Il morbillo è una malattia virale esantematica, estremamente contagiosa che colpisce principalmente la fascia d’età infantile. Sebbene il vaccino abbia ridotto notevolmente il numero di morti, il morbillo rimane tuttora un’importante causa di mortalità e, in alcuni paesi, la sua diffusione è allarmante. In questo articolo ne analizzeremo l’eziologia e cercheremo di capire perché è importante non sottovalutare la vaccinazione.
Eziologia e trasmissione
L’agente eziologico responsabile del morbillo è un paramyxovirus del genere Morbillivirus, appartenente alla famiglia Paramyxoviridae dell’ordine Mononegavirales. Questo virus dalla forma sferica (100-200 nm di diametro) è caratterizzato da pleomorfismo cioè dalla capacità di modificare la propria morfologia (Fig.1). Possiede un genoma a RNA a singolo filamento, non frammentato, racchiuso in una capsula lipidica. Sei geni codificano per otto proteine virali di cui sei sono determinanti per la struttura del virus ed il prossimo paragrafo ne descrive le funzioni.
Le tappe del virus nell’ospite
- l’emoagglutinina (proteina H) lega i recettori cellulari e permette al virus di attaccare le cellule dell’ospite. Le prime ad essere attaccate sono quelle del tratto respiratorio superiore
- successivamente, la proteina di fusione (F) consente all’envelope virale di fondersi con la membrana plasmatica dell’ospite. A questo punto, le ribonucleoproteine virali penetrano nel citoplasma della cellula infettandola
- la fosfoproteina mantiene la connessione con la proteina nucleocapside
- la proteina grande che garantisce la corretta trascrizione e replicazione del virus
- la proteina della matrice (M) interagisce con il complesso delle ribonucleoproteine formando il pericapside giocando un ruolo importante nella fusione cellulare
- le due proteine non strutturali, denominate proteina C e proteina V, agiscono come fattori di virulenza. In breve, facilitano la soppressione della risposta immunitaria dell’ospite sopprimendo la produzione dell’interferone (proteina prodotte dal sistema immunitario in presenza di agenti esterni) e supportano, in tal modo, la replicazione del virus (foto).
Inizialmente, il virus si replica nelle cellule del tratto respiratorio e poi raggiunge il tessuto linfatico. Viaggiando attraverso il sangue arriva ai siti reticoloendoteliali determinando una viremia primaria. Questa fase è generalmente asintomatica ma spesso origina eventi febbrili. Diversi giorni dopo si innesca la viremia secondaria che indirizza il virus verso altri distretti corporei: pelle, fegato, reni, trachea, naso e tratto gastrointestinale. I linfociti infettati e le cellule dendritiche trasferiscono il virus alle cellule epiteliali del tratto respiratorio e, a questo punto, viene espulso tramite starnuti e colpi di tosse.
I rischi di contagio e di trasmissione del morbillo sono molto alti. Chi è infetto può contagiare circa il 90% delle persone non immuni che gli stanno vicino. Il virus è in grado di rimanere nell’aria per circa due ore senza subire danni cellulari; colonizza il naso e la bocca della persona infettata che, attraverso gocce di saliva può a sua volta, diffonderlo e trasmetterlo agli altri. La trasmissione da una persona infetta ad un’altra può avvenire da quattro giorni prima fino a quattro giorni dopo la comparsa dell’eruzione cutanea. Il virus del morbillo è prettamente umano ciò vuol dire che non può esserci trasmissione uomo-animale.
Epidemiologia del morbillo
Quando il vaccino non era ancora disponibile il 90% dei bambini di età inferiore ai 15 anni veniva infettato dal virus. Con l’introduzione del vaccino, l’incidenza del morbillo si è ridotta: da 146 casi su un milione nel 2000 a 36 casi su un milione nel 2015. La maggior parte di questi casi si registrava nei paesi poco sviluppati come l’Africa. Oggi, il rifiuto della vaccinazione origina numerosi focolai di morbillo nelle regioni del mondo sviluppate. Tale negligenza è un serio rischio per chi non può vaccinarsi a causa di particolari problemi immunitari. Per questa porzione di popolazione, l’immunità di gregge (principio grazie al quale l’alta percentuale di vaccinati impedisce al virus di circolare ed infettare chi non può essere vaccinato) assume un’importanza vitale.
I bambini nati da madri che hanno un’immunità indotta dal vaccino mostrano maggiore sensibilità rispetto ai bambini nati da madri con immunità acquisita naturalmente. Ad ogni modo, la maggior parte dei bambini perde l’immunità materna durante i primi sei mesi. E’ stato dimostrato che l’allattamento al seno ha un effetto protettivo dovuto alla presenza di un gran numero di emoagglutinine nel latte materno. Altri fattori di rischio includono gli spostamenti nelle aree endemiche, malnutrizione e carenza di vitamina A. Quest’ultima ritarda il recupero ed aumenta il tasso di complicazioni post-morbillo e la sua somministrazione è prevista dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) soprattutto nei casi acuti della malattia.
Sintomi e complicanze
I sintomi si manifestano generalmente tra i 7 ed i 14 giorni dopo il contagio. Febbre alta, tosse, naso che cola e congiuntivite sono tra i più comuni dei primi giorni. Due o tre giorni dopo, invece, iniziano a comparire dei puntini bianchi (Koplik spots) all’interno della bocca (Fig. 2). I sintomi iniziali sono seguiti da eruzioni cutanee che si verificano dopo tre o cinque giorni. Queste appaiono sotto forma di macchie rosse e piatte sul volto, sul cuoio capelluto e piano piano si diffondono su collo, braccia, gambe e piedi. L’espansione delle macchie dalla testa al resto del corpo può far sì che si uniscano a formare un’unica macchia. Spesso si notano delle piccole escoriazioni sopra i punti rossi. La comparsa dell’eruzione cutanea è accompagnata da febbre che può raggiungere i 40°C. Con il passare dei giorni la febbre si abbassa e le eruzioni si fanno più attenuate.
I bambini al di sotto dei 5 anni e gli adulti dopo i 20 anni sono molto più soggetti a complicanze che in alcuni casi causano la morte. Infezioni delle orecchie e diarrea sono tra le più comuni e, purtroppo, si possono verificare aggravamenti come infezioni polmonari ed encefaliti che richiedono il ricovero in ospedale. Le donne in stato di gravidanza possono andare incontro a parto prematuro con gravi rischi per la salute del neonato. Esistono anche conseguenze che si manifestano dopo diversi anni dal contagio. Ne è un esempio la panencefalite subacuta sclerosante (PESS), una malattia del sistema nervoso centrale molto rara ma fatale. Si sviluppa dopo sette/dieci anni dall’infezione del morbillo nonostante sembri che la persona sia completamente guarita.
Diagnosi e trattamento
Casi sospetti di morbillo presentano: eventi febbrili con temperature che superano i 38°C, eruzione cutanea che tende a diffondersi dal volto al collo nel giro di tre giorni ed almeno tosse, congiuntivite o infiammazione delle membrane mucose nasali. Il sospetto diventa marcato di fronte a soggetti non immuni ed esposti a zone endemiche e la comparsa degli spots di Koplick permettono di confermarne la diagnosi. Le diagnosi differenziali permettono di escludere infezioni con sintomi simili quali rosolia, varicella, scarlattina, mononucleosi e lupus eritematoso. Gli esami di laboratorio che confermano la diagnosi nei casi in cui la sola osservazione dell’eruzione cutanea non è sufficiente prevedono l’individuazione delle immunoglobuline M (IgM) nel siero. Generalmente, le IgM compaiono non prima di 4 giorni dalla comparsa dell’eruzione cutanea pertanto la rilevazione degli anticorpi eseguita in anticipo potrebbe generare falsi negativi.
Il trattamento del morbillo, in assenza di complicanze, non si basa su una terapia specifica ed è prettamente sintomatico: antipiretici per abbassare la febbre, gocce oculari per la congiuntivite, antistaminici per alleviare il prurito, controllo dell’idratazione, alimentazione adeguata, somministrazione di vitamina A e riposo. Le infezioni batteriche concomitanti richiedono adeguato trattamento antibiotico mentre non è prevista una distinta terapia antivirale. La completa guarigione si raggiunge dopo 10-20 giorni e solitamente si resta immuni per il resto della vita.
Prevenzione e vaccinazione
L’arma più efficace per contrastare il virus è la prevenzione che può essere attuata attraverso la vaccinazione. I bambini sfruttano l’immunità derivata dalle madri fino ai 10 mesi di età e la prima vaccinazione è consigliata intorno ai 13 mesi per poi eseguire un richiamo a 5-6 anni. Si tratta di un vaccino vivo attenuato cioè un vaccino che contiene una piccola dose del virus la cui virulenza è stata attenuata in laboratorio. La replicazione del virus nell’ospite induce una risposta immunitaria cellulare ed umorale che protegge dal reale attacco del virus circolante. Una singola dose di vaccino somministrata intorno al primo anno di età conferisce una protezione del 95% circa. Due dosi, invece, raggiungono una copertura pari al 100%. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda la prima e la seconda dose di vaccinazione intorno ai 9 mesi e tra i 15 e 18 mesi d’età , rispettivamente.
La vaccinazione avviene tramite iniezione sottocutanea ed è abbinata a quella per la rosolia e la parotite, per questo motivo si parla di vaccino trivalente. Le reazioni avverse sono molto rare ed includono i sintomi iniziali della malattia che tendono a scomparire nel giro di pochi giorni senza conseguenze.
La grande bufala…
Purtroppo, uno studio pubblicato nel 1998 descriveva una presunta correlazione tra la somministrazione del vaccino e la comparsa di disordini legati all’autismo suscitando non poco allarmismo, soprattutto tra i non addetti al lavoro scientifico. Andrew Wakefield, l’autore dello studio (un ex medico britannico) ed i suoi collaboratori avevano ipotizzato che il vaccino fosse capace di scatenare una disfunzione intestinale tale da causare l’assorbimento di peptidi neurotossici con conseguenti danni al sistema nervoso centrale responsabili dell’autismo. Lo studio fu stato giudicato fraudolento a causa di dati mancanti e ritirato dal campo scientifico 12 anni dopo. Infatti, nessun altro studio ha portato alla luce un possibile collegamento tra la somministrazione del vaccino e l’autismo come invece era stato descritto, illecitamente, da Wakefield. Nonostante ciò, l’allarmismo generato da informazioni infondate ha originato propagande contro la vaccinazione aumentando la diffusione del virus.
Diamo qualche numero…
Il bollettino del mese di Ottobre 2018 fornito dall’Istituto Superiore di Sanità ha riportato che in Italia, dal 1 gennaio al 30 settembre, i casi di morbillo sono stati 2295: 440 casi si sono verificati in bambini al di sotto dei 5 anni di età e 143 avevano meno di un anno. Dal 2017 ad oggi, il numero dei decessi è salito a 12 ed il 91% dei casi di morbillo registrati nel nostro Paese non era vaccinato. Si stima che per debellare completamente il virus, il tasso di vaccinazione dell’intera popolazione mondiale deve superare il 93%.
Conclusioni
Alla luce di quanto detto, possiamo concludere che si tratta di un virus altamente contagioso che in alcuni casi può risultare addirittura fatale per i soggetti non vaccinati. Generalmente, la vaccinazione è sicura e non è in alcun modo legata a disordini del sistema nervoso responsabili dell’autismo. La vaccinazione dei bambini e di tutti i soggetti esposti ad aree endemiche rappresenterebbe un valido contributo alla sconfitta del virus. Oggi, il rifiuto della vaccinazione è responsabile di numerosi focolai nelle aree sviluppate e questo dovrebbe invitare ad una profonda riflessione che salverebbe la vita dei nostri bambini e non solo.
Bibliografia
- Informazioni generali, sintomi, incubazione, terapia e vaccinazione – Epicentro
- Measles – Centers for Disease Control and Prevention
- Leung AKC, Hon KL, Leong KF, Sergi CM. Measles: a disease often forgotten but not gone. Hong Kong Medical Journal, 2018.
- Sorveglianza Integrata del Morbillo e della Rosolia, bollettino 2018 – Epicentro