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L’origine evolutiva degli eucarioti

L’origine evolutiva degli eucarioti è uno dei più grandi misteri irrisolti della biologia evoluzionistica. Le analisi genomiche effettuate finora sugli archeobatteri (Archaea) rivelano diversi punti in comune con le cellule eucariotiche. L’actina e la tubulina del citoscheletro, insieme al sistema dell’ubiquitina, sono presenti ad esempio in alcuni archeobatteri sebbene in una forma assai meno complessa e organizzata. Questi dati hanno avvalorato l’ipotesi che la cellula progenitrice di tutti gli eucarioti fosse un archeobatterio ancestrale dotato di una peculiare organizzazione intracellulare.

Grazie alla metagenomica è stato ricostruito a ritroso l’albero genealogico degli eucarioti fino ad un gruppo di archeobatteri chiamato Lokiarchaeota, nelle cui cellule vengono raggruppate insieme molte delle caratteristiche osservate  –  in maniera isolata e sparpagliata – negli altri gruppi di archeobatteri.

La filogenetica molecolare e la filogenomica offrono insieme due prospettive complementari sull’origine evolutiva degli eucarioti.

La ricostruzione del cosiddetto albero filogenetico (l’albero genealogico evolutivo), basata inizialmente sulla sequenza del rRNA 16S e successivamente su altre sequenze universalmente rappresentative del mondo dei procarioti, ha portato a identificare inequivocabilmente negli archeobatteri il punto di origine evolutivo più antico oggi conosciuto. Mentre nei libri di testo vengono ancora indicati gli eucarioti come gruppo “fratello” degli archeobatteri, un recente metodo di ricerca applicato sempre sul rRNA 16S ha stabilito un nuovo ramo evolutivo chiamato Eocita che secondo il modello proposto si diramerebbe insieme agli eucarioti a partire dal ramo degli archeobatteri.

Il discorso si complica se pensiamo che il genoma degli eucarioti discende anche dai batteri.

La quasi totalità dei geni batterici presenti negli eucarioti è dovuta al trasferimento di DNA dal mitocondrio al nucleo cellulare. Ad essere precisi il trasferimento genico sarebbe avvenuto dal batterio simbionte che, in un’epoca lontanissima, si sarebbe stabilito all’interno delle cellule eucariotiche trasformandosi poi nell’organello oggi noto come mitocondrio (un evento ormai più che accertato). Considerando che l’ignoto progenitore comune degli eucarioti (last eukaryotic common ancestor, LECA) avrebbe assimilato un proteobatterio come simbionte, l’eucariogenesi si dividerebbe in due possibili scenari a seconda del LECA originario.

Nella prima ipotesi, l’ospite consisterebbe in un eucariota fagotrofico assimilabile al gruppo degli Archeozoa; questo eucariota ancestrale avrebbe fagocitato il batterio con lo scopo di cibarsene, salvo poi ritrovarselo come simbionte; finora però non è stata rilevata nessuna cellula eucariotica senza mitocondri che possieda le proprietà richieste. La seconda ipotesi prevede invece un altro scenario; la cellula che avrebbe catturato l’endosimbionte sarebbe un vero e proprio archeobatterio, e sarebbe stata proprio la formazione del mitocondrio a scatenare la formazione di tutti gli altri organelli cellulari che caratterizzano le cellule eucariotiche; questa volta l’ipotesi sarebbe avvalorata dalla ben documentata presenza di simbiosi tra batteri e archeobatteri, sebbene rimanga comunque un evento rarissimo. Secondo Eugene V. Koonin, autore del saggio intitolato Archaeal ancestors of eukaryotes: not so elusive any more e pubblicato su BMC Biology, la soluzione dell’enigma potrebbe ricadere nella via di mezzo tra i due modelli.

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Articolo redatto da Flavio Alunni

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