La Community italiana per le Scienze della Vita

La morte dell’elefantessa Big Mary

Charles Sparks era un personaggio al quanto bizzarro forse tanto quanto l’idea che ebbe di portare avanti l’attività circense di famiglia lo Sparks World Famous Shows. Nulla di più di qualche artista di strada, qualche leone, tigre, comprati forse per poco, e ormai indeboliti alle mascelle e ai denti dalle putride sbobbe di interiora e segatura servite all’ora dei pasti, non sarebbero potuti mancare i soliti simpatici pagliacci con parrucca e bianco trucco che avrebbero divertito anche il bambino più restio al sorriso, anche i loro genitori restavano a bocca aperta guardando le fantabolanti acrobazie dei trapezisti che sfrecciavano da un capo e l’altro del tendone senza mai toccar terra.

Ma nulla di speciale, niente di più che in altre e consimili attività si sarebbe trovato, forse anche meno, avrebbe pensato qualcuno. Infatti poco pretenzioso il circo poche le pretese, preferivan piantar le tende in pochi di quei luoghi insolitamente isolati dai centri cittadini, insistenti sulle periferiche cittadelle con case in legno e villaggi sgarrupati dei quali abitanti il vestito della domenica voleva dire il miglior abito da lavoro.

Forse proprio per questo lo Sparks World Famous Shows era atteso con trepidazione da chiunque sapesse di li a poco sarebbe arrivato nella propria città.

Ma il motivo per il quale Charles facesse fortuna era soprattutto legato al grande investimento che da poco avesse fatto, grande letteralmente parlando, un mastodontico rugoso pachiderma con le zanne ingiallite dall’età di nome Mary. Mary era la principale attrazione del circo, attirava gente da ogni dove, i manifesti affissi in ogni angolo di paese e gli strilloni assicuravano che tutti i visitatori avrebbero assistito alla più grande bestia che avessero mai avuto l’onore e il piacere di osservare

”Addirittura più grande di 7 cm di Jumbo” (elefante posseduto dal circo BARNUM).

Big Mary era il fiore all’occhiello del circo, pilastro dell’intrattenimento circense,spina dorsale del lucro del signor Charles, grazie ai giochi che negli anni riuscì ad imparare divenne inoltre l’attrazione più amata da grandi e piccini. Sembrava che per lo Sparks le cose andassero sempre meglio, il circo aveva finalmente ingranato, era entrato a far parte dei migliori spettacoli dell’intero paese , e chiunque non avrebbe tentennato se gli fosse stato detto che anche all’estero ne avessero sentito parlare, tour sempre più lunghi e le entrate non erano mai state cosi prosperose.

L’11 settembre del 1916 le carovane piene e ammorbidite alle ruote dal peso delle attrazioni approdarono presso St.Paul una piccola cittadina del Virginia, lontana dal caos delle grandi città, ove un giovine sguattero tale Red Eldridge, forse stanco della monotona vita di paese, prese la decisione più importante della propria vita, o forse anche la peggiore che potesse prendere. Si unì alla carovana circense, la quale, a corto di mano d’opera per le mansioni più irrisorie lo accolse a braccia aperte assicurandogli pasti caldi e uno stipendio ragionevole, “sempre meglio della vita da sguattero” pensò lui.

Dopo aver dato spettacolo quella stessa sera venne dato ordine di ripartire alla volta di nuove mete e dopo giorni di incessante cammino e dopo l’essersi nuovamente abituati al crepitio dei sassolini delle terre aride sotto le veloci e ferruginose ruote tranviarie, ripiantarono le tende, questa volta nel Tennessee, nella cittadella di Kingsport.

Fu qui che il mastro circense diede per la prima volta allo sguattero Red la possibilità di rendersi utile, aiutando gli altri addestratori ad indirizzare a passo svelto gli elefanti verso il fiume più vicino, in modo che potessero reidratarsi dopo l’arsura dei giorni passati chiusi nelle carovane. Red venne subito munito di un accuminatissimo pungolo ( bastone utilizzato dagli addestratori di elefanti ) con il quale avrebbe dovuto punzecchiare leggermente l’animale per fare in modo che mantenesse l’andatura.

Fu proprio in questo momento che Red forse fattosi prendere dalla foga del nuovo impiego non riuscì a trattenersi dallo spingere in profondità la punta aguzza lacerando la coriacea scorza dell’animale, il quale reagì imbizzarrendosi e con un sol colpo scaraventò il povero Red a terra, non lontano dalle sue gradi e rugose zampone, gli bastò poco per prendersi la agognata rivincita, alzò la zampa destra Barrì ferocemente e la abbassò con tutta la forza che possedesse sul cranio del mal capitato, lo spettacolo fu raccapricciante, cervella e materia grigia si sparsero ovunque per il viale dinanzi gli occhi attoniti dei bambini e dei loro genitori accorsi per osservare quella prodezza della natura, che questa volta si mostrò loro con un tiro mancino che di certo,forse, parlando di spettacolo, sarebbe valso anche più di qualche penny.

Charly Sparks sconfortato dal pensiero che nessuno avrebbe mai accettato che una bestia pericolosa si esibisse nel proprio paese, pensò che non ci fosse null’altro da fare che sacrificare il pachiderma, decisione presa a malincuore incitata soprattutto dalla sete di vendetta che sembrava quelle genti ignoranti a tutti i costi volessero ottenere, “in nome di Dio”.

Nessuno sino ad allora si era mai posto il problema di come si uccidesse un elefante, non che ce ne fossero di selvatici da quelle parti, si tentò con vari colpi sparati da vicino con una vecchia carabina posseduta dal beone del paese, con la quale non avrebbe steso neanche un ratto, inutile dire fosse stato un tentativo vano. Alcuni proposero di utilizzare l’elettricità, purtroppo, anche questa volta non fu possibile, non vi era modo di produrre tanta elettricità, quella presente sarebbe bastata solo a grattare il grasso fondoschiena di Big Mary.

Allora dall’ombra della nicchia dietro il palo sotto la serranda semichiusa di un bar dall’insegna logora un vecchio barbuto avanzò una singolare proposta che dopo il tacito assenso del gruppo cittadino, fu accolta.

Ovviamente la singolare cittadina non possedeva una struttura tale da sopportare un simil peso, per cui si decise di percorrere con l’elefante alla mano pochi chilometri sino alla vicina cittadina ferroviaria di Erwin, dove sicuramente i cantieri avrebbero avuto a disposizioni delle gru che avrebbero potuto sollevare l’animale. È cosi che Mary per l’ultima volta sfilò dinanzi al pubblico il quale ebbe sostituito applausi e onorificenze a insulti e lanci di ortaggi.

Tutto era pronto, la propaganda del Sig.Charlie Spark intento a lucrare quanto più potesse dal singolare evento e i giovani con giornali stampati di fresco fecero un ottimo lavoro, in poco tempo il cantiere della morte era gremito di persone in trepidante attesa di assistere a quella macabra sevizia che avrebbero ricordato e raccontato per il resto dei loro giorni.

I novizi boia furono incaricati di legare una delle zampe di Big Mary in modo che non potesse divincolarsi mentre altri gli attorcigliassero una pesante catena da traino per treni intorno allo spesso e grigio collo.

L’esecuzione ebbe inizio, una leva grigia e arrugginita sulla cui punta si ergeva una luccicante pallina di metallo dipinta di fresco di rosso venne azionata, l’animale pian piano iniziò a sollevarsi, raggiunti i pochi centimetri dal terreno gli spettatori sobbalzarono accorgendosi che nell’euforia del momento gli addetti ai lavori non avessero slacciato la catena dalla zampa dell’elefante ,e arrivato al punto di massima tensione si udì nell’ampio spazio dall’ottima risonanza acustica il crack delle ossa e lo sfilacciarsi dei legamenti dell’animale il quale cercò, invano, di barrire dal dolore.

In fretta e furia si cercò di liberare la zampa della bestia ma fu troppo tardi, un tonfo sordo annunciò anche ai più lontani della folla che l’animale fosse crollato al suolo, ora incapace di muoversi, incapace di soffrire, attendendo che ancora una volta la morte accorresse.

Al secondo tentativo, una catena più pesante fece bene il suo lavoro, resse al peso morto, Mary fu lasciata penzolare per ore in modo che anche l’ultimo segno vita si spegnesse sotto gli occhi attoniti delle persone, che pian piano si diradavano sino, poi, a lasciarla sola alla sua fine, annunciando che anche l’ultimo glorioso spettacolo di Big Mary fosse giunto al termine.

Articoli correlati
Commenta