Tizio e Caio seguono lo stesso stile di vita, ma Tizio divora grandi quantità di cibo di ogni genere senza ingrassare un etto, mentre Caio seguendo la stessa alimentazione si ritroverebbe con molti kilogrammi in più. Solitamente in questi casi si dice che è “questione di genetica”, eppure vari studi dimostrano che la genetica non è sufficiente a spiegare perché Tizio e Caio reagiscono così diversamente alla stessa dieta. La nutrizione personalizzata nasce proprio con l’obiettivo di dare una risposta il più possibile esauriente al perché le diete producono effetti diversi a seconda degli individui.
Perché personalizzare la dieta?
Secondo il rapporto sull’obesità 2019 dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) quasi una persona su quattro nel mondo è obesa; ciò provocherà 90 milioni di vittime nei prossimi trentanni[1]. Oggi trovare la dieta perfetta è più importante che mai. Finora le raccomandazioni nutrizionali per un’alimentazione corretta si sono concentrate sull’introito calorico totale e la sua ripartizione tra carboidrati, grassi e proteine.
Eppure si è visto che i consigli nutrizionali standardizzati non sono adatti a tutti. Per esempio lo zucchero nel sangue di alcune persone aumenta di più dopo aver mangiato una banana rispetto a un biscotto, mentre in altre si ha la reazione opposta[2].
Nutrigenetica
Grazie al Progetto Genoma Umano, dagli anni 2000 conosciamo la mappatura del DNA umano. Tale passo ha reso possibile lo svilupparsi di scienze quali la nutrigenetica, che indaga come il DNA influisce su metabolismo e assimilazione del cibo. Per essere più precisi la nutrigenetica si occupa delle variazioni genetiche responsabili delle risposte non univoche negli organismi in seguito all’ingestione delle medesime sostanze. Queste variazioni sono minime, infatti coinvolgono un solo nucleotide e per questo sono dette polimorfismo a singolo nucleotide (SNPs); tuttavia sono frequenti poiché ogni gene ne possiede circa 10, ossia varia 10 volte rispetto al gene standard.
Come funziona la nutrigenetica?
Il DNA è organizzato in coppie di cromosomi, quelli della stessa coppia (uno di origine paterna e uno di origine materna) contengono gli stessi geni con le stesse funzioni. Per esempio il gene PPARG in tutte le persone è posizionato sul cromosoma 3 e determina la sensibilità agli zuccheri codificando per un fattore di trascrizione che influenza i livelli di glucosio e insulina.
Ma non è detto che lo stesso gene PPARG sui due cromosomi della coppia sia identico, infatti per uno stesso gene esistono diverse sequenze possibili, dette alleli (uno su ogni cromosoma). Gli alleli controllano lo stesso carattere ma possono portare a prodotti quantitativamente o qualitativamente diversi.
Quindi allele X e Y controllano entrambi il colore degli occhi, ma X codifica per l’iride marrone mentre Y per quella verde; sono le diverse combinazioni di alleli a determinare il carattere finale espresso. Nel caso in cui gli alleli sui due cromosomi differiscano si dice che il soggetto è eterozigote per quell’allele, differentemente è omozigote (Figura 1).

É proprio in queste variazioni alleliche che ritroviamo gli SNPs, ed è così che sono nati test genetici in grado di leggerli. Per esempio, per valutare la suscettibilità personale ai carboidrati si può analizzare il polimorfismo Pro12Ala sul gene PPARG: se l’interessato risulta eterozigote per l’allele Ala, significa riuscirà a metabolizzare meglio i carboidrati.
Fino a questo punto la responsabilità di quanto succede a Tizio e Caio è stata data alle variazioni genetiche, ma studi hanno suggerito che la varietà di risposte fisiche non può essere spiegata dai soli geni: si è dimostrato che anche coppie di gemelli geneticamente identici possono avere risposte diverse. Sembra che i geni spieghino meno della metà delle diverse risposte degli individui al cibo[3].
Il ruolo del microbiota
Cos’è il microbiota?
Con la genetica messa in secondo piano, si è alla ricerca di altre spiegazioni. Possibili concause sono state individuate in farmaci, quantità e qualità del sonno, orari dei pasti, ordine d’ingestione degli alimenti, ritmi biologici, composizione corporea (per esempio il tessuto lipidico è considerato un vero e proprio organo in quanto ha funzione endocrina) e microbiota intestinale.
Quest’ultimo è probabilmente il fattore più importante per la nutrizione personalizzata. Ma cos’è il microbiota intestinale? Si definisce così l’insieme di batteri, archaea, virus, funghi e lieviti che colonizzano l’intestino di ognuno di noi per un totale di circa 100.000 miliardi di germi dal peso di circa 1 kg e mezzo.
Alcuni di questi microbi sono utilissimi alla digestione, come Bacteroides thetaiotaomicron, che aumenta enormemente la capacità dell’organismo di metabolizzare i carboidrati digerendo anche fibre altrimenti indigeribili, che così fermentano e producono substrati energetici sotto forma di acidi grassi a catena corta. Altri ancora sono utili alla produzione di vitamine, tra questi i più noti sono Lactobacillus reuteriper la vit.B12 e Escherichia coli per la vit.K [4].
Gli studi
Analizzando campioni fecali di diversi soggetti sono stati catalogati centinaia di microbi intestinali (attraverso il sequenziamento genico). Grazie a questa “libreria” di microbi è stato possibile relazionare reazioni corporee al cibo e composizione microbica intestinale. É risultato che il microbiota determina la quantità totale di fibre e altri carboidrati complessi che vengono digeriti e il livello di glicemia nel sangue[4]. Uno studio sui topi suggerisce che i batteri nell’intestino tenue possono influire anche sulla quantità di grasso assorbita[5].
Dopo questi studi gli scienziati sono riusciti a prevedere in modo accurato la risposta glicemica personale a un determinato quantitativo di carboidrati basandosi sul microbiota. Ossia, conoscendo la composizione della flora batterica dei partecipanti allo studio, hanno prestabilito quale andamento avrebbe assunto la curva glicemica di ciascuno ingerendo lo stesso alimento[6].
In realtà comprendere a fondo questi meccanismi é complesso: a propria volta il cibo influenza la composizione del microbiota, ma come ciò avvenga è ancora un mistero per la nutrizione personalizzata[4].
Nutrizione personalizzata
“Gli organismi funzionano in modo integrato: i nostri sensi, i nostri muscoli, il nostro metabolismo e le nostre menti lavorano insieme in perfetta coordinazione. Ma i biologi hanno storicamente studiato gli organismi una parte alla volta. […] Assistiamo ora alla nascita di una nuova scienza, fondamentale per il futuro, che cerca di svelare come l’integrazione delle singole parti possa costituire i sistemi biologici”
David Baltimore, premio Nobel per la medicina[7]
La nuova scienza di cui parla Baltimore è la biologia dei sistemi, che considera gli organismi non come insiemi di singoli elementi, ma come una rete dove i componenti interagiscono tra loro. Tale scienza integra quindi diverse discipline, studiando le relazioni tra geni (trascrittomica), metaboliti (metabolomica) e altre molecole.
In campo nutrizionale la transcrittomica diventa nutrigenomica e la metabolomica si traduce in studio del microbiota, difatti a seconda della flora intestinale si producono diversi metaboliti -prodotti del metabolismo-. Ecco così la nutrizione personalizzata: un’alimentazione specifica per le caratteristiche di ciascuno e che tiene conto dei diversi fattori che condizionano il corpo umano.
Conclusioni
Come si è visto il microbiota gioca sicuramente un ruolo fondamentale nella dieta. Tuttavia, in attesa di capirne meglio il funzionamento, chi desidera seguire un’alimentazione salutare può basarsi sul più tradizionale parametro dell’indice glicemico. Infatti, nonostante la variabilità dei singoli, rimane comunque molto probabile che un cibo ad alto IG dia una risposta insulinica maggiore di uno a basso IG. Arriviamo dunque alla conclusione che per la maggior parte delle persone seguire i consigli nutrizionali standard è utile, sicuramente non dannoso: è improbabile che nel futuro la ricerca in campo di nutrizione personalizzata porterà a scoperte completamente opposte alle linee guida odierne. L’obiettivo futuro della nutrigenetica è piuttosto quello di ottimizzare tali raccomandazioni standard, aggiungendo o evitando determinati alimenti a seconda delle proprie caratteristiche.
Referenze
1. OCSE – The Heavy Burden of Obesity. The Economics of Prevention – (2019)
2. Zeevi D et al. – Personalized nutrition by prediction of glycemic responses – Cell. Vol. 163. (2015)
3. Spector T et al. – Predicting personal metabolic responses to food using multi-omics machine learning in over 1000 twins and singletons from the UK and US: The PREDICT 1 Study – American Society for Nutrition’s. (2019)
4. Segal E & Elinav E – The Personalized Diet: The revolutionary plan to help you lose weight, prevent disease and feel incredibile – (2017)
5. Wang Y – Immune control of the microbiota prevents obesity – Science. Vol. 365. (2019)
6. Mendes H et al. – Assessment of a personalized approach to predicting postprandial glycemic responses to food among individuals without diabetes – JAMA Network Open. Vol. 2. (2019)
7. Magrelli A – Biologia dei sistemi – Treccani, Enciclopedia della Scienza e della Tecnica. (2017)