“L’anguilla non è né maschio né femmina, e non può generare nulla” scriveva Aristotele nel IV secolo a.C. nelle sue dissertazioni.
Queste parole nascevano da lunghe analisi che il filosofo aveva fatto su vari esemplari di anguilla nel tentativo di trovarne gli organi sessuali. Non trovando nulla, iniziò a considerare l’ipotesi che questi animali nascessero dal fango o da piccoli lembi di pelle che egli stesso osservò sulle rocce su cui le anguille si trovavano a strisciare.
La teoria della generazione spontanea si estese a molte altre specie animali per le quali non era possibile individuare una diversa origine. Per alcune di queste, la teoria fu confutata nel Medioevo, mentre per altre ci fu bisogno di aspettare il Rinascimento. Il mistero sulla nascita delle anguille iniziò ad essere svelato solo nel 1777, dopo oltre venti secoli. Una matassa non completamente svolta: sono tanti gli interrogativi a cui non possiamo ancora dare risposta.
Di tutti gli elementi da comprendere appieno, uno in particolare affascina gli scienziati: il lunghissimo viaggio compiuto dalle anguille per raggiungere il luogo dove deporre le loro uova, il Mar dei Sargassi. Qui nascono tutte le anguille che colonizzano i fiumi e le coste dell’Europa e dell’Africa (Anguilla anguilla), oltre che dell’America (Anguilla rostrata).
Questi animali affrontano un viaggio incredibile e cambiamenti drastici, più e più volte nel corso della loro vita. Tutto comincia quando le uova si schiudono dando alla luce delle larve, chiamate leptocefali.
I leptocefali
Il leptocefalo (dal greco “testa piatta”) è una piccola larva trasparente, lunga circa 5 mm, di forma appiattita, simile a quella di un nastro. Fino al 1896, veniva classificato come un pesce di un genere a sé stante. In particolare, la larva dell’anguilla europea Anguilla anguilla veniva descritta come Leptocephalus brevirostris. Più di un secolo prima, nel 1777, uno scienziato italiano, Carlo Mondini, aveva per la prima volta potuto osservare delle ovaie in un’anguilla, demolendo così la teoria della generazione spontanea, ma ancora non si avevano indizi su come si svolgesse il ciclo vitale di questi animali. Si deve ai due scienziati italiani Giovanni Battista Grassi e Salvatore Calandruccio la scoperta che la piccola creatura a forma di foglia di salice fosse in realtà uno stadio precoce del ciclo vitale dell’anguilla. I due riconobbero infatti nelle forme della larva la struttura di un’anguilla adulta. Seguendo la loro intuizione, ne catturarono un esemplare per osservarne lo sviluppo: i loro sospetti furono confermati man mano che questo cresceva. [7]
Il leptocefalo è stato protagonista, in seguito, di un’altra curiosa intuizione: il biologo danese Johannes Schmidt, riportò, durante una spedizione nell’Oceano Atlantico, una massiccia presenza di queste larve, di dimensioni molto contenute. Notò anche la totale assenza di esemplari a stadi di sviluppo successivi, e dedusse allora che quelle larve fossero nate proprio lì, in quella zona compresa fra le isole Azzorre e gli arcipelaghi delle Grandi Antille chiamata Mar dei Sargassi. [5]
Il Mar dei Sargassi
Ancora non si sa per quale motivo le anguille scelgano per riprodursi proprio questa zona. Si sa, però, che è un’area davvero singolare: è un mare delimitato non da coste ma dalle correnti oceaniche. A nord la Corrente del Golfo, a sud le varie correnti che scorrono lungo il Tropico del Cancro. Le acque del Mar dei Sargassi restano perciò isolate dal resto dell’oceano e si muovono molto più lentamente rispetto alle acque circostanti. Questo porta alla formazione di due strati d’acqua diversi per temperatura e densità: una massa di acqua più calda e leggera che sovrasta acque molto più fredde.
Nelle acque di superficie, ben illuminate, si sviluppa un’alga del genere Sargassum che oltre a dare il nome a queste acque ospita una grande varietà di organismi marini invertebrati, come anche di piccoli pesci, determinando un ecosistema ricco e variegato. La differenza di densità tra le acque di superficie e quelle profonde ne impedisce il rimescolamento, per cui nel Mar dei Sargassi non sono presenti nè grossi predatori, nè specie pelagiche (quelle specie animali che sono in grado di dirigere attivamente il proprio nuoto in mare aperto). Tutte queste caratteristiche lo rendono l’ambiente ideale per la schiusa delle uova e lo sviluppo delle larve.
Il lungo viaggio delle larve
Schiuse le uova, le larve si ritrovano a galleggiare in acqua a una profondità compresa tra i 200 ed i 300 m. [8] Le larve fanno parte del plancton, ovvero quella frazione di alghe (fitoplancton) e animali (zooplancton) che non sono in grado di dirigere attivamente il loro nuoto, e si lasciano trascinare dalle correnti. I leptocefali si nutrono a loro volta di altri componenti del plancton, con una predilezione per piccoli crostacei.

Durante il loro primo mese di vita crescono velocemente, arrivando a misurare in estate 25 mm, cioè ben cinque volte le loro dimensioni iniziali. Trascorrono la loro prima estate più in alto nella colonna d’acqua, a profondità comprese tra 25 e 50 m o addirittura in superficie, ed il loro viaggio verso le coste europee comincia così, con l’aiuto della Corrente del Golfo, che li traghetta verso Oriente.
Alla fine della loro prima estate le larve si trovano ancora nei pressi dell’Atlantico Occidentale. Un anno dopo, si ritrovano, cresciute fino ad una lunghezza di circa 50 mm, nell’Atlantico Centrale. L’incredibile migrazione delle anguille, sempre sulla rotta verso Oriente, dura ancora per un altro anno. Nel giro di tre anni, queste larve percorrono, sospinte dalla corrente Nord Atlantica, più di 6000 km e, alla fine della loro terza estate, raggiungono finalmente le coste europee. A questo punto le larve hanno raggiunto una lunghezza di 75 mm mantenendo la loro fisionomia appiattita, che però non dura a lungo: tra l’autunno e l’inverno successivi al loro arrivo queste larve cambiano ancora aspetto, entrando in una fase di transizione denominata “anguilla di vetro”. In seguito raggiungono l’ultimo stadio prima della forma adulta, quello di “ceca”, e si raggruppano presso lagune e foci dei corsi d’acqua.
Finalmente adulte
Le anguille sono pesci eurialini, ovvero sono in grado di sopportare ampie variazioni del grado di salinità dell’acqua, e possono vivere sia in acque dolci, sia salate, sia addirittura salmastre, dove la concentrazione salina oscilla in continuazione. Proprio presso zone di acqua salmastra come gli estuari le ceche di sesso maschile restano a completare il loro sviluppo, mentre le femmine risalgono i corsi d’acqua per raggiungere le acque dolci, raggiungendo la fase adulta e diventando anguille gialle.
Per risalire la corrente, le anguille sono in grado di superare barriere, naturali e non, facendosi strada anche sull’erba bagnata e nella sabbia umida, resistendo fuori dall’acqua per il tempo necessario grazie alla respirazione cutanea, forti della loro pelle riccamente vascolarizzata e protetta da uno strato di muco.
Le anguille gialle sono predatori notturni molto voraci. Nutrendosi di crostacei, vermi ed insetti, trascorrono nel continente un lasso di tempo piuttosto lungo, che può variare da 5 fino a 20 anni, in relazione a sesso, clima della zona e disponibilità di cibo. Le anguille femmina crescono molto più dei maschi: mentre questi ultimi difficilmente arrivano a misurare 50 cm, le femmine possono raggiungere tranquillamente i 150 cm.
Ad un certo punto della loro vita, arriva per le anguille un momento in cui l’appetito inizia progressivamente a diminuire per poi svanire del tutto: stanno raggiungendo la maturità sessuale. Le anguille, dopo anni passati nelle acque dolci continentali, affrontano adesso l’ultimo, grande cambiamento della loro vita, che le accompagnerà per i prossimi 6000 km fino ai loro ultimi istanti, in un viaggio a ritroso nel luogo dove sono nate.
Un viaggio senza ritorno.
L’ultima metamorfosi
È noto come in varie specie d’uccelli migratori lo stomaco, che assorbe gran parte delle risorse energetiche, si contrae durante la migrazione, per non affaticare ulteriormente l’animale durante il viaggio. Nelle anguille, che dopo essersi riprodotte muoiono senza fare ritorno, l’evoluzione ha preso una piega più drastica: con la maturazione sessuale, il loro apparato digerente si riduce sempre di più fino a sparire del tutto. Il grasso immagazzinato durante il soggiorno europeo servirà come riserva per l’ultimo viaggio della loro esistenza.
Se toni tra il verde, il marrone ed il giallo sono adatti alla permanenza in ambienti d’acqua dolce, per il viaggio oltreoceano le cose cambiano: le anguille assumono infatti una colorazione scura sul dorso e chiara sul ventre, con riflessi metallici che le valgono il nome di “anguilla argentina”. Questa disposizione dei colori viene definita criptica, ed in particolare si parla di “countershading pattern”, che aiuta l’animale a difendersi dai predatori confondendosi con l’ambiente circostante. Così, l’anguilla che nuota in mare aperto, quando osservata dal basso ha un profilo poco dettagliato e confuso con la luce solare, mentre se osservata dall’alto, si mischia con l’oscurità del fondo marino.
In ambiente marino, la quantità di luce disponibile non è solo di molto inferiore, ma anche di lunghezze d’onda diverse rispetto all’ambiente fluviale, poiché l’acqua assorbe varie componenti cromatiche della luce man mano che aumenta la profondità, secondo il fenomeno dell’assorbimento selettivo. In particolare, il paesaggio sottomarino oltre i 50 m è caratterizzato dal blu. Gli occhi dell’anguilla nella sua fase marina si adattano perfettamente a ciò, diventando più larghi (tant’è che l’anguilla in questa fase della sua vita viene anche denominata “big eyes”), ed i pigmenti all’interno dell’occhio che sono responsabili per la visione si adattano alla fioca luce blu tipica delle profondità a cui si svolge la migrazione.
Le anguille sono predatori con abitudini notturne, ed anche durante la loro migrazione a ritroso preferiscono muoversi durante la notte, soprattutto se devono solcare prati bagnati di rugiada per arrivare al mare. Questo non cambia nemmeno nel loro viaggio oltreoceano: durante il giorno, infatti, nuotano a profondità più elevate, per poi risalire durante la notte, in un range compreso tra 100 e 200 m di profondità. [4; 8].
Di nuovo in viaggio
Le nostre anguille, dopo tanto tempo trascorso nelle acque continentali, si dirigono a valle, verso estuari e foci dei fiumi; hanno cambiato aspetto, l’estate sta cedendo il passo all’autunno, e riunitesi con le anguille che hanno condotto la loro vita nelle acque salmastre, a più scaglioni gli esemplari sessualmente maturi partono dalle zone costiere per intraprendere a ritroso il viaggio che li ha già visti protagonisti all’inizio della loro vita. Questa volta, però, dura molto meno: mentre il viaggio delle larve dura circa tre anni, quello delle anguille adulte dura circa sei mesi, con una velocità variabile da 3 a 47 km/giorno [4]. Studi di laboratorio realizzati in tunnel che riproducevano un percorso sottomarino lungo 5500 km hanno mostrato che l’alta velocità sostenuta dalle anguille è dovuta principalmente alla loro forma idrodinamica: le anguille possono nuotare da 4 a 6 volte più efficacemente di pesci con una forma meno affusolata come, ad esempio, le trote [3; 6].
Non è ancora stato accertato come riescano ad orientarsi: le ipotesi finora più accreditate riguardano l’olfatto e la sensibilità nei confronti del campo magnetico terrestre come principali strumenti per guidare la loro rotta lungo la corrente delle Canarie e quella Nord-equatoriale.
Finalmente le anguille superstiti raggiungono il Mar dei Sargassi. Ogni femmina depone fino a cinque milioni di uova, del diametro compreso tra un millimetro e mezzo e tre millimetri: da esse dopo la fecondazione si origineranno le piccole larve nastriformi che abbiamo incontrato all’inizio del nostro racconto, mentre gli adulti si spegneranno qui, nel luogo dove sono nati. Il ciclo ricomincia.
A un passo all’estinzione
Molte anguille non riescono a completare il loro viaggio, ma non per la stanchezza: è stato dimostrato che le risorse da loro accumulate negli anni vengono utilizzate per il viaggio in una percentuale non inferiore al 40%, mentre il resto rimane disponibile per l’accrescimento dell’apparato riproduttivo. [2] Invece, la predazione da parte di uccelli, come i cormorani, le cui popolazioni in Europa sono nettamente aumentate grazie alle politiche di conservazione ambientale, e infestazioni da parassiti provenienti dall’Asia e diffusi su larga scala negli ultimi vent’anni incidono profondamente sulla percentuale di anguille che riescono a raggiungere il sito riproduttivo. Un ruolo importante è giocato anche dalle conseguenze dell’impatto antropico: la perdita progressiva di habitat per la bonifica degli estuari e l’eccessivo sforzo di pesca di adulti e novellame per ripopolare gli allevamenti.
L’anguilla è registrata come “In pericolo critico” dalla Lista Rossa IUCN: è il gradino immediatamente precedente l’estinzione. Negli ultimi trent’anni è stato rilevato un declino drastico delle popolazioni di questa specie a livello mondiale, e la produzione totale di anguille ad uso alimentare si è ridotta a meno di un terzo, causa e conseguenza di una diminuzione nel numero delle ceche che si raggruppano presso foci ed estuari. Non essendo ad oggi possibile riprodurre in cattività le anguille, per ripopolare gli allevamenti vengono catturati gli esemplari proprio durante la loro fase di ceca, e questo comporta un ridotto apporto di adulti nella fase oceanica della migrazione ed un minor ritorno di giovani presso le coste.
La Comunità Europea ha istituito una serie di contromisure per la salvaguardia ed il ripristino delle popolazioni di anguille. L’Italia, in particolar modo, ha chiuso la pesca in alcune regioni, e ne ha ridotto di molto lo sforzo presso i vari bacini, regolamentando il prelievo e l’utilizzo di ceche.
L’anguilla è stata inserita negli elenchi CITES, la convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, e per questo l’Italia ha aderito alla quota zero di esportazione di questi animali verso i paesi extra-europei.
Bibliografia
- Extraordinary Animals: An Encyclopedia of Curious and Unusual Animals. Ross P. , Greenwood Press, 2007
- Eel fat stores are enough to reach the Sargasso – van Ginneken V. J. T., van den Thillart G. E. E. J. M., Nature 403, 13 Jan 2000, pp. 156-157
- Eel migration to the Sargasso: remarkably high swimming efficiency and low energy costs – van Ginneken V. et al., Journal of Experimental Biology 208 (7), 2005, pp. 1329-1335
- Empirical observations of the spawning migration of European eels: The long and dangerous road to the Sargasso Sea – Righton D. et al, Science Advances, 05 Ottobre 2016, Vol. 2, no. 10
- IV.-The breeding places of the eel – Schmidt J., Philosophical Transactions of the Royal Society of London, Serie B211, pp. 179-208, 1923
- The European Eel (Anguilla anguilla), its Lifecycle, Evolution and Reproduction: A Literature Review – van Ginneken V. J. T., Maes G. E., Reviews in Fish Biology and Fisheries, 2005, 15:367-398
- The reproduction and metamorphosis of the common eel (Anguilla vulgaris) – Grassi, G. B., Proceedings of the Royal Society of London, 60, pp. 260-271, 1896
- Tracking of artificially matured eels (Anguilla anguilla) in the Sargasso Sea and the problem of the eel’s spawning site – H. Fricke, R. Kaese, Naturwissenschaften, Vol 82, Issue 1, pp. 32-36, 1995
Collegamenti esterni
- CITES www.cites.org
- IUCN www.iucn.it
- Illuminare sott’acqua: studiamo la luce sott’acqua http://www.pucciosan.it
- Mar dei Sargassi: uno strano mare tranquillo http://www.ilgiornaledeimarinai.it
- Mimetismo e colorazione dei pesci http://www.biologiamarina.eu/Mondo_colori.html