Da sempre siamo abituati a pensare al nostro DNA come a qualcosa di stabile e immutabile, nulla di più sbagliato. Il nostro genoma è infatti assoggettato a fenomeni dinamici che ne alterano la stabilità continuamente. Basti pensare ai fisiologici meccanismi di duplicazione o espressione geniche o anche al movimento di geni che si spostano da un locus ad un altro ma anche, più evidenti, a tutti quei fenomeni di danno. In questo articolo capiremo come il nostro DNA si tuteli da tali errori, analizziamo pertanto i meccanismi di riparazione del DNA.
Mutazioni del DNA
Con mutazione intendiamo una variazione nel DNA che porta ad uno o più errori. I vari tipi di mutazioni sono stati trattati qui, ma faremo adesso un breve riassunto.
In generale sappiamo che il materiale genetico è caratterizzato dalla successione non regolare di quattro molecole dette basi azotate: adenina, guanina, citosina e timina. Queste possono essere raccolte in gruppi di tre, formando le così dette triplette, da cui per ognuna deriverà un aminoacido costituente una proteina che avrà una funzione. Se tale sequenza cambia la proteina potrebbe non essere corretta e causare fenomeni patologici.
Ci sono mutazioni puntiformi se la variazione è di una sola base oppure mutazioni cromosomiche se riguarda intere porzioni di un cromosoma. In ogni caso il nostro DNA ha dei meccanismi di riparazione con i quali cerca di revertire il danno.
Errori durante la replicazione
La replicazione del DNA è quel processo con cui il nostro genoma viene duplicato durante la fase S del ciclo cellulare per far sì che ognuna delle due cellule figlie, dopo la replicazione, abbiano un genoma. Brevemente, la replicazione, trattata qui, consiste nel prendere uno dei due filamenti di cui è composto il DNA e nell’usarlo come stampo per copiare quindi un nuovo filamento. A fare ciò intervengono numerosi enzimi tra cui la DNA polimerasi III. Questa ha una forma particolare: essa ricorda una mano umana nella classica posizione da “mamma mia” con cui il mondo conosce gli italiani. Tale enzima aggiunge i nucleotidi alla catena nascente in maniera complementare al filamento stampo.
Può accadere che tale aggiunta non sia corretta e che la polimerasi inserisca un nucleotide errato: a volte tale errore passa inosservato, ma nella maggior parte dei casi viene riparato dall’attività di proof reading della polimerasi stessa. Quando viene inserita una base non complementare allo stampo il legame tra le due basi è stericamente, ovvero spazialmente, diverso causando un rallentamento del processo. Tale rallentamento diminuisce l’affinità del sito di legame della polimerasi per il filamento che passa in un altro sito, sempre della stessa polimerasi, con attività catalitica. Questa procede all’indietro rimuovendo nucleotidi, anche quelli correttamente inseriti, finché non ritrova l’affinità per il filamento di DNA e ricomincia così la duplicazione.
Tale capacità degradativa è detta “esonucleasica 3′ ⇒ 5′“.
Se il danno si fissa?
Come detto non sempre si ha la rilevazione dell’errore: interviene quindi la riparazione del mismatch. Con mismatch intendiamo appunto un errato appaiamento tra basi non complementari (correttamente avremo adenina appaiata con timina e guanina con citosina). In Escherichia coli a rilevare l’errore è una molecola chiamata MutS. Appena trovato lega due molecole di ATP e richiama altri due fattori MutL e MutH: sarà quest ultimo a tagliare il DNA in prossimità dell’errore per poi far intervenire delle esonucleasi che rimuovano un intero segmento per farlo ri-sintetizzare dalla DNA polimerasi III. Se mutH taglia il DNA al 5′ del mismatch interverranno le esonucleasi VII o RecJ, se al 3′ l’esonucleasi I.
Negli esseri umani abbiamo le classi di proteine MSH, MLH e PMS omologhe delle sopra descritte. In generale esse risultano più specifiche ovvero ogni classe ha più proteine che riconoscono in maniera specifica mutazioni puntiformi, delezioni o inserzioni.
Come fanno tali molecole a capire che filamento riparare? Una volta che le due molecole di DNA si sono appaiate qual è il nucleotide che si è inserito dopo che quindi va cambiato e qual è quello corretto del filamento stampo? Per riconoscere quale vada rimosso in E. coli si utilizza la metilazione.
In generale il genoma può essere metilato per motivi di difesa da infezioni virali o anche per regolarne l’espressione. I filamenti neosintetizzati non sono, entro qualche minuto dalla fine della duplicazione, ancora metilati e tale differenza permette il riconoscimento del filamento da riparare. Se tale meccanismo non avviene entro questa tempistica il danno si fissa.
Riparazione di danni al DNA
Considerato l’inquinamento che noi esseri umani stiamo causando i meccanismi di danno al DNA indotti da fattori fisici e chimici rappresentano meccanismi fondamentali. In generale le nostre basi possono essere danneggiate tramite alchilazione, ossidazione, da legami con molecole esogene e con l’inserimento di agenti intercalanti.
Per quanto riguarda l’alchilazione ci riferiamo all’aggiunta di gruppi alchilici alle basi. Tra le più frequenti troviamo la 7 metil guanina o anche la O6 metil guanina. Esistono enzimi appositi che hanno come scopo la loro riparazione: le alchltransferasi. Esse trasferiscono il gruppo alchilico su loro stesse, in particolare su gruppi -SH, ristabilendo la funzionalità delle basi. Il problema è che tali gruppi sono limitati e quando interamente occupati rendono non più funzionale l’enzima che viene degradato favorendo la sintesi di un altro. Questa sintesi richiede settimane. Ciò significa che se le alchilazioni sono elevate il nostro organismo non riesce a riparare il danno che viene fissato con conseguente difficoltà dell’espressione genica e a errori di appaiamento. Gli agenti alchilanti sono quindi molecole che aggiungono gruppi alchilici al DNA o anche a proteine. Tra questi ricordiamo la mecloretamina o anche composti che, proprio per la loro tossicità, vengono usati come antineoplastici per uccidere le cellule cancerogene come i composti del cisplatino o le varie classi di farmaci alchilanti.
Per quanto riguarda l’ossidazione essa avviene principalmente in presenza di stress ossidativo quindi quando nella cellula sono presenti elevate quantità di radicali libri dell’ossigeno. Essi sono molecole contenenti un ossigeno con un elettrone spaiato.Se interagiscono con le basi azotate possono ossidarle. Il caso più frequente è l’ossidazione della guanina in 7,8 diidro-8oxo-guanina: questa infatti si appaia con la timina invece della citosina causando una transizione.
Tali mutazioni sono generalmente riparate da meccanismi di escissione diretta o di nucleotidi.
- Nell’escissione diretta intervengono degli enzimi detti glicosilasi. Essi rimuovono una singola base permettendo alla polimerasi una corretta sostituzione. Oggi se ne conoscono più di 20 e sappiamo che sono altamente specifiche. Ovvero per ogni tipo di danno c’è la sua glicosilasi per rimuovere la base.
- L’escissione di nucleotidi risulta essere un pò più complessa. Essa richiede l’intervento di due etero-dimeri detti UvrA e UvrB che riconoscono e legano eventuali distorsioni del DNA dovuto appunto ad appaiamenti non corretti. Una volta legate UvrA viene rilasciato e UvrB richiama UvrC che taglia i legami fosfodiesterici 4-5 nucleotidi al 3′ e 8 al 5′ partendo dal mismatch. Il segmento tagliato viene rimosso da un’elicasi, proteina che apre il DNA, detta UvrD e permettere così alla DNA polimerasi I di colmare il gap. Se tale appaiamento scorretto viene rilevato dalla RNA polimerasi durante la trascrizione alcuni fattori del complesso trascrizionale come TFIIH possono richiamare UvrA/B e procedere con la riparazione accoppiata alla trascrizione.
Gli agenti intercalanti sono invece molecole che si inseriscono nel DNA tra due coppie di basi. Tale inserimento può portare a rotture del doppio filamento, ma spesso a delezioni e/o inserzioni. Si suppone che ciò sia dovuto ad un’interferenza con la DNA polimerasi che quindi salterebbe o aggiungerebbe dei nucleotidi in prossimità dell’inserimento. Tali errori, o meglio alcune delle loro conseguenze, vengono riparati con il meccanismo della ricombinazione.
Riparazione della rottura del DNA
Come detto alcune conseguenze di danno al DNA sono rotture dello stesso. Possiamo avere rotture di un solo filamento o di entrambi. Se la rottura avviene solo su uno dei due filamenti allora il problema è meno grave infatti si usa l’altro filamento come stampo per riparare il nuovo, abbiamo visto come sia la stessa cellula spesso a rimuovere segmenti e formare singole rotture per riparare una mutazione. Se la rottura avviene su entrambi i filamenti allora non avremo un filamento stampo e dunque sarà complesso riparare la rottura.
In questo caso si procede con due possibilità: ricombinazione omologa o un meccanismo detto NHEJ. Nel primo caso bisogna avere comunque un filamento stampo dunque può essere applicato quando la cellula ha appena duplicato il genoma così da utilizzare il filamento neo-sintetizzato come stampo.
Nel secondo caso abbiamo un ricongiungimento dei filamenti, ma in modo tale da peggiorare ulteriormente il danno. Le due estremità vengono legate da Ku70/80 che reclutano la DNA-PKcs la quale lega e recluta a sua volta Artemide: quest’ultima ha attività esonucleasica e quindi degrada le estremità dei filamenti per prepararli al ricongiungimento mediato dalla ligasi VI. Tale degradazione però rimuove basi causando perdita di materiale genetico con conseguenze variabili a seconda delle sequenze interessate.
Conclusioni
Ad oggi siamo assoggettai ad una quantità di inquinanti crescente oltre che a condizioni fisiche ambientali sempre più avverse. Tali condizioni di stress possono essere contenute da fini meccanismi di regolazione cellulare che ovviamente hanno i loro limiti, dipendentemente dal meccanismo considerato. Anche il DNA è continuamente assoggettato a mutazioni che possono manifestarsi o meno, essere artefici di speciazioni o divergenze evolutive o comunque di patologia. Possediamo quindi dei meccanismi di riparazione in grado di superare e risolvere tali danni. Può capitare che se questi sono troppo diffusi o se riguardano geni coinvolti nella riparazione del genoma tali meccanismi non siano funzionali. Mutazioni nei geni codificanti per le proteine MSH sono ad esempio associate a tumori del colon. Studiare e capire come tali meccanismi funzioni e integrarli con terapie innovative come la terapia genica è fondamentale per diagnosi e terapie sempre più mirate e riuscite.
Bibliografia
- Watson J. D., Baker T. A., Bell S. P., Gann A., Levine M., Losick R., “Biologia molecolare del gene”, cap. 10, 2015, settima edizione, Zanichelli, Bologna.
- Griffiths A. J. F., Wessler S. R., Carroll S. B., Doebley J., “Genetica principi di analisi formale”, cap. 16, 2016, settima edizione, Zanichelli Bologna.