Il processo che porta allo sviluppo e alla nascita di un nuovo organismo a partire da un uovo fecondato prende il nome di gestazione o, per le donne, gravidanza. La durata della gestazione varia molto tra le diverse specie di mammiferi, andando per esempio dalle 3 settimane nei topi e nei ratti, ai 20-22 mesi negli elefanti; la gravidanza nelle donne dura in genere 9 mesi.
Dalla fusione dei nuclei dei 2 gameti aploidi (uovo e spermatozoo) si ottiene una cellula diploide che prende il nome di zigote. Nel giro di qualche ora lo zigote inizia le divisioni mitotiche necessarie allo sviluppo dell’embrione ed inizia la sua migrazione lungo le tube di falloppio fino all’utero. Dopo circa una settimana l’ammasso di cellule embrionali prenderà il nome di blastocisti nei mammiferi o blastula per gli altri animali (64 cellule). Essa è formata da due popolazioni cellulari distinte: la massa cellulare interna pluripotente e lo strato esterno di trofectoderma extraembrionale (o trofoblasto). Un’interazione reciproca tra la blastocisti e l’utero materno avvia il processo di annidamento, dando inizio alla fase embrionale del processo di sviluppo (circa 5-7 giorni dopo la fecondazione).
Formazione e ruolo della placenta
Durante l’annidamento della blastocisti nella parete dell’utero, il sistema vascolare dell’embrione viene messo in comunicazione con la circolazione materna, grazie alla formazione della placenta.
La placenta costituisce l’interfaccia tra il feto e la madre e fornisce tutte le funzioni essenziali per la sopravvivenza, la crescita e lo sviluppo del feto, incluse:
- la regolazione dello scambio di gas
- l’apporto di nutrienti
- l’eliminazione dei prodotti di scarto
- la produzione di ormoni
- l’instaurazione della difesa immunologica.
La placenta si forma a partire dallo strato più esterno di cellule della blastociti, il trofoblasto. In un primo tempo le cellule del trofoblasto contribuiscono all’annidamento della blastula, poichè producono enzimi proteolitici che digeriscono le cellule dell’endometrio dalle quali la blastocisti trae nutrimento.
Successivamente comincia lo sviluppo di vasi sanguigni provenienti sia dall’embrione in via di sviluppo che dalla madre. In contemporanea, le cellule del trofoblasto emettono delle proiezioni dette villi placentari. Quando la struttura della placenta è finalizzata, a livello di questi villi si troveranno i vasi che trasportano il sangue del feto, circondati da seni in cui scorre il sangue materno. È quindi in queste strutture che il sangue fetale e il sangue materno sono messi in comunicazione, tramite un processo di diffusione che permette lo scambio di nutrienti e prodotti di scarto, come accade a livello delle membrane dei capillari in altre zone del corpo.
Durante i primi mesi di gravidanza la membrana placentare è molto spessa e ciò comporta che la sua permeabilità sia estremamente limitata. Negli stadi avanzati della gravidanza l’assottigliamento e l’espansione della sua superficie permettono un aumento incredibile della diffusione placentare.
Ormoni gestazionali
In una donna non incinta 14 giorni dopo l’ovulazione l’endometrio si stacca dalla parete dell’utero e viene eliminato durante le mestruazioni. Se ciò accadesse anche in seguito all’annidamento dell’uovo, la gravidanza terminerebbe. È quindi di estrema importanza evitare che ciò accada.
In effetti, l’embrione in via di sviluppo produce un ormone che stimola lo sviluppo dell’endometrio e ne evita l’atresia: la gonadotropina corionica umana. La secrezione di questo ormone può essere misurata 8-9 giorni dopo l’ovulazione, poco dopo l’annidamento della blastocisti. I livelli di produzione di questo ormone raggiungono il loro massimo a 10-12 settimane di gravidanza per poi diminuire.
La gonadotropina corionica umana è una glicoproteina con struttura e funzione simili a quelle dell’LH, che ha come scopo quello di non far degenerare il corpo luteo alla fine del ciclo. Questo ormone fa sì infatti che il corpo luteo secerna elevate quantità di estrogeni e progesterone per i primi mesi della gravidanza. Questa elevata produzione di ormoni sessuali blocca il ciclo mestruale e promuove la crescita dell’endometrio. Il corpo luteo scompare quando la placenta si è sviluppata a sufficienza da poter produrre lei stessa gli ormoni necessari al mantenimento della gestazione.
Placenta come ghiangola endocrina
Durante la gravidanza la placenta produce grandi quantità di: gonadotropina corionica umana, estrogeni, progesterone e somatomammotropina corionica umana.
Estrogeni
La placenta non produce estrogeni a partire dal colesterolo, come avviene nelle ovaie, ma dalla conversione di androgeni formati dalle ghiandole surrenali della madre e del feto. Le quantità elevate di estrogeni prodotti durante la gravidanza hanno i seguenti effetti:
- crescita dell’utero materno;
- crescita del seno e degli organi genitali esterni della madre.
Ci sono ragioni per credere che gli estrogeni influenzino anche aspetti generali dello sviluppo fetale durante la gravidanza, per esempio influenzando il tasso di divisione cellulare nei primi stadi embrionali.
Progesterone
Gli effetti del progesterone sono indispensabili per il mantenimento della gravidanza.
Esso infatti:
- diminuisce la contrattilità dell’utero per impedire aborti spontanei;
- ha un effetto sulle cellule dell’endometrio, comportando un accumulo extra di glicogeno, proteine, lipidi e minerali necessari per assicurare il nutrimento appropriato nelle prime fasi di divisione dello zigote;
- contribuisce alla preparazione del seno all’allattamento.
Somatomammotropina corionica umana
La somatomammotropina corionica umana è un ormone di natura proteica che viene prodotto dalla placenta a partire dalla quinta settimana di gravidanza. La sua produsione aumenta progressivamente con l’avanzare delle settimane in proporzione al peso della placenta. Le funzioni di questo ormone non sono del tutto chiare ma è prodotto in quantità più elevate che tutti gli altri ormoni. Si tratta di un ormone metabolico che ha implicazioni nutrizionali specifiche sia per la madre che per il feto, infatti esso causa una diminuzione della sensibilità all’insulina ed una diminuzione dell’uso di glucosio nella madre.
Questo permette che quantità maggiori di glucosio siano disponibili per il feto, per il quale rappresenta il principale substrato energetico. Inoltre, questo ormone promuove il rilascio di acidi grassi dal tessuto adiposo della madre, per renderli disponibili ad essere utilizzati come fonte energetica alternativa al glucosio.
Ghiandole non sessuali
Quasi tutte le ghiandole endocrine sono coinvolte dai cambiamenti causati dalla gravidanza con un conseguente aumento del metabolismo del 15% circa durante le fasi finali della gravidanza.
Ipofisi
L’ipofisi di una donna incinta si ingrandisce almeno del 50%. Durante la gravidanza infatti aumenta la produzione di corticotropina, tireotropina e prolattina. Al contrario, la produzione di LH ed FSH cessano quasi del tutto per via dell’effetto inibitorio degli estrogeni prodotti dalla placenta. L’importanza di questa inibizione sta nell’impedire che le gonadotropine stimolino una nuova ovulazione durante la gravidanza.
Ghiandole surrenali
Durante la gravidanza aumenta la produzione di glucocorticoidi. È possibile che la capacità di questi ormoni di mobilitare amminoacidi da vari tessuti della madre faccia sì che questi ultimi diventino disponibili per la crescita del feto. Inoltre nelle donne incinte la produzione di aldosterone raddoppia, causando una tendenza al riassorbimento del sodio in eccesso da parte dei tubuli renali e quindi un’aumentata ritensione idrica.
Tiroide
La tiroide cresce fino al 50% durante la gravidanza ed aumenta la produzione di T3 e T4. Questo in parte è dovuto ad un effetto della gonadotropina corionica umana prodotta dalla placenta la quale è in grado di legare i recettori tiroidei per il TSH con il quale presenta delle analogie struturali.
Questa aumentata produzione di T3 e T4 si riflette in un aumento del fabbisogno di iodio per la madre durante la gravidanza, dovuto anche alla quota direttamente necessaria per il feto.
Ghiandole paratiroidi
Anche le ghiandole paratiroidi amentano di dimensioni, specialmente se la dieta della madre è deficitaria in calcio e ancora di più durante l’allattamento. Questo infatti comporta un aumento dell’assorbimento del calcio dalle ossa della madre, mantenendo così la concentrazione di questo ione nel fluido extracellulare a livelli normali.
Parto
Durante la gravidanza, l’utero subisce periodiche contrazioni ritmiche e lente chiamate contrazioni di Braxton Hicks. Queste contrazioni, molto deboli inizialmente, diventano progressivamente più forti verso la fine della gravidanza finchè, nel giro di poche ore si ha un cambiamento repentino ed esse diventano eccezionalmente forti. Quando raggiungono un’intensità critica, queste contrazioni iniziano a spingere il bambino verso il canale uterino, di conseguenza stirando la cervice e provocando il parto.
Questo processo, che prende il nome di travaglio, è determinato da un progressivo cambiamento ormonale, che porta ad un aumento dell’eccitabilità della muscolatura uterina, e da un processo di feedback positivo. Infatti, lo stiramento della cervice induce un forte riflesso che aumenta le contrazioni dell’utero; ciò spinge il bambino, stirando ulteriormente la cervice e ripetendo il processo fino alla nascita.
Ruolo ormonale durante il parto
Dal punto di vista ormonale, verso la fine della gravidanza le quantità di progesterone prodotte non aumentano più mentre gli estrogeni sono secreti in quantità sempre maggiori. Mentre il progesterone inibisce le contrazioni uterine, l’estradiolo le stimola, si pensa quindi che questo cambiamento nel rapporto tra progesterone ed estradiolo abbia un ruolo sull’inizio delle contrazioni.
La neuroipofisi inoltre produce ossitocina, un ormone che a sua volta stimola le contrazioni uterine.
Il ruolo dell’ossitocina sembra essere rilevante per i motivi seguenti:
- all’avvicinarsi del termine della gravidanza la muscolatura uterina aumenta l’espressione di recettori dell’ossitocina, aumentando così la sua sensibilità a questo ormone;
- la produzione di ossitocina aumenta considerevolmente al momento del travaglio;
- in animali privi di ipofisi la durata del travaglio risulta prolungata rispetto alle condizioni normali;
- da esperimenti sugli animali si è visto che l’estensione dalla cervice uterina, che si ha durante il travaglio, può provocare un riflesso neurogenico ai nuclei paraventricolare e sopraottico dell’ipotalamo, comportando un aumento del rilascio di ossitocina.
Bisogna tenere conto infine degli ormoni prodotti dal feto, che aumentano con l’avanzare della sua crescita. Gli ormoni che sembrano essere coinvolti nell’aumentare l’intensità delle contrazioni uterine sono: l’ossitocina prodotta dall’ipofisi del feto, nonchè il cortisolo e le prostaglandine prodotti in concentrazioni elevate al momento de travaglio.
Referenze
- Fisiologia. Molecole, cellule e sistemi, a cura di Egidio D’Angelo e Antonio Peres – Edi ermes.
- Plant TM, Teleznik AJBT-K and NP, Fourth Edition, editors Knobil and Neill’s Physiology of reproduction. San Diego Academic Press.
- Textbook of Medical Physiology, thirteenth edition, Guyton and Hall – Elsevier.