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Natura e cultura la fine di una dicotomia (II parte)

Continuo con questo articolo la trattazione della crisi dell’opposizione fra natura e cultura iniziata qui. In questo secondo articolo, come accennato nel primo, considererò la critica alla dicotomia natura/cultura a partire dalla critica di un’altra dicotomia ad essa strettamente legata: quella fra innato e appreso.  Natura e cultura la fine di una dicotomia (II parte): se dovessimo indicare cosa rende diverse le forme costruite dagli uomini e dai non umani, con buona probabilità ci imbatteremmo in una spiegazione di questo tipo, caratteristica del darwinismo ortodosso e di alcune stili di teoria culturale: gli animali agiscono sulla base di un comportamento innato, che è stato determinato da un processo di variazione in regime di selezione naturale; viceversa gli uomini agiscono sulla base di comportamenti appresi (sono cioè esseri culturali) e sono in grado di pre-figurare e scegliere la forma di un oggetto che intendono costruire.

La casa e la conchiglia

Seguendo l’esempio proposto dall’antropologo inglese Tim Ingold, possiamo confrontare in questo senso la conchiglia di un mollusco e una casa umana: il design della prima è prefigurato dal corredo genetico del mollusco che contiene le “istruzioni” per la sua realizzazione e quindi costituirebbe quello che Dawkins ha definito fenotipo esteso, e cioè l’insieme delle manifestazioni del genotipo in ambiti al di là del corpo in senso stretto (per fare un altro esempio la diga costruita da un castoro rientrerebbe nel suo fenotipo esteso); il design della casa è invece definito consapevolmente dall’uomo e la forma che questa assumerà dipende da fattori (quali gusto, stile, scelta degli spazi funzionali dell’abitazione ecc…), che dipendono dalla specifica cultura da lui appresa.

Prima il progetto poi la forma

Tale cultura influenzerà inoltre il modo in cui l’uomo vede il mondo ed il senso che egli dà alle proprie esperienze. Se a partire da questo esempio volessimo quindi generalizzare, potremmo dire che in entrambi i casi viene prima realizzato un progetto (della conchiglia o della casa) e poi la forma; tuttavia nel primo caso il progetto è predeterminato a livello genotipico, mentre nel secondo è specificato su un diverso piano mentale dove entra in gioco la cultura.

Inoltre se per l’organismo animale le caratteristiche dell’ambiente sono immediatamente disponibili per i suoi progetti, l’uomo prima di poter agire deve prima ricoprire il mondo con una rete di significati culturalmente appresi.

La prospettiva del costruire

Ingold sostiene che spiegazioni di questo tipo vengono prodotte da quella che lui chiama prospettiva del costruire: secondo questa prospettiva le forme costruite dagli animali e dagli uomini sono negli uni predeterminate dal corredo genetico e nei secondi sono costruite mentalmente e poi importate nel mondo.

Più in generale nel caso degli animali  il fenotipo è una mera manifestazione particolare di quello che già è stato specificato a livello genotipico; in modo simile ma su un piano diverso, nel caso dell’uomo si ha un mondo naturale esterno dato indipendentemente dai sensi ed un mondo percepito che prima di potervi agire, deve essere costruito nella mente secondo schemi cognitivi culturalmente appresi e connotati.

In entrambi i casi le forme da realizzare sono specificate prima che il mondo venga abitato, cioè prima che vi si possa entrare in una relazione pratica.

Siamo in presenza di quello che Roberto Marchesini chiama modello istruzionista: tale modello ha la pretesa di interpretare lo sviluppo e il funzionamento di un ente o di un processo attraverso il suo contenuto informativo (nel nostro caso il genotipo e il design mentale della casa) che in modo deterministico si traduce in una struttura o funzione realizzata. Dunque una forma o un processo sono identici alla loro traduzione in informazione.

La prospettiva dell’abitare

Alla prospettiva del costruire Ingold oppone una prospettiva dell’abitare. L’antropologo sostiene che sia gli animali che gli umani si ritrovano alla loro nascita in un ambiente pesantemente modificato dai loro predecessori, nel quale svilupperanno specifiche abilità, disposizioni e sensibilità. Un castoro per esempio nascerà in un contesto già fornito di dighe e tane, che contribuirà a modellare per la sua progenie; è in questo ambiente dunque che si svilupperanno le sue disposizioni corporee, abilità e conoscenze che derivano dalla diversità dei contesti locali di sviluppo.

Nello stesso modo le forme che gli uomini costruiscono nella loro mente, immaginandole, o sulla terra, emergono nel flusso delle loro attività e in contesti specifici di  coinvolgimento pratico con ciò che li circonda:  non solo le forme materiali dunque, ma anche i significati attribuiti all’ambiente, a luoghi ed elementi della cultura materiale, emergono dalle relazioni pratica con essi e con le loro proprietà specifiche.

Un uomo o un animale che si sviluppa in uno determinato contesto incorporano dunque le forme dell’abitare locali. In altri termini il corredo genetico animale o i piani mentali degli uomini devono scendere a patti con la materialità del mondo senza che la forma possa essere semplicemente imposta, per cui l’ontogenesi non è semplicemente rivelatrice, ma anche generatrice di forma. Viceversa le spiegazioni istruzioniste partono da un concetto chiuso e autodefinito di realizzazione fenotipica, per cui c’è una correlazione rigida fra programma genetico e profilo del fenotipo.

In termini più stringenti, se è vero che “tutto il potenziale di espressione neurale- e perciò anche cognitivo- di una specie ha una base genetica” (Marchesini 2002, 36), i geni codificano strutture e processi estremamente plastici e cioè in grado di dialogare con l’esterno. Piuttosto che incorporare rigide istruzioni, dunque, il genotipo espone un ventaglio di possibilità espressive che sono aperte al mondo per potersi attualizzare.

Nello stesso modo la cultura non è un set di istruzioni trasmesse da mente a mente, e successivamente importate nel mondo per dargli una dimensione culturale e dunque umana: al contrario essa è prodotta e riprodotta in un rapporto di relazione pratica con il mondo. Se dunque è vero che gli uomini sono probabilmente l’unica specie in grado di concepire forme prima della loro  realizzazione, questa attività non è portata avanti da menti disincarnate, ma da persone che vivono nel mondo e che possono pensare quello che pensano proprio perché lo abitano.

Bibliografia

  • Ingold, Tim, 2000. The Perception of the Environment. Essays on livelihood, dwelling and skill. London: Routledge.
  • Marchesini, Roberto, 2002. Post-Human. Verso nuovi modelli di esistenza. Torino: Bollati-Boringhieri
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