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Omeopatia: una pratica medica alternativa inutile?

Omeopatia, una pratica medica alternativa ideata all’inizio dell’800 dal medico tedesco Samuel Hahnemann, e che risulta attualmente essere una delle pratiche di medicina alternativa più diffuse al mondo; in Italia, ad esempio, un’indagine ISTAT del 2013 ha rilevato che l’8% degli italiani utilizza rimedi alternativi, e che in circa la metà dei casi (4,1%) si tratta di rimedi omeopatici.

In cosa consiste l’ omeopatia?

Il principio fondante di questa pratica è quella della similitudine del farmaco, ovvero l’assunto che il rimedio per una data malattia sia costituito da quelle sostanze che generano in un individuo sano gli stessi sintomi della malattia.

Una volta che questo principio viene individuato, il farmaco omeopatico viene prodotto mediante la diluizione della sostanza fino a concentrazioni infinitesimali; le diluizioni solitamente utilizzate, indicate con le lettere C o D, sono nell’ordine di una parte di principio attivo su milioni di parti di diluente, tanto da non poter trovare traccia, nel farmaco finale, del principio attivo inizialmente utilizzato.

Il funzionamento del farmaco omeopatico non si basa quindi sull’effettiva presenza di un principio attivo, bensì su gli effetti che esso produrrebbe sulla sostanza che viene usata nelle diluizioni (solitamente l’acqua), che manterrebbe quindi una sorta di memoria della presenza del principio attivo. Nessuno di questi principi su cui si fonda l’omeopatia è mai stato dimostrato con solide basi scientifiche, ed è quindi lecito chiedersi:

I farmaci omeopatici hanno una reale utilità?

Numerosi studi hanno negli anni confrontato gli effetti di farmaci omeopatici con quelli di farmaci convenzionali o di placebo, e in nessuno di questi sono state rilevate evidenze che i farmaci omeopatici abbiano un’efficacia maggiore a quella di un placebo.

Uno tra i più conosciuti di questi studi è quello pubblicato nel 2005 sulla rivista “The Lancet” (Shang, Aijing, et al), che consiste in una review di 110 studi effettuati con farmaci omeopatici e 110 effettuai con farmaci convenzionali; mentre nel secondo caso erano evidenti gli effetti benefici dei farmaci, per quanto riguarda i rimedi omeopatici non risultò alcuna evidenza della loro efficacia.

Il più recente di questi studi è invece quello pubblicato nel 2015 ad opera del servizio sanitario australiano, che ha rilevato risultati simili: solo alcuni studi di scarsa qualità, tra quelli analizzati, mostravano alcune evidenze di un’efficacia dei farmaci omeopatici.

Appare dunque chiaro che l’omeopatia non è supportata da alcun dato scientifico

Proprio per questo in Italia, a differenza di altri stati, i farmaci omeopatici non sono in alcun modo rimborsati dal sistema sanitario nazionale. Per la stessa ragione, probabilmente, l’omeopatia, come in generale le altre pratiche mediche alternative, sono attualmente in fase di declino: la stessa indagine dell’ISTAT del 2013 ha verificato un calo nel numero di italiani che utilizzano pratiche mediche alternative (15% nel 2000, 13.5% nel 2005 e 8,2% nel 2013), e lo stesso calo è stato rilevato per l’omeopatia (7.1% nel 2000, 4.1% nel 2013).

Fonti

  • Ricerca ISTAT (http://www.istat.it/it/archivio/128176)
  • Shang, Aijing, et al. “Are the clinical effects of homoeopathy placebo effects? Comparative study of placebo-controlled trials of homoeopathy and allopathy.” The Lancet 366.9487 (2005): 726-732.
  • National Health and Medical Research Council. 2015. NHMRC Information Paper: Evidence on the effectiveness of homeopathy for treating health conditions. Canberra: National Health and Medical Research Council; 2015
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