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Microbiota cutaneo: microrganismi che abitano la pelle

Sia dentro che fuori, ogni persona è la casa di miliardi di microrganismi. La parola microbiota è spesso associata alla comunità di batteri intestinali, ma in realtà esiste anche un microbiota cutaneo, o flora cutanea, di cui è importante conoscere le caratteristiche. Prendersi cura dei “batteri buoni” della pelle è fondamentale per mantenersi in salute.

Pelle: molto più di una semplice barriera

Con i suoi circa 2 metri quadrati di superficie, la pelle è l’organo più esteso del nostro corpo. Quando è intatta, essa agisce come barriera nei confronti di agenti esterni come patogeni, ci protegge dal freddo e dalla disidratazione. La sua funzione di difesa non è però solo meccanica: sulla sua superficie vengono continuamente rilasciati acidi grassi che gli conferiscono un pH, appunto, acido (tra 4 e 6). Si tratta di una linea di difesa contro i patogeni, che non sopravvivono facilmente in queste condizioni. D’altro canto, un pH acido è ottimale per la proliferazione di molti altri microrganismi che utilizzano questi acidi grassi per il loro metabolismo, e ci vengono in aiuto per combattere i patogeni[1].

Quali microrganismi ci sono sulla nostra pelle?

L’abbiamo capito: la superficie della pelle non è un ambiente sterile. Ed è bene che non lo sia! Essa può essere vista come un ecosistema in cui convivono diversi tipi di microrganismi definiti microbiota cutaneo, e ospita anche varie componenti del nostro sistema immunitario [2].

La composizione del microbiota di ogni individuo dipende da molti fattori, tra cui età, sesso, temperatura ed umidità del posto in cui si vive, oltre che caratteristiche dei vestiti che si indossano e dei prodotti usati per l’igiene personale. Sulla nostra pelle sono presenti principalmente batteri, intorno al milione per centimetro quadrato, ma anche virus, funghi e archeobatteri. Essi si nutrono di sudore e dei prodotti delle ghiandole sebacee (il sebo cutaneo), e negli adulti sani appartengono principalmente a 4 phyla: Actinobacteria, Firmicutes, Proteobacteria e Bacteroidetes.

La pelle non è un ecosistema omogeneo, ma ha diverse regioni con caratteristiche che le rendono habitat ideali per diversi microorganismi:

  • Regioni sebacee o oleose (petto, schiena e viso): sono ricche di ghiandole sebacee che producono acidi grassi. Queste aree sono abitate da batteri che si nutrono degli acidi grassi, come Staphylococcus aureus, Staphylococcus epidermidis e Cutibacterium acnes.
  • Regioni umide (fossa del gomito, piega inguinale, cavità poplitea del ginocchio, ascella): sono aree ad elevata temperatura ed umidità, e presentano molti peli e ghiandole che mettono a disposizione nutrienti come sali e lipidi. Qui vi sono organismi appartenenti ai generi Corynebacterium o Staphylococcus.
  • Regioni secche (braccia e gambe): sono zone più esposte a cambiamenti di temperatura e quindi presentano la maggiore variabilità nella composizione del microbiota, che comprende sia organismi appartenenti al genere Cutibacterium, che Flavobacterium e β-Proteobacteria.
  • Piedi: il microbiota del piede è molto diverso rispetto al resto del corpo, in quanto vi è una maggiore presenza di funghi come Malassezia, Aspergillus, Cryptococcus, Rhodotorula ed Epicoccum.

Come cambia il microbiota cutaneo nel corso della vita

Prima della nascita, la pelle del feto all’interno dell’utero materno è sterile. Durante un parto naturale, la pelle del nascituro viene colonizzata da parte del microbiota vaginale materno, che comprende principalmente batteri del genere Bacteroides, Bifidobacteria e Lactobacillus. In caso di parto cesareo, il microbiota del bambino è simile a quello di viso e petto della madre, ed in parte a quello dell’ambiente ospedaliero. Esso è quindi relativamente poco ricco e diversificato. Il mancato passaggio attraverso il canale vaginale potrebbe avere ripercussioni sul sistema immunitario del nascituro e potenzialmente comportare effetti a lungo termine sulla sua salute.

La composizione della flora batterica continuerà a cambiare durante tutta l’infanzia e adolescenza a causa di cambiamenti fisici ed ormonali. Questo cambiamento riflette le modifiche fisiologiche che avvengono nella pelle, che nel bambino è molto sottile e poco acida, mentre negli adolescenti le ghiandole sebacee sono molto attive. Questo crea un ambiente acido, ideale per la proliferazione di batteri come Cutibacterium acnes, uno dei colpevoli dell’acne adolescenziale.

La composizione del microbiota si stabilizza in età adulta. Con l’avanzare dell’età i batteri responsabili dell’acne tendono a diminuire perchè le ghiandole sebacee sono meno attive, e lasciano spazio a batteri che prosperano in ambienti meno acidi[3].

Microbiota cutaneo e salute umana

Batteri, cellule della pelle e del sistema immunitario sono in stretta relazione per garantire protezione da agenti dannosi per la nostra salute[4].

Innanzitutto, questi batteri utilizzano i lipidi cutanei per il loro nutrimento e in cambio producono vitamine e aminoacidi utili per noi. In sostanza mantengono l’omeostasi della pelle.

Inoltre, questi “batteri buoni” modulano l’immunità cutanea. Ci sono dei recettori sulla superficie cutanea che riconoscono questi batteri e portano all’attivazione di una risposta immunitaria che aiuta nel combattere eventuali agenti patogeni.

Da uno studio recente è anche emersa una correlazione tra microbiota cutaneo e guarigione dalle ferite[5]. Batteri come Staphylococcus epidermidis agirebbero in coordinazione con il sistema immunitario per promuovere una rapida guarigione. Pertanto rendere una ferita completamente sterile non sarebbe la soluzione migliore per una pronta guarire. Essa viene rallentata in caso di disbiosi, ovvero alterazione dell’equilibrio microbico.

Insomma, la guarigione è accelerata se ci sbarazza dei batteri dannosi mantenendo intatti quelli utili. Quindi cosa si può fare dopo essersi procurati un taglio a casa? La comunità scientifica sta lavorando ad una risposta, anche nell’ottica di risolvere il problema dell’antibiotico resistenza causata da un uso eccessivo di disinfettanti. Per ora dobbiamo avere un po’ di pazienza, con la speranza di avere presto soluzioni più mirate che proteggano i nostri amici microscopici.

Come si studia il microbiota cutaneo

I primi esperimenti sul microbiota cutaneo risalgono a pochi anni fa, e inizialmente si focalizzavano quasi esclusivamente sulla porzione batterica del microbiota, in quanto più semplice da studiare rispetto a virus e funghi. Le analisi venivano effettuate tramite colture cellulari, ovvero facendo crescere in laboratorio le specie prelevate da campioni di pelle. Questi esperimenti sono però soggetti a contaminazioni ambientali e richiedono molti controlli.

Oggi si utilizzano metodi più accurati e che permettono analisi su grossa scala. Principalmente si tratta di tecniche di sequenziamento chiamate shotgun metagenomic sequencing. Esse consentono di ottenere tutte le sequenze genetiche di ogni organismo presente in un campione prelevato dalla pelle di una persona. Grazie alle nuove tecnologie di Next Generation Sequencing (NGS) è possibile rilevare anche la presenza dei batteri meno abbondanti, e calcolare in che proporzioni essi siano presenti nel campione. Questo apre la possibilità di ricercare cure mirate che ristabiliscano le corrette proporzioni batteriche in caso di disbiosi[6].

Essendo un campo di ricerca così giovane, possiamo assistere in tempo reale allo sviluppo di entusiasmanti innovazioni. Un esempio sono i recenti modelli 3D di pelle umana, con tanto di vasi sanguigni e componenti immunitarie che riproducono fedelmente varie tipologie di pelle. In questo modo si riduce l’uso di animali come topi o maiali, attualmente utilizzati in aggiunta ai campioni di pelle umana che sono difficili da ottenere in grandi quantità. Inoltre, sono state sviluppate le prime strategie di trapianto di microbiota cutaneo da un individuo ad un altro per la cura di malattie della pelle[7]. Pur essendo promettenti, al momento questo tipo di tecniche vedono troppe limitazioni e necessitano di più ricerca.

Conclusioni

La scoperta che sulla nostra pelle vivono miliardi di microrganismi che partecipano al mantenimento della sua omeostasi ha aperto un campo di ricerca molto ambizioso. È realistico aspettarsi che nel giro di pochi anni riusciremo a comprendere le cause, e trovare le cure per molte malattie cutanee causate da disbiosi. E mentre attendiamo pazientemente il procedere di queste scoperte, è forse il caso di riconsiderare il ruolo dei batteri nella nostra vita. Nonostante lo sgradevole odore di ascelle o di piedi prodotto proprio dal nostro microbiota, forse dovremmo anche essergli grati per quello che fa per noi. Ed è forse necessario riconsiderare le nostre definizioni di “pulito” e “igiene”, non più conciliabili con il concetto di sterilità, ma con quello di assenza di patogeni e mantenimento di un sano microbiota[8].

Referenze

  1. Picardo et al., 2009. “Sebaceous gland lipids”, Dermatoendocrinol.
  2. Smythe and Wilkinson, 2023. “The Skin Microbiome: Current Landscape and Future Opportunities”, International Journal of Molecular Sciences.
  3. Luna, 2020. “Skin Microbiome as Years Go By”, Am J Clin Dermatol.
  4. “The skin microbiome”, Nature 2020.
  5. Canchy et al., 2023. “Wound healing and microbiome, an unexpected relationship”, Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology.
  6. Byrd et al., 2018. “The human skin microbiome”. Nat Rev Microbiol.
  7. Callewaert et al., 2021. “Skin microbiome transplantation and manipulation: Current state of the art”. Computational and Structural Biotechnology Journal.
  8. Vandergrift et al., 2017. “Cleanliness in context: reconciling hygiene with a modern microbial perspective”. Microbiome.
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