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Oceani: un esercito di nanobots in grafene vi salverà

L’inquinamento da metalli pesanti è tra i fenomeni di contaminazione delle acque, quello più pericoloso a causa della loro estrema tossicità. Arsenico, Cadmio, Mercurio, Cromo e Piombo sono quelli che maggiormente si riscontrano nelle acque come residui delle attività industriali e i loro livelli hanno ormai raggiunto soglie che impongono interventi immediati. Sul fronte della ricerca, peraltro, la buona notizia potrebbe arrivare da un materiale noto da diversi anni e con straordinarie e molteplici applicazioni: il grafene. Si tratta nient’altro che di atomi di carbonio, che si dispongono reciprocamente in strutture monostrato esagonali, una sorta di “foglietti” spessi quanto la struttura atomica del Carbonio, flessibili e resistenti allo stesso tempo.

Nanobots e futuro

Un’equipe internazionale di ricercatori ha sviluppato l’arma perfetta contro l’inquinamento da metalli pesanti negli oceani: dei nanobots cilindrici costituiti da uno strato esterno di grafene che attrae i contaminanti, un nucleo di Nichel che permette ai ricercatori di controllare il moto dei nanobots attraverso un campo magnetico, ed uno strato interno a base di platino, che fa da propulsore ai nanobots tramite una reazione chimica con il perossido d’idrogeno.

Ma le sorprese non finiscono qui

Sempre tramite il controllo con un campo magnetico, si possono dirigere i nanobots ovunque si desideri, creando un vero e proprio ciclo di utilizzo: i nanobots dopo un primo passaggio possono essere chimicamente ripuliti dal metallo pesante assorbito e subito nuovamente schierati e pronti per essere riutilizzati. 

Il campo magnetico e la propulsione chimica sono stati applicati in quanto i nanobots in movimento risultano assorbire un quantitativo di piombo 10 volte maggiore rispetto ai nanobots statici.

Semplice e geniale, tanto che sono allo studio ulteriori utilizzi per quanto riguarda gli inquinanti organici. In un panorama di notizie sul fronte ambientale sempre più sconfortanti, la realtà rincuorante è la possibilità di impiegare come nanospazzini schiere di cilindri spessi quanto un capello, che ci restituiscono un mare meno tossico.

Non è la scena di un film di fantascienza, ma il prodotto di una nuova tendenza: la tecnologia al servizio di un mondo migliore, laddove non sempre ha portato progresso, ma sovente un grosso prezzo da pagare in termini di tutela ambientale. Anche nell’ambito delle nanotecnologie il dibattito sui possibili impieghi è aperto e molti scienziati restano ancora diffidenti riguardo agli ipotetici utilizzi a scopi bellici o bioterroristici, dei nanorobot in generale ma tale possibilità accompagna ogni nuova scoperta e non è in questo articolo che si può affrontare un tema così complesso.

Certamente quello presentato nello studio stato pubblicato su Nano Letters è uno degli impieghi più auspicabili delle nanotecnologie che possono costituire la nuova frontiera della scienza consapevole.

Link: http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/acs.nanolett.6b00768

fonte: www.sciencealert.com

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