altra indagine condotta su un campione casuale di 640 pediatri si è visto che solo il 18,4% di questi raccomanda la vaccinazione. In conclusione, è necessaria una seria presa di posizione delle autorità nei confronti delle vaccinazioni, non si può non intervenire, nel 2019 questa è una situazione drammatica. Australia, Regno Unito e Danimarca hanno già reagito e grazie a intensive campagne di buona informazione hanno accresciuto le loro coperture vaccinali contro l’HPV. Ora tocca a noi.
Referenze
- The human papillomavirus replication cycle, and its links to cancer progression: a comprehensive review, Sheila V. Graham,Clinical ScienceSep 2017,131(17)2201-2221;DOI: 10.1042/CS20160786
- Evidence, Luglio 2018, volume 10, e1000184