Più di 387 milioni di persone in tutto il mondo sono affette da diabete mellito e il 5-10% di loro sono pazienti con diabete di tipo 1[1]. Oggi la terapia insulinica permette ai pazienti di controllare la glicemia e condurre una vita normale. Ma il progredire delle conoscenze e delle tecnologie spinge i ricercatori a individuare nuove soluzioni terapeutiche che permettano di controllare il diabete in modo fisiologico, senza l’apporto esterno di insulina e senza dover verificare continuamente i livelli di zucchero nel sangue.
Tra le diverse proposte, il trapianto di un pancreas bioartificiale sembra essere una frontiera promettente per ripristinare l’indipendenza insulinica nei pazienti diabetici. Non mancano però sfide tecnologiche da affrontare per poter traslare con successo questo dispositivo nell’uomo.
Eziologia e trattamento del diabete mellito di tipo 1
La causa dell’iperglicemia nei pazienti affetti da diabete di tipo 1 è la mancanza di insulina, ormone prodotto dal pancreas che favorisce l’up-take di glucosio da parte delle cellule. Il deficit insulinico assoluto è dovuto a un “autosabotaggio” messo in atto dal sistema immunitario dell’individuo stesso, che attacca e distrugge le cellule deputate alla produzione dell’ormone insulinico[2].
Attualmente non esiste una cura per il diabete di tipo 1. È però essenziale per il paziente seguire una regime terapeutico che preveda l’assunzione giornaliera di insulina al fine di compensare la mancata produzione endogena dell’ormone. Questo regime terapeutico salvavita presenta però delle criticità, legate al fatto che l’insulina viene somministrata in modo non fisiologico e non prevedibile[2]. La terapia insulinica non è quindi in grado di riprodurre in maniera esatta le dinamiche fisiologiche di secrezione ormonale da parte del pancreas. Di conseguenza, i pazienti affetti da diabete di tipo 1 non sempre raggiungono i target di controllo glicemico.
Macroincapsulazione di isole pancreatiche: il pancreas bioartificiale
Una delle proposte più interessanti sviluppata dai ricercatori per ottenere l’indipendenza insulinica nei pazienti affetti da diabete di tipo 1 è rappresentata dalla progettazione di dispositivi di macroincapsulazione (MEDs) che agiscono come un “pancreas bioartificiale”.
Si tratta di cellule sensibili al glucosio e secernenti insulina che vengono trapiantate nel paziente a livello della cavità intraperitoneale o dello spazio sottocutaneo[3]. Queste cellule sono incapsulate in un compartimento delimitato da membrane artificiali, che fungono da barriera tra le cellule trapiantate e l’organismo. La permeabilità selettiva di queste membrane consente lo scambio dei nutrienti, dell’ossigeno e dell’insulina, ma impedisce il passaggio di anticorpi e cellule immunitarie[3]. In questo modo le cellule trapiantate sono in grado di secernere insulina in risposta ai livelli di glucosio rilevati nel sito di trapianto e sono mantenute vitali grazie all’isolamento dal sistema immunitario.
Sfide per la traslazione all’uomo del pancreas bioartificiale
Sperimentazioni pre-cliniche condotte negli ultimi anni hanno dimostrato la capacità del pancreas bioartificiale di ripristinare l’indipendenza insulinica e la normoglicemia in animali modello con diabete di tipo 1[4]. Gli studi condotti sui modelli animali e le successive sperimentazioni cliniche hanno però evidenziato diverse criticità dei dispositivi fino a oggi progettati. Queste limitazioni devono essere risolte affinché il pancreas bioartificiale diventi effettivamente una realtà terapeutica per i pazienti.
In particolare, al fine di disporre di una fonte potenzialmente illimitata di cellule β da incapsulare e trapiantare, i ricercatori si sono applicati per ottenere cellule secernenti insulina a partire da cellule staminali embrionali o da cellule staminali pluripotenti indotte[5].
Inoltre, gli attuali dispositivi di macroincapsulazione sono vincolati a una geometria bidimensionale, che limita la quantità di cellule trapiantabili, e presentano una bassa sopravvivenza cellulare oltre che una lenta risposta nella secrezione di insulina su stimolazione del glucosio, a causa dell’utilizzo di sistemi di diffusione passiva per il trasporto di ossigeno e nutrienti. Per risolvere queste criticità un team di ricercatori ha sviluppato un dispositivo di macroincapsulazione che sfrutta un moto convettivo per il trasporto dei metaboliti. Questo avanzamento promuove la sopravvivenza delle cellule β incapsulate ad alta densità, supporta lo sviluppo tridimensionale del dispositivo e migliora la sensibilità al glucosio, velocizzando il rilascio di insulina[4].
I ricercatori stanno proponendo soluzioni per affrontare anche ulteriori problematicità, tra cui:
- la vascolarizzazione del dispositivo, caratteristica necessaria per sostenere la sopravvivenza e la funzionalità di una massa adeguata di cellule β,
- la biocompatibilità dei materiali, al fine di evitare di innescare una risposta infiammatoria nell’organismo che causerebbe la formazione di una capsula fibrosa attorno al dispositivo impedendone il funzionamento[3].
Referenze
- Ministero della Salute – Diabete mellito tipo 1.
- Sid Italia – Terapia Insulinica.
- T. Desai e L. D. Shea, 2017. Advances in islet encapsulation technologies. Nat Rev Drug Discov, 16 (5), 338–350.
- K. Yang et al., 2021. A therapeutic convection–enhanced macroencapsulation device for enhancing β cell viability and insulin secretion. PNAS, 118 (37).
- F. W. Pagliuca et al., 2014. Generation of functional human pancreatic β cells in vitro. Cell, 159 (2), 428–439.